CONTROSCENA

Gallismo siciliano sotto il Cupolone


Fra le opere teatrali di Brancati, «La governante» - adesso in scena al Mercadante, presentata dallo Stabile di Catania per la regia di Maurizio Scaparro - è quella che più e meglio s'allinea con la sua narrativa: poiché rimanda al tema decisivo del gallismo meridionale, che lo scrittore di Pachino adottò come pretesto per mettere in campo - sul filo della parodia, della satira di costume e di una comicità venata d'amarezza - un'icastica presa di posizione contro, ad un tempo, l'ambiente di provincia siciliano e, più in generale, la società e la politica italiane, dominate dal fascismo prima e dai democristiani poi.   Non a caso, nella commedia in questione il gallismo - quello (trascorso) del vecchio Leopoldo Platania e quello (ruspante) di suo figlio Enrico - viene negato addirittura alla radice, perché nella loro casa romana entra una donna - la francese Caterina Leher, la governante del titolo - che i due scopriranno essere omosessuale: e che, lacerata fra la sua rigida morale calvinista e l'istinto, finirà per uccidersi quando Jana, la cameriera alla quale lei aveva attribuito il proprio «vizio», muore in seguito alle ferite riportate in un incidente ferroviario mentre tornava al suo paese siciliano dopo essere stata licenziata in conseguenza della calunnia.   Giustamente, quindi, Scaparro ci mostra, sotto specie di simbolo, un Cupolone che, sempre illuminato, incombe sul soggiorno dei Platania dall'inizio alla fine. Ma, per farla breve, lo spettacolo è Pippo Pattavina, uno degli ultimi e più grandi attori di tradizione che si aggirino sui palcoscenici nostrani: il suo Leopoldo Platania, ricco di tutti gli umori e tremori di una «sicilitudine» sconfitta, è frutto di un verismo che - spogliandosi fino all'ultima traccia dell'accezione negativa depositata sul termine dal trascorrere degli anni - diventa, per virtù di stile, puramente e semplicemente verità.   È per questo che, al confronto, appare un po' troppo schematica ed esibita la nevrosi che assegna a Caterina la pur brava Giovanna Di Rauso. Ed è sempre per questo che fra gli altri, benché nel ruolo marginale del portiere, si distingue Marcello Perracchio: anche lui un prodotto finissimo della scuola attorale siciliana, la migliore d'Italia insieme con quella napoletana.                                                     Enrico Fiore(«Il Mattino», 7 febbraio 2013)