CONTROSCENA

Se la finestra è lo schermo del computer


Al posto della finestra lo schermo di un computer. Al posto degli occhi delle webcam. E di conseguenza, è ovvio, al posto del cortile il mondo. Sono queste le coordinate de «La finestra sul cortile», lo spettacolo di Claudio Di Palma che Vesuvioteatro presenta ancora oggi e domani al Nuovo. Ma restano al livello di puri e semplici enunciati, senza un adeguato sviluppo né sul piano drammaturgico né su quello tecnologico.   Il testo è gravato da una letterarietà pretenziosa che si traduce in locuzioni che parlano, tanto per fare solo due esempi, di «occhi da angelo avvelenato» e di «fonte esuberante di vita». E l'apparato di segni di cui all'inizio si riduce, per suo conto, a qualche innocuo video che di tanto in tanto viene a paralizzare la già minima parvenza di azione. Proprio non ce lo ricordiamo che cosa era capace di fare con i video un certo Fabio Iaquone negli spettacoli di un certo Barberio Corsetti?   Come se non bastasse, Di Palma dichiara d'essersi ispirato, oltre che al racconto di Cornell Woolrich che diede origine al film di Hitchcock, anche a quelli di Simenon. E vorrei sapere - dato che al riguardo occorre prendere in considerazione «I fantasmi del cappellaio» e, giusto, «Le finestre di fronte» - dove mai stanno, qui, la dipendenza l'uno dall'altro e la complicità che Simenon stabilì fra il piccolo sarto Kachoudas e il signor Labbé o il rapporto complementare fra chi spia e chi è spiato che s'instaura a Batum fra il console turco Adil bey e i suoi dirimpettai.   Si poteva ricorrere, viste le premesse sciorinate dall'autore e regista, all'interazione virtuale della videochat. Ma lasciamo perdere, via. L'unico elemento rilevante dello spettacolo è la gran bella prova che, rispetto all'ininfluente investigatore di Andrea De Goyzueta, fornisce lo stesso Claudio Di Palma in quanto attore. Ma non è un po' poco?                                       Enrico Fiore(«Il Mattino», 16 marzo 2013)