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Il teatro visto da Enrico Fiore

 

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Addio ad Anna Proclemer

Post n°700 pubblicato il 26 Aprile 2013 da arieleO
 

L'eleganza, il temperamento drammatico, l'autoironia: sono queste le doti, riassumibili con la parola classe, che hanno costituito l'eccezionale statura d'attrice di Anna Proclemer, spentasi ieri notte a quasi novant'anni (li avrebbe compiuti il 30 maggio) nella sua casa di Roma. E al teatro la spinse, del resto, una determinazione che, più forte di una generica vocazione, si pose addirittura come un'epifania della vita.
   Nata a Trento, aveva appena diciannove anni quando debuttò al Teatro dell'Università, per l'appunto a Roma, quale protagonista di «Minnie la candida» di Bontempelli. Era il marzo del 1942, e fuori del teatro imperversavano la sirena degli allarmi e il fragore delle bombe. Ma non riuscirono a scalfire neppure minimamente la trepida concentrazione con cui quella debuttante affrontava il suo ruolo. E a Milano, nello stesso anno, fu capace d'interpretare sotto la guida di Bragaglia ben dieci personaggi, sempre da protagonista e sempre senza impressionarsi allorché, durante la «prima» della «Voce nella tempesta», per tre volte tornò a suonare l'allarme.
   Non rallentò la corsa di Anna verso l'affermazione nemmeno la bomba che a Bolzano, il giorno dopo la «prima», centrò in pieno il teatro radendolo al suolo. E venne subito la consacrazione, con la Nina de «Il gabbiano» di Cechov interpretata nel '48, al Piccolo di Milano, con la regia di Strehler. E nel '49 la sua prova nella «Mirra» di Alfieri al Piccolo Teatro di Roma strappò a un critico severo come Silvio D'Amico il seguente giudizio, in pratica un'appassionata dichiarazione d'amore: «Fu un'ideale interprete, d'altissima nobiltà e di soffocato tormento; a tu per tu con i versi più aspri e difficili di tutta la nostra letteratura, ella ne svelò via via il sangue e l'anima, con una misura e con uno strazio e con una finale disperazione che trassero gli spettatori all'entusiasmo».
   Tra gli altri, numerosissimi autori affrontati dalla Proclemer nel corso della sua straordinaria carriera, cito qui, a caso, Giraudoux, Miller, Odets, D'Annunzio, Verga, Ibsen, Camus, Faulkner, Shaw, Genet, O'Neill, Pirandello, Strindberg, Euripide e, naturalmente, Shakespeare: a proposito del quale occorrerà ricordare almeno la rilettura modernissima, scavata in una nervosa inquietudine, che Anna fornì di Ofelia accanto all'Amleto interpretato da Gassman. Mentre fu grazie al ruolo ricoperto nella «Beatrice Cenci» di Moravia con la compagnia Ricci-Magni che nel '55 recitò per la prima volta al fianco di Giorgio Albertazzi: e fu l'inizio di un lungo sodalizio d'arte e di vita, terminato solo nella stagione '77-'78 con l'allestimento di «Antonio e Cleopatra», persino incredibile giacché i due, giusto con una raffinatissima autoironia, mescolavano il proprio all'addio fra i due aulici personaggi del Bardo. Un'autoironia che Anna Proclemer e Giorgio Albertazzi ribadirono, con gusto ancora più impagabile, quando nel 2005 (e fu la loro ultima volta insieme) interpretarono, con la regia di Ronconi, lo scabroso «Diario privato» tratto dal «Journal littéraire» della «vipera lasciva» Paul Léautaud.
   Non a caso la Proclemer, sempre curiosa del nuovo, volle pubblicare soltanto on line la sua autobiografia, seguita da un arguto testamento: «Quando l'attrice "tirerà il calzino", come dicono magnificamente a Firenze, il Sito resterà qui, per vostro uso e consumo». D'altronde, Anna mi disse una volta che teneva sempre presente, come un faro, quanto le aveva fatto osservare Eduardo: «Noi attori rappresentiamo bene ciò che gli altri, gli uomini comuni, vivono male»; sicché, commentò, «i personaggi sono, per me, dei veicoli di autenticità. Attraverso di essi mi svelo, mi racconto, mi confesso come nella vita non saprei fare anche nel rapporto più intimo».
   Un atteggiamento del genere era stato, del resto, la molla che aveva fatto scattare l'attrazione nei suoi confronti per uno scrittore sottile come Vitaliano Brancati. S'erano sposati nel '46, e immediatamente lei entrò nel ruolo decisivo della musa ispiratrice: per Anna, infatti, Brancati scrisse «La governante», il testo «scandaloso» proibito dalla censura e che poté essere rappresentato solo quattordici anni dopo la morte dell'autore.
   Contano, nella carriera della Proclemer, anche i grandi exploit televisivi: da «L'idiota» ad «Anna dei miracoli», da «Maria Stuarda» a «George Sand» e «La parigina». Per non parlare del non meno significativo ruolo da lei svolto nel cinema, come nel film, «Magnifica presenza» di Ozpetek, con cui s'è congedata. Ma voglio concludere ricordando che un altro napoletano di rango, Enzo Moscato, ci offrì l'ultima apparizione di Anna dalle nostre parti. Avvenne nel 2008 durante la ventinovesima edizione di «Benevento Città Spettacolo», diretta per l'appunto da Moscato. E la Proclemer compì un vero e proprio miracolo di tecnica e di memoria, interpretando (non a caso sotto il titolo «Regine») una girandola di autori e personaggi che andavano, nientemeno, da Dante a Copi e da Lisistrata a Marilyn Monroe. Fu il trionfo del Testo-in-Sé, del Testo come frontiera estrema del teatro e del mondo.

                                            Enrico Fiore

(«Il Mattino», 26 aprile 2013)

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