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Attualità. Mamma chiama il 113: «Mio figlio non vuole fare i compiti»


  
 Mamma chiama il 113: «Mio figlio non vuole fare i compiti»La donna del quartiere Quartaccio: «Presto, non so più che fare». E arriva la polizia.... ROMA - Le aveva provate tutte: urla, punizioni, pure qualche ceffone, ci aveva provato in ogni modo con le buone e con le cattive. Senza risultato. E allora, cosa fare quando un figlio di undici anni si rifiuta di andare a scuola e si ostina a non voler fare i compiti? Provare ad essere ancora più severi? Moltiplicare le punizioni? No.Quando i metodi tradizionali non funzionano, meglio passare alle maniere più forti.Almeno questo è quello che deve aver pensato una giovane donna del Quartaccio, mamma di un undicenne pestifero e ribelle che da tempo si ostinava a non voler fare i compiti a casa: avete presente quando a un bimbo un po’ monello gli si dice per gioco: «Guarda che chiamo il lupo cattivo»? Ecco ieri, lei il «lupo cattivo» l’ha chiamato davvero. Solo che questa non è una favola. E qui non siamo a Fantasilandia. Ma su via Flaubert, parallela di via Andersen, periferia nord ovest di Roma. Sono le undici del mattino quando alla centrale del 113 arriva la chiamata di una donna in evidente stato di agitazione: «Vi prego venite, non ce la faccio più, non so più cosa fare con mio figlio, è una peste, sono disperata». Non si capisce bene cosa stia succedendo in quella casa, nè a cosa si riferisca la donna, la telefonata è confusa e dura poco. Ma mette in allarme gli agenti del 113 che decidono di mandare una volante sul posto. Quando i poliziotti suonano alla porta, ad accoglierli è una donna sulla quarantina, che vive in un palazzone popolare, in abiti dimessi e trascurati. La zona è piena di ragazzi problematici e il tasso di criminalità è alto. «Ecco, finalmente siete arrivati - dice agli agenti facendo l’occhiolino - diteglielo voi a mio figlio, a questa peste, che se non si comporta bene, finisce in mezzo ai guai». La «peste» è un bambino di undici anni, un piccolo bulletto, seduto a un tavolo con aria di sfida, a cui i poliziotti, dall’alto della loro autorità, provano a spiegare quello che la mamma, a questo punto, non è riuscita a fare: «Ragazzì mettiti in riga, devi fare quello che ti dice tua madre, studia e fai il bravo, non vedi quanti finiscono in mezzo a brutte storie?». Il ragazzino annuisce, sorpreso della visita, bofonchia qualche promessa e gira le spalle. A quel punto gli agenti, improvvisati baby sitter, salutano e se ne vanno. La mamma sembra soddisfatta, magari ha risolto il problema. Se il bambino abbia fatto i compiti non è dato sapere. Ma una domanda nasce spontanea: la prossima volta questa mamma che farà?