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Nucleare, a volte ritornano (prima parte: le origini)


Un resoconto più accurato dei depositi di materiale radioattivo è presente quiLa volontà di ritorno dell’Italia tra i paesi produttori di energia nucleare è stata annunciata ufficialmente dal Governo solo “recentemente” con le dichiarazioni rilasciate da Scajola a maggio 2008. Tale scelta non è però un’idea piovuta dal cielo, ma è frutto di spinte che hanno incrementato la loro forza negli anni, anche grazie alla mancanza di un piano energetico preciso che indirizzasse più fortemente sullo sviluppo di energie rinnovabili come alternativa ai combustibili fossili. Non essendo ciò stato fatto l’Italia si ritrova ora con carenze di produzione di energia, che fanno sembrare il nucleare vantaggioso e appetibile, mentre tale opzione presenta in realtà problemi molto complessi da risolvere.Come si è detto comunque tale scelta non è casuale, ma è la punta visibile di un iceberg sommerso nel quale è stata costruita per anni l’ipotesi del ritorno al nucleare: per confermare questa affermazione parlerò della situazione dell’Università di Bologna.Nella Facoltà di ingegneria di Bologna da circa dieci anni (forse un po’ meno) è presente il corso di laurea in Ingegneria energetica, il quale ha sostituito quello di Ingegneria nucleare.Il corso di nucleare, incentrato sugli studi di reattoristica, radioprotezione e tutto ciò che è annesso all’energia nucleare, non era infatti più appetibile; pochi negli anni ’90, nei quali il ricordo del referendum contro le centrali era ancora forte, avevano logicamente la voglia di improntare la propria carriera lavorativa in una branca scientifica abbandonata nel nostro Paese.Ad esso è subentrato così il corso di Ingegneria energetica, impostato in maniera diversa: principalmente ora in tale corso coesistono (anche “scontrandosi”) due tematiche principali.La prima tratta di impiantistica, fluidodinamica e impianti tradizionali per la produzione di energia, strizzando l’occhio alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico, mentre la seconda studia le reazioni nucleari di fissione e fusione, la radioprotezione e i plasmi. Esistono quindi due diversi orientamenti, la cui scelta influenza la carriera dello studente: sono previsti infatti due percorsi diversi, che prevedono lo svolgimento di differenti esami. Ciò si traduce nella formazione di due categorie di ingegneri energetici, una con competenze in ambito nucleare, un’altra molto meno.Tale corso ha avuto negli anni un indubbio successo, e ha visto aumentare costantemente i nuovi iscritti, per motivi adducibili all’importanza che hanno acquisito le tematiche legate all’energia in tempi in cui per il petrolio si è iniziato a vedere il fondo del barile, ma anche al risalto che l’effetto serra e il sempre maggiore inquinamento hanno dato al concetto di sviluppo sostenibile.Ora la domanda potrebbe essere: perché a suo tempo non è stato creato un corso che sviluppasse gli argomenti energia e sviluppo sostenibile basandosi solo sulle fonti rinnovabili e su quelle tradizionali italiane, tralasciando invece lo studio del nucleare, in un momento in cui gli sbocchi di tale possibilità in Italia non c’erano e pertanto tali studi potevano sembrare “inutili”? La risposta è che le pressioni per la rinascita del nucleare erano già presenti anni addietro, con una precisa volontà di ricreare una nuova generazione di ingegneri nucleari, dopo il vuoto di personale formatosi a seguito della dismissione delle centrali.Dei partecipanti al corso di ingegneria energetica, per quanto riguarda la mia esperienza, solo un terzo scarso predilige l’orientamento nucleare del corso: l’importante però, ed è per questo che il corso di energetica è stato progettato con questa dualità di indirizzi, è che in tal modo si è riuscito innanzitutto a ricreare una generazione di persone pronte ad operare nel campo del nucleare, ma soprattutto, grazie alla visibilità di un corso che sta avendo “successo”, si riescono ad ottenere maggiori fondi per la ricerca e l’attività nel nucleare.Tali maggiori fondi si sono tradotti esplicitamente con l’istituzione di un master in Progettazione e gestione di sistemi nucleari avanzati, che vedrà la luce nel 2009 ma la cui nascita era già stata annunciata nel marzo 2008 (vedi qui e qui). Una data antecedente gli annunci di ritorno al nucleare proclamati dal Governo Berlusconi, e che ha visto l’iniziativa promossa da esponenti del PD locale, segno che era interesse comune e già ampiamente meditato di entrambe le due principali forze politiche di riavviare il nucleare in Italia. Così come mi sto riferendo alla situazione a Bologna, vi sono poi analoghi sviluppi in altri poli universitari, facenti parte di una comune strategia di rilancio.E una strategia ormai ben avviata come questa, combinata con le prospettive di guadagno che le grandi imprese energetiche italiane vedono in tale opportunità, difficilmente sarà arrestata dalle problematiche che tale ritorno al nucleare comporterà in Italia, problematiche che analizzerò nella seconda parte.Andrea Bonzi