La legge per l'innalzamento dell'Obbligo di Istruzione ha introdotto, formalmente, il concetto di competenza declinandolo per assi culturali (Linguistico, Matematico, Scientifico-tecnologico, Storico-sociale). Con l'articolazione delle competenze, in abilità e conoscenze, sono state fornite indicazioni raccolte in Linee Guida per il riordino della scuola secondaria di II grado. I nuovi Licei, I nuovi Istituti Tecnici, i nuovi Istituti Professionali, declinano i risultati di apprendimento ( learning outcomes) in abilità e conoscenze funzionali alla costruzione del curricolo per lo sviluppo di competenze.Ma è sufficiente un riferimento normativo per chiarire il significato del termine "competenza"? E quale "modello" operativo dovrebbe orientare, in primis l'insegnante, per integrare le tre dimensioni formative dell'apprendere, dell'insegnare e del valutare?Quale tipo di approccio può essere messo in atto per orientare lo studente alla percezione di sè, della propria crescita personale e relazionale e, al tempo stesso, all'acquisizione di strumenti che consentano di progettare la propria vita e la propria professionalità?Beninteso che le mie non vogliono essere domande provocatorie, nè tanto più una larvata forma di protesta (... ce n'è abbastanza in giro, mediatica e non ) contro " la riforma". Intendo soltanto riflettere su quanto negli anni '90, per l'esattezza nel 1993, veniva individuato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità ( OMS) come strumento privilegiato per la promozione della salute in ambito scolastico: le " LIFE SKILLS", altrimenti identificate come "competenze per la vita".Nel 1998 la stessa Organizzazione mondiale della Sanità definisce le "LIFE SKILLS" come: Insieme delle abilità utili per adottare un comportamento positivo e flessibile e far fronte con efficacia, alle esigenze e alle difficoltà che si presentano nella vita di tutti i giorni.L'OMS ha incoraggiato l'insegnamento di tale abilità sollecitando, attraverso progetti internazionali (peer education; cooperative learning e peer tutoring quali il JIGSAW, il TGT), a modificare le strategie di insegnamento/ apprendimento e a prestare maggiore attenzione alle culture giovanili. in rapida trasformazione, per rendere i giovani protagonisti della propria crescita personale e professionale.Certo, un modello è sempre un modello e, si sà, è la pratica quotidiana che ne può garantire o meno l'efficacia; ciò non toglie che un approccio sistemico ed integrato capace di coinvolgere fabbisogni formativi e fabbisogni professionali, a vari livelli di rappresentanza sociale ed educativa, non può non tenere conto delle rilevazioni che evidenziani come le conoscenze e le abilità definite "scolastiche", da sole, non bastano più.E' necessario che lo studente, e non penso soltanto ai giovani adulti con i quali ho avuto il piacere di "fare scuola", sviluppi la " Resilienza" ( termine usato in fisica per indicare "la capacità di resistere agli urti") concretamente messo in situazione e davanti a specifiche responsabilità, per misurare i propri punti di forza e di debolezza, per "imparare ad imparare" come prima forma di apprendimento, per svolgere il proprio " ruolo sociale" in autonomia. Questo è l'obiettivo che dovrebbe porsi una " didattica per competenze", valorizzando l'esperienza sul campo, il protagonismo dei giovani e le relazioni efficaci. Poi viene il resto...
Life Skills: Competenze per la Vita
La legge per l'innalzamento dell'Obbligo di Istruzione ha introdotto, formalmente, il concetto di competenza declinandolo per assi culturali (Linguistico, Matematico, Scientifico-tecnologico, Storico-sociale). Con l'articolazione delle competenze, in abilità e conoscenze, sono state fornite indicazioni raccolte in Linee Guida per il riordino della scuola secondaria di II grado. I nuovi Licei, I nuovi Istituti Tecnici, i nuovi Istituti Professionali, declinano i risultati di apprendimento ( learning outcomes) in abilità e conoscenze funzionali alla costruzione del curricolo per lo sviluppo di competenze.Ma è sufficiente un riferimento normativo per chiarire il significato del termine "competenza"? E quale "modello" operativo dovrebbe orientare, in primis l'insegnante, per integrare le tre dimensioni formative dell'apprendere, dell'insegnare e del valutare?Quale tipo di approccio può essere messo in atto per orientare lo studente alla percezione di sè, della propria crescita personale e relazionale e, al tempo stesso, all'acquisizione di strumenti che consentano di progettare la propria vita e la propria professionalità?Beninteso che le mie non vogliono essere domande provocatorie, nè tanto più una larvata forma di protesta (... ce n'è abbastanza in giro, mediatica e non ) contro " la riforma". Intendo soltanto riflettere su quanto negli anni '90, per l'esattezza nel 1993, veniva individuato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità ( OMS) come strumento privilegiato per la promozione della salute in ambito scolastico: le " LIFE SKILLS", altrimenti identificate come "competenze per la vita".Nel 1998 la stessa Organizzazione mondiale della Sanità definisce le "LIFE SKILLS" come: Insieme delle abilità utili per adottare un comportamento positivo e flessibile e far fronte con efficacia, alle esigenze e alle difficoltà che si presentano nella vita di tutti i giorni.L'OMS ha incoraggiato l'insegnamento di tale abilità sollecitando, attraverso progetti internazionali (peer education; cooperative learning e peer tutoring quali il JIGSAW, il TGT), a modificare le strategie di insegnamento/ apprendimento e a prestare maggiore attenzione alle culture giovanili. in rapida trasformazione, per rendere i giovani protagonisti della propria crescita personale e professionale.Certo, un modello è sempre un modello e, si sà, è la pratica quotidiana che ne può garantire o meno l'efficacia; ciò non toglie che un approccio sistemico ed integrato capace di coinvolgere fabbisogni formativi e fabbisogni professionali, a vari livelli di rappresentanza sociale ed educativa, non può non tenere conto delle rilevazioni che evidenziani come le conoscenze e le abilità definite "scolastiche", da sole, non bastano più.E' necessario che lo studente, e non penso soltanto ai giovani adulti con i quali ho avuto il piacere di "fare scuola", sviluppi la " Resilienza" ( termine usato in fisica per indicare "la capacità di resistere agli urti") concretamente messo in situazione e davanti a specifiche responsabilità, per misurare i propri punti di forza e di debolezza, per "imparare ad imparare" come prima forma di apprendimento, per svolgere il proprio " ruolo sociale" in autonomia. Questo è l'obiettivo che dovrebbe porsi una " didattica per competenze", valorizzando l'esperienza sul campo, il protagonismo dei giovani e le relazioni efficaci. Poi viene il resto...