Counselling di Yaris

Avvento II - La Candela della chiamata universale


Così Hermann Hesse scriveva a Martin Buber: “Tra suoi scritti - IL CAMMINO DELL'UOMO-  è indubbiamente quanto di più bello io abbia letto. La ringrazio di cuore per questo dono così prezioso e inesauribile. Lascerò che mi parli ancora molto spesso”Perché scegliere un testo di Martin Buber per meditare sulla seconda domenica di Avvento?Per ASSONANZA,  forse; per il suo INTENDERE la fede non come insieme di precetti legali, ma come santificazione della vita quotidiana; per il suo PREDILIGERE la relazione fondata sul principio dialogico e nel suo definire, il senso fondamentale dell'esistenza nella capacità di entrare in rapporto con la natura, con gli uomini, con Dio; per il suo PREFERIRE l’esperienza di vita al sapere dei libri, pur scrivendone per fermare i suoi pensieri, la sua realtà personale, di cui sente la necessità di partecipare gli altri tanto da scrivere: [...] Nulla sapevo di libri quando uscii dal grembo di mia madre, e senza libri morirò, con la mano di un mio simile nella mia. È vero che qualche volta chiudo la porta e mi abbandono alla lettura di un libro, ma solo perché posso riaprirla e vedere un essere umano che mi guarda. Il cammino dell’uomo contiene un messaggio sull’uomo e sull’autoeducarsi dell'uomo  nell'itinerario per la crescita, la maturità e la sua stessa AUTENTICITA'.Cosa avrei potuto sentire di più pertinente per rispondere alla chiamata?Come scrive Enzo Bianchi ( priore di Bose) nella prefazione al libro (CLICCA):[...]L'uomo per la sua crescita e per raggiungere l'autenticità deve innanzitutto tornare a se stesso ... , quindi ritrovare se stesso, raggiungere il proprio destino, risalire alla sua fonte ... L'uomo deve cioè fare della sua vita un cammino, rispondendo alla domanda: "Dove sei?" senza tentativi di nascondimento o affermazioni di impotenza. Da questa prima tappa essenziale occorre prendere coscienza che sta davanti all'uomo una via particolare, sua propria: nessun tentativo di imitazione di ciò che è già stato percorso - sarebbe sterile ripetizione - e nessuna pretesa che la propria via escluda ad altri la loro via: non c'è una via unica, occorre invece scegliere la propria, e scegliere significa anche rinunciare. Nel mondo futuro non mi si chiederà: "Perchè non sei stato Mosè?", bensì: "Perchè non sei stato te stesso?" Ognuno ha una sua via e, sceltala, deve perseguirla con risolutezza...[...]