Counselling di Yaris

Alessitimia ed Emozioni


Le teorizzazioni di Marty e M’Uzan trovarono conferma nei primi anni ’70 del secolo scorso, quando Sifneos e Nemiah riscontrarono in svariati pazienti psicosomatici una caratteristica comune, e cioè la difficoltà a descrivere le proprie emozioni ed un’attività fantastica povera, tipica appunto del pensiero operatorio. Sifneos e Nemiah coniarono per questa condizione lo specifico termine di alessitimia (dal greco “mancanza di parole per le emozioni”), da non considerarsi una diagnosi clinica, ma un tratto stabile di personalità che interagisce con gli agenti stressanti come fattore aspecifico verso la somatizzazione e lo sviluppo di malattie. In un ideale continuum, che rappresenta la difficoltà nel riconoscere, comprendere e descrivere le esperienze emozionali, l’alessitimia potrebbe essere collocata all’estremo “meno grave” assieme all’inibizione emotiva, con all’opposto le più gravi condizioni di anaffettività e anedonia (Ibid.). Attualmente gli indicatori del DCPR (Diagnostic Criteria for use in Psychosomatic Research) per la diagnosi di alessitimia comprendono condizioni come: incapacità di descrivere in maniera appropriata le emozioni; tendenza a focalizzare la conversazione sui dettagli più che sul vissuto emotivo; mancanza di un ricco mondo fantastico; contenuto del pensiero associato a eventi del mondo esteriore; inconsapevolezza delle reazioni somatiche che accompagnano gli stati emotivi; occasionali ed estremi comportamenti affettivi, spesso inappropriati.Inoltre, la specifica del DCPR, secondo la quale l’alessitimia eventualmente riscontrata in sede di diagnosi non debba essere presente solamente nel corso di un disturbo dell’umore, di fobia sociale o di un disturbo mentale organico, evidenzia la transnosograficità di tale condizione.Infine, nel DCPR è presente la distinzione tra alessitimia di tipo pervasivo, quindi strutturale a livello di personalità dell’individuo, e di tipo situazionale, limitato all’inibizione della rabbia e/o di un comportamento assertivo. In quest’ultimo caso, viene comunque da chiedersi se si possa realmente parlare di alessitimia vera e propria o più semplicemente di un modello relazionale appreso nei primi anni di vita per gestire in maniera più efficace, e meno dolorosa, particolari delicate emozioni come la rabbia, così da garantirsi una fitness più elevata. L’espressione della rabbia, nel sistema motivazionale innato (SMI) attacco/fuga, rappresenta l’attacco, dunque il confronto, il conflitto. Ma cosa accade quando l’avversario nel conflitto è una figura significativa, amata? La rabbia potrebbe “distruggerla” e questo porterebbe colpa, perdita, abbandono. Ecco dunque che il SMI attacco/fuga entra in conflitto con un altro importante SMI, quello dell’attaccamento.http://www.psicolab.net/index.asp?pid=idart&cat=4&scat=290&arid=1274