Criticando

Fantascienza


J. ChristopherInverno senza fine Genere poco valutato, in Italia forse perchè siamo capaci d'inventarceli da soli i romanzi, la fantascienza, all'estero è uno di quei must che danno lustro alle biblioteche, annovera dei veri talenti letterari che, in qualunque campo si fossero cimentati sarebbero comunque emersi. Fra i Maestri del genere annoveriamo John Christopher che insieme ad altri ha contribuito, e non poco, a dare spessore al genere portandola "oltre" (è proprio il caso di dirlo) quello che era la sua arena classica ovvero il romanzo/immagine di improbabili scenari futuri (che servivano in origine a far evadere l'uomo comune, tipicamente americano, dalla dura realtà quotidiana), mentre con autori come il Nostro esso "atterrava" nella quotidianità e nell'orizzonte degli eventi dei lettori. Al di là della trama che tratta di una glaciazione che investe le due parti del globo al di là dei tropici, annientando la civiltà così come la conosciamo, l'Autore tratteggia i ritratti psicologici dei personaggi con grande maestria definendone i caratteri in maniera tale che rimangono impressi e chi legge in un certo senso "partecipa" di essi e con essi delle vicende ivi vissute. A differenza della fantascienza americana (dove il cataclisma era soprattutto conseguenza di guerre nucleari, tipico della mentalità di quelle latitudini) Christopher, che è inglese, si concentra sulle variabili ambientali del genere da un lato tratteggiandole (ve le fa vedere) dall'altro non facendone l'oggetto principale del racconto e dilungandosi su di esse più del necessario. A volerlo leggere sociologicamente il romanzo è anche una dura critica all'idea, tutta occidentale, della superiorità della ns civiltà "bianca" rispetto alle altre, tant'è che nel romanzo gli antichi padroni coloniali si trovano a dover dipendere dall'ospitalità proprio dei popoli (non occidentali) che una volta dominavano e che ora, salvo il primo approccio, si dimostrano più maturi. Molto attuale.