Criticando

Stephen KingShining


Che cos’è lo Shining? E che cosa avrà mai a che fare con un romanzo dell’orrore? Il titolo di primo acchito sembra, infatti, una scelta assurda. Lo Shining, la luccicanza, rievoca la luce, lo scintillio delle stelle in un cielo estivo. Eppure, esso è preludio ad una storia d’orrore e follia. Perché? Forse perché la linea che separa la sanità dalla follia, non è poi così spessa? Forse perché luce e buio si confondono nella mente umana con mille sfumature e intrecci, e ora emerge lo shining, ora il buio, ora la razio, ora la follia? Il romanzo segue queste sfumature e intrecci, lo shining che si manifesta nell’amore coniugale e paterno, che difende se stesso attraverso l’innocenza infantile, e per contro il raptus irrazionale che spinge all’autodistruzione di quest’amore. L’intreccio psicologico è esemplare. Non a caso l’albergo in cui si svolge la storia, porta il nome di Overlook. Il grande occhio che tutto osserva e che vive di vita propria. Enorme nelle proporzioni, isolato da tutto. Assomiglia al maniaco onniscente di Dario Argento. Il grande occhio che sembra non lasciare scampo al protagonista. Che osserva dall’alto lo scorrere inesorabile degli eventi, come un genio del male che già conosce, che già sa. Un burattinaio sadico. L’Overlook è metafora stessa della mente umana, una cosmogonia perché l’albergo stesso sa cosa deve fare, è visto in chiave finalistica, quasi escatologica: impossessarsi del protagonista. Usarlo contro la sua famiglia. Possederlo, farlo suo. E per fare questo, lo illude, lo seduce, tanto che il protagonista si ritrova pure a pensare “se l’albergo fosse mio…”. Seguendo la narrazione, ci accorgiamo che il paranormale si confonde brillantemente con lo psicologico, tanto che i fantasmi stessi assumono la consistenza nebbiosa dell’allucinazione mentale, e penso ad un riferimento con “L’inquilino del terzo piano” di Roman Polanski. Per concludere, il romanzo rapisce il lettore aldilà della trama, lo spinge verso giochi di associazioni, verso riflessioni meta-narrative. E quindi va letto, e riletto.