Prince Of Darkness"I am as dusk, come to ravish the light" DANIEL DAVEY LLOYD |
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Post n°105 pubblicato il 11 Maggio 2010 da DANIFILTH1
Ciao Giù Giù, la mia dimenticanza è stata imperdonabile... Spero di riuscire a rimediare in futuro, perchè ti voglio un bene infinito...
La nostra amicizia non conoscerà mai la parola FINE, perchè tu sei speciale per me, non dimenticarlo...
...E ancora tanti, tantissimi auguri passati, con tutto l'affetto che provo per te...
''Penso che nessun'altra cosa ci conforti tanto, Ciao piccina, un bacione e un abbraccione immensi!!! |
Post n°103 pubblicato il 17 Febbraio 2009 da DANIFILTH1
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Post n°102 pubblicato il 22 Ottobre 2008 da DANIFILTH1
''Hope: la leggenda del diamante maledetto'' È una meraviglia della natura. Rientra nella cortissima lista dei diamanti più famosi del mondo, e anche in quella più lunga degli oggetti che portano sfortuna. È bellissimo e letale. Chiunque abbia avuto la cattiva idea di comprarlo per rigirarselo soddisfatto tra le mani si è visto arrivare addosso un carico di sfortuna e morte. “I diamanti sono i migliori amici delle donne”, cantava Marilyn Monroe. Sembra che questo diamante non abbia mai voluto essere amico di nessuno, uomo o donna che fosse. La storia del diamante Hope comincia in India, tra le ondulazioni di pietra del viso di un idolo. Nelle varie storie si parla del tempio di Rama-Sita, vicino Mandalay, come luogo in cui avvenne il furto. La gemma fu strappata da uno degli occhi dell’idolo e la divinità fu trasformata in una miseranda statua guercia. Sembra che il gioielliere Jean-Baptiste Tavernier sia stato l’autore del sacrilegio. Chi crede al potere delle maledizioni sostiene che l’idolo violato riversò sul gioiello tutta la sua ira e tale energia negativa lo rese un PortaSfortuna d’eccezione. Viaggiò fino alla Francia e fu acquistato, nel 1688, da Luigi XIV che lo fece intagliare a forma di cuore, riducendo così i suoi carati dagli originali 112 ai 67,5 del nuovo taglio. Che fine fece Tavernier? La sua attività fallì e il bisogno di denaro lo costrinse a ripartire per l’india alla ricerca di altri tesori. Morì prima di raggiungere la terra dei diamanti. Sia Luigi XIV che Luigi XV sfoggiarono il diamante in varie occasioni. Quando Maria Antonietta lo ricevette in regalo volle unire la gemma ad altre pietre preziose. Non c’è bisogno di ricordare la triste fine cui andarono incontro il re e la regina. Nel pandemonio della rivoluzione francese molti dei gioielli reali scomparvero, forse rubati dalle stesse persone che avevano giurato eterna fedeltà alla corona. Tra i vari tesori provenienti dalle regge imperiali, c’era naturalmente anche il diamante. Fu sottratto a un gioielliere che ebbe un infarto quando seppe che il ladro era suo figlio. Il ragazzo si suicidò quando si rese conto di aver indirettamente ucciso suo padre. Un amico del giovane trovò il diamante tra i beni del suicida e morì di lì a poco. Passando di mano in mano, la gemma arrivò a Londra nel 1830, dove cambiò di nuovo forma (e dimensioni) perdendo altri carati lungo la strada fino a giungere ai 44,5 attuali. Il banchiere Hope si innamorò all’istante della pietra preziosa e pagò una cifra astronomica per averla e per poterla battezzare con il suo nome. I membri della famiglia lo tennero, a turno, per brevi periodi. La coppia formata da Lord Francis Hope e da Mary Yohe si divise dopo aver accolto in casa la pietra, e Mary stessa, che prima di toccare il diamante aveva avviato una discreta carriera come cantante, finì i suoi giorni in completa povertà. Jacques Colot fu il proprietario successivo. Impazzì e si uccise dopo averlo venduto al principe russo Kanitovsky che, reso cieco dalla gelosia, strangolò la ballerina delle Folies Bergère alla quale l’aveva regalato. Pensate che il principe si sia salvato? No. Fu linciato dai rivoluzionari. Il gioielliere greco Simon Matharides non fece neanche in tempo a godere appieno del suo nuovo acquisto, perché si sfracellò sul fondo di un burrone. Suicidio? Omicidio? Non si saprà mai. Il malefico Hope non risparmiò neppure il sultano Abdul Hamid che, a un anno dall’acquisto, impazzì dopo essere stato deposto. Habib Bey si impossessò del gioiello e morì annegato. Il famoso Cartier mise quindi le mani sull’Hope per rivenderlo al proprietario del Washington Post, Edward Beale Mc Lean che lo volle regalare alla moglie, Evelyn Walsh. La disgrazia si abbatté sulla famiglia americana. Sembra un lungo elenco di morti in battaglia, quello che segue, ma è tutto documentato dagli archivi storici. Dapprima morì la madre di Mc Lean. Seguirono le due cameriere. Il primogenito di Mc Lean, dieci anni, un giorno sfuggì alla sorveglianza delle guardie del corpo e finì investito da un’auto. Mc Lean, distrutto dal dolore, divorziò dalla moglie, cominciò a bere e fu vittima di uno scandalo che distrusse definitivamente la sua reputazione di uomo onesto. Evelyn volle sfidare la malasorte e tenne il diamante, continuando a sfoggiarlo con orgoglio. Nel 1946 sua figlia ingerì un’overdose di barbiturici ponendo fine alla sua esistenza. Tempo prima, al suo matrimonio, aveva indossato il gioiello della madre. Evelyn lo tenne fino al giorno in cui morì. Hanry Winston fu l’ultimo proprietario privato che ebbe l’onore di ospitarlo per alcuni anni, trascorsi i quali lo donò alla Smithsonian Institution di Washington che lo custodisce ancora oggi. |
Post n°101 pubblicato il 10 Giugno 2008 da DANIFILTH1
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Post n°100 pubblicato il 15 Maggio 2008 da DANIFILTH1
JOY DIVISION I Joy Division erano una band inglese (Manchester) formatasi nel 1977. Il nome del gruppo deriva dalla denominazione dalle baracche femminili dei campi di concentramento nazisti. Le donne imprigionate nell'area che portava questo nome erano trattate come prostitute, e usate come mero oggetto sessuale da SS e soldati tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Leader carismatico del gruppo fu Ian Curtis, suicida il 18 maggio del 1980, all'età di 23 anni. I quattro iniziarono la loro avventura musicale a Manchester con il nome di Warsaw (derivante dal titolo di un brano di David Bowie) cambiandolo successivamente in Joy Division, dopo la pubblicazione dell'EP An Ideal for Living. I Joy Division pubblicarono i loro album con la casa discografica indipendente Factory Records, gestita dall'impresario Tony Wilson, con cui pubblicheranno successivamente anche i New Order e gli Happy Mondays. Caratteristiche nei Joy Division sono le digressioni e degenerazioni e le movenze di Ian Curtis, derivanti da una forma degenerante di epilessia che andò via via peggiorando per tutto il corso della sua breve carriera, e forse da annoverarsi tra le cause che lo spinsero al suicidio alla vigilia di un tour americano che aveva già fatto registrare uno straordinario successo in prevendita e poco prima dell'uscita del secondo album Closer, la cui copertina (raffigurante la statua di un feretro) era stata decisa prima della morte di Ian Curtis, almeno così giurarono gli altri componenti del gruppo. L'immaginario lirico presenta tinte fortemente goth e di disperazione. I Joy Division restano oggi tra le più grandi e meno dimenticabili meteore della storia della musica moderna, ed il loro fantasma non ha mai smesso di aleggiare lungo la ben più lunga carriera del gruppo nato dalle ceneri dei Joy Division, i New Order. Ian Kevin Curtis (Manchester, 15 luglio 1956 – Macclesfield, 18 maggio 1980) è stato un cantante britannico, descritto come il padre del post-punk degli anni 70-80. Nato a Manchester, in Inghilterra, fu il cantante e il paroliere della band Joy Division, di cui fu uno dei fondatori nel 1977 a Manchester. Nelle sue liriche si nota la forte influenza delle opere decadenti dei poeti romantici ottocenteschi. Già da giovane, Ian Curtis era affascinato dai personaggi morti giovanissimi come Jim Morrison (1943-1971), da qui la morte precoce. Idoli comunque del giovane Curtis erano: David Bowie, Sex Pistols e gruppi punk e persino reggae. Alle scuole superiori era un ottimo studente, appassionato soprattutto di storia, ma prese l'abitudine, in compagnia di un amico, di fare abuso di farmaci di ogni tipo. Era sofferente di epilessia fotosensibile. La sua malattia, negli ultimi anni di vita, era diventata per lui un peso insostenibile, e fu per questo che, intorno ai vent'anni, iniziò a soffrire anche di depressione cronica, che lo portò al suicidio. Ian Curtis si sposò a soli 19 anni con Deborah (Debbie) Woodroof; gesto cui stava per rinunciare poiché in cuor suo sapeva che non sarebbe sempre stato fedele alla moglie. Nathalie Curtis, l'unica figlia di Ian, nacque nel 1979. Morì suicida a soli 23 anni, impiccandosi ad un attaccapanni nella cucina della propria casa situata al numero 77 di Burton Street a Macclesfield. Lasciò la moglie Deborah, dalla quale si era ormai separato, e la figlia Nathalie. Prima di compiere il gesto che mise fine alla sua vita, il cantante guardò il film "La ballata di Stroszek" di Werner Herzog e ascoltò l'album "The Idiot" di Iggy Pop. Leggenda vuole che l'indomani mattina, trovato il corpo, il disco girasse ancora nel giradischi. Ian fu cremato e le sue ceneri tumulate a Macclesfield. Sulla lapide è riportato il suo verso più famoso: "Love will tear us apart" ("L'Amore ci strazierà ancora") Alla morte di Curtis, avvenuta alla vigilia del primo tour americano dei Joy Division, seguì la ricostituzione del gruppo con il nome di New Order. Come da accordo tra i Joy Division, tale nome sarebbe stato scelto nel caso in cui qualche componente avesse abbandonato la formazione, quasi ad identificare la rinascita di un Nuovo Ordine. Nel 2007 la storia dell'artista è stata portata sul grande schermo dal regista e fotografo olandese Anton Corbijn nel suo film d'esordio Control, presentato con successo alla Quinzaine des réalisateurs, al Festival di Cannes. |
Post n°98 pubblicato il 08 Maggio 2008 da DANIFILTH1
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Post n°97 pubblicato il 08 Maggio 2008 da DANIFILTH1
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Post n°96 pubblicato il 08 Maggio 2008 da DANIFILTH1
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Post n°95 pubblicato il 21 Aprile 2008 da DANIFILTH1
Illussione di te |
Post n°94 pubblicato il 09 Aprile 2008 da DANIFILTH1
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