Adiacenze

Lacune nella coniugazione dei verbi


Racconto scritto immaginando (anche se la realtà è ben più dolorosa)la vita di una donna a cui hanno rubato l'infanzia, una delle tante vittime della violenza.
E' una sera d'autunno.La luna, affacciata dal grande giardino pensile, osserva i disegni che il vento abbozza sulla città. Foglie, solitarie o a piccoli mucchi, svolazzano, si rincorrono e s'adagiano per dare forma a qualcosa che sta già nei nostri occhi.Un dipinto che mi sorprende sempre. E mi trascina nella tela sporcandomi dei suoi colori, freddi di notte. E il tempo, linea a carboncino, s'infiltra, attraverso le trame della tela, nel mio corpo stilizzato. Travolge e confonde i modi dei miei verbi. Presente, passato, congiuntivo e condizionale si mescolano e diventano le ombre dei miei ricordi. Lame che scivolano come su nastro di seta tra pube e cuore. Nel silenzio, sulla scia del sangue che sgorga, arrivano da lontano i rumori della piazza. Di quella piazza, laggiù nella mia infanzia, la domenica mattina. Giorno dedicato a quel Dio, che da tempo mi aveva dimenticata. Abbandonata sola nel bosco, senza via d'uscita. Con me solo il lupo cattivo, quello più cattivo di tutti, perchè vestito degli abiti del mio genitore.La mamma, poverina, da mesi aveva il suo da fare anche la domenica, da quando la nonna era costretta a letto da una brutta malattia. Povera mamma, così triste, stanca, preoccupata. Se avesse saputo quello che succedeva a sua figlia, sarebbe morta dal dolore.Ed io, col cuore appeso ad un gancio e il naso appiccicato ai vetri della finestra della mia camera, la guardavo attraversare la strada e allontanarsi. Su quel gancio, il cuore pulsava forte; sapeva.Ed, eccola, la porta si apriva per rinchiudersi subito.Il lupo era entrato nella mia camera. Conoscevo a memoria le sue parole. Nello specchio sopra il comò vedevo da mesi sempre lo stesso film. Sul mio corpo sempre quell'aggeggio viscido e duro farsi strada nella mia anima. Con violenza.Dio, che fai? Sono la tua bambina! Guardami. Aiutami!E lui "Non preoccuparti, principessa. Tu sei una bambina speciale e se farai la brava avrai un premio speciale!"E la mia anima si liquefava. La sentivo scorrere lungo le mie rigide gambine.Dio mio, perchè mi fai questo?Ma quella domenica all'improvviso sentii il rumore forte della porta che si apriva. Furibonda. E vidi due uomini in divisa che si avventarono sul lupo che cercava di rimettersi gli abiti del mio genitore. La mamma urlava parole che non riuscivo a sentire. La vedevo aprire la bocca come una leonessa quando sta per sbranare un animale che ha attentato la sicurezza dei suoi cuccioli.Un pianto attutiva, come coperta, tutti i suoni esterni. Gocce d'innocenza mi ricamavano il viso. E le mani s'incrociavano su di esso a nascondere il colore di quelle lacrime.Lo sdegno di mia madre. L'orrore. La vergogna. La liberazione. La paura.Poi il silenzio. Il dolore.Non incontrai più il lupo cattivo se non di notte sulle pareti nere.Morta la nonna, cambiammo città.E la mamma mi accompagnava da specialisti. Psicoterapeuti specializzati sugli abusi ai minori. Ma lei invecchiava ogni volta che mi accompagnava. Sentivo il suo passo reso pesante da una montagna di perchè.Sentivo l'odore del suo orgoglio di donna e di madre umiliato, messo alla gogna dalle domande degli specialisti e dal mio assomigliare sempre più ad un maschio mal riuscito.Quando andai a vivere per conto mio, lei si risposò. Il vento smette. I rumori si allontanano fino a sparire. Ed io mi stacco da quella tela. Ma so che nei pori porterò sempre impregnati quei pigmenti di colori freddi.Sudo tanto di notte a letto con Paola nel tentativo di espellere fino all'ultimo quel liquido insano. Ma il vento ritorna e lo sparge intorno a me. Pulviscoli ad annebbiarmi la vista. Ad accelerare il passo quando attraverso il bosco.Se non avessi incontrato il lupo io sarei una donna che vive il suo presente guardando con orgoglio il passato. Il modo dei verbi fu sconvolto nella mia infanzia e non imparerò più la giusta coniugazione dei verbi. Una lacuna che nessuna scuola colmerà.  Maria