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Nebraska, film 2013, Usa, durata 115 min


Giuseppe Di Giacomo, filosofo dell’arte, commenta il film di Alexander Payne  “Nebraska”L’improvvisa forza messianica di un road movie all’indietrodi Riccardo Tavani  “C’è un’intesa segreta fra le generazioni passate. Noi siamo stati attesi sulla terra. A noi, come ad ogni generazione che ci ha preceduto, è stata data in dote una debole forza messianica, su cui il passato ha diritto”. Questa chiave di lettura del film ce la offre, nella sua seconda Tesi di filosofia della storia, Walter Benjamin, uno dei più importanti filosofi del ‘900, da sempre al centro della ricerca e dell’insegnamento del professore Giuseppe Di Giacomo, titolare della cattedra di Estetica alla Sapienza di Roma. Vediamo con lui Nebraska al Tibur, lo storico cinema nel quartiere San Lorenzo. Usciti poi dalla sala risaliamo un isolato e ci troviamo da Sanlollo a mangiare una pizza e ottimi arancini siciliani al ragù, accompagnati da una caraffa di birra alla spina. Discutiamo del film. È la storia di Woody Grant, un vecchio meccanico ubriacone, ora disperatamente zoppicante, come tutto il suo passato, con due figli, fatti con la moglie Kate, e perlopiù da lui trascurati. Sono David commesso insoddisfatto in un negozio di elettronica e Ross, giornalista in ascesa in una rete televisiva del Montana, Stato americano nel quale la famiglia vive. “Perché ci avete fatti?” domanda David a suo padre. “A me piaceva scopare, tua madre era una cattolica convinta… metti tu le due cose insieme!”. Non sembrerebbero due figli molto attesi, almeno dal padre.continua a leggere qui, Beh, buona giornata