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Messaggi di Giugno 2016
Post n°180 pubblicato il 17 Giugno 2016 da cineciclista
Io, Daniel Blake, un nome contro un muro, lo Stato Serena l’arte e tremenda la vita: in questo contrasto si può riassumere la forza di I, Daniel Blake, il film che strappa la Palma d’Oro al Festival di Cannes 2016. Sì, la strappa, perché il contrasto c’è stato fino all’ultimo anche dentro la giuria presieduta dal regista e produttore australiano George Miller. E così Ken Loach, a 79 anni, si porta a casa per la seconda volta il premio, dopo quello del 2006 con il film storico sull’Irlanda Il vento che accarezza l’erba. La serenità è nella forma che l’autore conferisce alla sua opera. Alle inquadrature, alla sequenza delle scene, al montaggio, ai dialoghi. Tutto scorre sullo schermo di luce pulita, con toni drammatici, cromatici e acustici discreti, ma proprio questo fa salire meglio – poco alla volta e da dentro l’immagine stessa – la tremenda crudeltà amministrativa dell’assistenza sociale capitalistica, qui nella sua versione più formale, ossia più squisitamente british. Una scelta stilistica, quella di Loach, che gli consente una tale internità alla realtà da sfumare davvero i confini tra questa e il cinema, come mera riproduzione fotografica esterna. Continua a leggere su STAMPA CRITICA |
Post n°179 pubblicato il 09 Giugno 2016 da cineciclista
Tag: amore, cinema, civiltà, Empirismo Critico, Julieta, madre, morte, Pedro Almodovar, Pier Paolo Pasolini, senso di colpa, sguardo, Spagna, visione, vita Julieta o la trinità dello sguardo di Riccardo Tavani Fin dalla prima scena d’incontro casuale tra Julieta e Beatriz, un’amica d’infanzia di sua figlia Antia, si capisce che Pedro Almodóvar vuole andare alla radice buia di un senso dell’esistenza. La colonna sonora del suo abituale compositore Alberto Iglesias s’intona perfettamente a questa intenzione e ne valorizza ogni singola inquadratura e sequenza. Un incontro casuale tra le strade di Madrid, mentre Julieta è in procinto di trasferirsi, di lì a pochi giorni, in Portogallo con Lorenzo, il suo compagno. Beatriz le dice che per caso – a sua volta – ha incontrato Antia in Italia, vicino al Lago di Como, e che ha tre figli. La donna, non solo annulla la partenza, ma lascia subito anche la sua bella casa per trasferirsi nello stesso vecchio palazzo in cui viveva con sua figlia Antia. Il film è la lunga lettera per immagini che una madre scrive a una figlia che l’ha abbandonata, facendole perdere ogni traccia della sua esistenza. Continua a leggere su STAMPA CRITICA |
Inviato da: Recreation
il 08/02/2018 alle 13:38
Inviato da: sexydamilleeunanotte
il 05/10/2016 alle 16:25
Inviato da: cineciclista
il 04/05/2015 alle 16:12
Inviato da: filo_rosso14
il 03/05/2015 alle 21:09
Inviato da: cineciclista
il 05/04/2015 alle 01:09