dalla Massara

La lezione di Mont Saint Michel


Corriere della Sera 22 Aprile 2003 Ripristinare il territorio compromesso da superfetazioni (o sovrapposizioni anomale) si può e dalla Francia ecco un grande esempio.
                                                                             Grande la lezione che ci arriva in questi giorni dalla Francia, dove si è deciso di ripristinare l’isola di Mont Saint Michel.Indubbiamente, dai tempi della Parigi dei boulevard di Haussmann, della Tour Eiffel, del Beaubourg di Piano e Rogers, fino anche alla Grande Arche che oggi domina la nuova Parigi, è una continua lezione di architettura e di urbanistica coraggiosa, decisa, caparbiamente progettata e voluta.Questo spirito, questa voglia vanno riconosciuti non solo alla città di Parigi, ma alla Francia tutta, dove gli esempi coraggiosi si sono fittamente susseguiti, coinvolgendo progettisti francesi e stranieri nella realizzazione di grandi opere.Da qualche settimana si sa che Mont Saint Michel tornerà a essere un’isola, eliminando quel terrapieno a uso di strada e parcheggio che alla fine dell’Ottocento trasformò l’isola in penisola. Già in preventivo si parla di costi di molti milioni di Euro: ma, tant’è, evidentemente si è valutato che, questa volta non per realizzare qualcosa di assolutamente nuovo, bensì per compiere un’operazione essenzialmente di ripristino, ne valga la pena.Il fatto è che i francesi non arrivano a queste decisioni per mero amore di una romantica visione dell’ambiente com’è, o meglio, com’era. Si sono piuttosto convinti che ‘il Bello’ rende. E rende non solo alla vista e al cuore: si tratta bensì di un autentico business.Anche in Italia qualcuno lo capì, già anni fa, come dimostra da tempo l’esempio di Palazzo Grassi e il rilancio delle iniziative culturali che gravitano intorno a Treviso e Vicenza.Se in Italia sembra ormai acquisita la necessità di puntare sui settori della produzione industriale di qualità, sul terziario e sul turismo, occorre prendere atto, per ciascuno di questi settori, dell’assoluta urgenza di adeguate infrastrutture. E ciò è sacrosanto: ma mi piace sottolineare, d’altra parte, l’intimo legame che tiene insieme questi problemi a quello del buon uso e dell’eventuale ripristino del territorio, nonché, più in generale, della salvaguardia di quel che stiamo imparando a chiamare ‘il Bello’.Il ripristino non si contrappone alla soluzione dei problemi infrastrutturali: tutt’altro, sarà un passaggio obbligato nella nostra Regione, dove molto, forse troppo, si è costruito senza giusta pianificazione.Di operazioni di ripristino, paesaggistico e urbano, potremmo stilare una lunga lista: non solo per i celebri casi di Palermo, Siracusa, Bari, ma anche per la nostra Regione e in special modo per le province di Treviso, Padova e Vicenza. Qui, solo un progetto pensato in grande, mi verrebbe da dire ‘alla francese’, potrà ridare senso e salvezza all’intera area.L’esigenza di infrastrutture, una nuova qualità dell’edilizia (in primo luogo dei discussi ‘capannoni’) e una speciale attenzione per l’ambiente impongono la necessità di una guida dall’alto, da parte della Regione. Solo così sarà possibile evitare pesanti cadute di immagine, di funzionalità e dunque anche di produttività: perché, se è vero che l’economia ha prodotto anche una certa cultura, è pur sempre altrettanto innegabile che è la cultura a dover pilotare l’economia.