dalla Massara

QUALE ITALIANO


- Articolo pubblicato su "Quaderni Vicentini", novembre 2014 - Da mille anni l’italiano è  lingua scritta in tutta la Penisola e dopo l’Unità il Paese ha superato anche le divisioni dovute ai tanti dialetti. Un Paese quindi riunito anche da una unica bella lingua parlata.L’italiano fu comunque lingua  apprezzata nei secoli e così ci siamo chiesti perché recentemente i media usano tonalità e cadenze che deformano il  senso della narrazione e  sviliscono tanto  patrimonio.                                                                      Jobs act. In un momento di difficoltà l’Italia ha bisogno di un gesto di riscatto, ma non senza un recupero dell'’orgoglio personale e nazionale. Orgoglio delle proprie capacità  creative e produttive, come a dire della propria cultura e della propria lingua.  Energie tutte che segnarono altri momento storici del ‘Bel Paese’: altrimenti come sperare ?Forse è il desiderio di farsi sapere vicini ad Obama, forse di sentirsi internazionali, ma Cazzullo (sul C.d.S.) dice “Essere discreditante l’uso di questo volgare Jobs”  (perché poi con  J maiuscola ?).  La formula dovrebbe significare “Dispositivi urgenti per favorire il rilancio dell'’occupazione e semplificazioni per l’impresa ..”  “jobs act” sarebbe poi come dire uguale a ‘largo ‘, a ‘disposizione’, o come dice la Treccani molto più semplicemente: “ Piano per il lavoro ….”Ma già oggi  il virus ‘jobs’ sta contagiando come una vera ebola linguistica e sembra voglia uccidere la cultura antica d’Italia, ubriacando il cittadino che aspetta da tanti titoli roboanti (o rumorosi) il miracolo, i miracoli capaci di farci tornare ad una maggiore tranquillità, a nuove speranze di vita.Vero che le lingue straniere le dobbiamo studiare e imparare ‘tutte’, compreso l’inglese, ma per un fatto culturale, non per dipendenza.  Merita essere invece orgogliosi della nostra cultura, antica quanto basta, e coscienti di aver ‘insegnato’ nei secoli scorsi: lontani e vicini.  Baldassarre  Castiglione (1478-1529) con ‘Il libro del Cortegiano’ insegnò al mondo come mangiare con la forchetta, ma con tutto questo ancora all’inizio 1600 tra le numerose corrispondenze al proprio circolo un viaggiatore del Grand Tour scriveva di aver scoperto che in Italia “ si mangia con la forchetta”   e ancora nel 1640 l’altro scrive in Inghilterra raccontando che in Italia “si mangia la verdura condita con l’olio e spezie”  Sappiamo il latino essere alla base della cultura occidentale e non a caso in latino è siglato ogni edificio pubblico di Londra come di Washington e l’italiano di quella è la lingua primogenita e non solo la terza più parlata in Europa dopo il tedesco, il turco e prima del francese, inglese, russo, spagnolo, polacco, rumeno e olandese, *(però l’italiano risulta cancellata dalle lingue ufficiali nei Palazzi EU, pur paese fondatore). Il Papa in Corea, il mese scorso, chiese alla folla di poter parlare in italiano, non in spagnolo e non in inglese. (l’Italiano ha di fatto sostituito il latino per un miliardo e 400 milioni di cristiani: è di fatto per loro la nuova lingua ufficiale) .Non era certo un semplice complimento quello di Goethe quando ricordava la “Bella lingua italiana essere la migliore” specie per il suo ritmo musicale, per la sua fonetica, se oggi più che mai le case automobilistiche di tutto il mondo e in specie dell'’estremo oriente usano per le loro auto nomi ‘all’italiana’  foneticamente tanto semplici da leggersi da tutti.Noi italiani non siamo certo padroni della lingua inglese, ormai ufficialmente lingua internazionale, ma 16 ottobre 2014 abbiamo saputo che il Governo vuole sostituire l’Operazione ‘Mare Nostrum’ (latino) con l’Operazione ‘Tritone’, no anzi ‘Traiton’ cioè pronunciata all’inglese, proprio quando si va a precisare che l’Inghilterra non partecipa alla stessa Operazione, sembra una iniziativa quanto meno originale.  Ma il male è ormai patologico perché quelle cantilene, quei gorgheggi ci giungono dai collegamenti con il Parlamento e nel corso di  corrispondenze dalle capitali del mondo e persino nei servizi meteo dove vincono espressioni gioiose anche se la piaggia travolge col fango mezza Genova.Quale piacere allora sentire parlare, in apposito Convegno di Ecologia, della Lingua Italiana, dove però si moltiplica l’obbligo di convivere con  ‘Night News’ e con il Day Hospital. La prima è una rubrica del TG3 fatta per chi si vergogna di essere italiano o si sente più bravo perché parla in ‘glese’ , la seconda riconferma del non saper ancora usare i 70000 termini della nostra lingua .L’Italia non è nata nel XIX secolo ma bensì 2300 anni fa come bene raccontano queste monete  siracusane con la scritta ITALIA già nel 362 a.C. e in quest’altra con i caratteri ancora più chiaramente eguali a quelli usati nelle nostre care Lire.
Come leggiamo.   Problema di lingua, forse di linguaggio, di gergo, di dizione  o di recitazione.Con le lezioni del maestro Alberto Manzi nella famosa trasmissione 'Non è mai troppo tardi' l'Italia e lo stesso Veneto perdevano la ricchezza dei dialetti per imparare l'italiano, così forse sancendo l'Italia unita. Poi la migrazione interna ha come shakerato (mescolato) dialetti e lingua, accenti e tonalità di ogni angolo del paese, non escluso - ultimo arrivato - un po' di inglese. Accademia della Crusca e Società Dante Alighieri (difensori della bella lingua)  senza sapersi adeguare ai tempi hanno rinunciato al loro ruolo di crociati.  Così é sempre più raro ascoltare senza sofferenza la lettura di un comunicato radio o televisivo. Punteggiature e tonalità sono prevaricate dal 'piacere' (sic!) di diffondere tensione, di dare enfasi o di creare quasi panico.  E ciò per qualsiasi notizia, senza che la si faccia comprendere, senza comunicare, senza dare spazio al dialogo o per non comunicare. Anzi, quasi proprio per non lasciare intendere se si tratti di bombe o di sport. A suo tempo, fu Giorgio Albertazzi a raccogliere applausi per il suo leggere poesie e prosa senza punteggiatura, costringendo il pubblico allo sforzo o meglio, in quel caso, al piacere dell'interpretazione; ma contemporaneamente vi fu Vittorio Gassman, che con la sua voce insegnava la giusta punteggiatura e la bella lettura. Come non ricordare poi il film 'I Mostri', con Alberto Sordi che conquistava il posto di lettore al telegiornale RAI per la sua perfetta dizione a dispetto della sua faccia.Ma ecco che oggi, più che mai, il messaggio radiotelevisivo è tutto un enfatizzare con voce gridata, quasi dimenticando di avere il microfono attaccato lì, al bavero della camicia, quasi presi dal timore di non essere creduti, o forse non sapendo quanto è inutile  urlare anche per telefonare con terre lontane come fanno molti ingenui o educati per caso al telefonino, concedendo al contempo poca fiducia alla tecnologia, ma senz'altro molestando timpani e atmosfere. Parole in successione, in cui i testi  drammatici diventano comici e viceversa, in cui le domande diventano esclamazioni, le incertezze certezze. Il tutto al suono di cantilene irripetibili e indescrivibili, da Napoli a Milano, con le frasi che terminano con una esclamazione e mai con un ‘punto’.  Qualcuno ricorda che anche la semantica è espressione di una idea.C'è forse da rimpiangere i vecchi dialetti e pure la ‘lingua’ veneta, con tutte le sue varietà tonali. Oggi facciamo largo a ‘lettori’ radio e televisivi, pieni dell'orgoglio di infilare parole su parole, come perle spaiate, come pietre dai colori senza sintonia, pronte per essere vendute come musica, forse musica rap.  Mezzi busti (giornalisti) che magari si scusano per i tempi brevi che hanno a disposizione, pur sapendo che la velocità non è nemica della qualità (Ricordate Mina in “Sono brava”). A noi accettarli ed applaudire, come fanno gli ospiti di tante trasmissioni: spettatori  inconsci di qualche 'curva Sud'. Sarà forse necessaria una nuova Authority per riportare la 'par condicio' anche in questo? O forse potrebbe essere utile premiare chi sa leggere in italiano?     (magari all’Olimpico!).Usiamo con moderazione termini avulsi dal nostro linguaggio perché non si addicono alla nostra civiltà, alla nostra cultura, non sono del nostro linguaggio e spesso nemmeno del nostro carattere. Termini che fanno forse e spesso solo folclore, tanto sono lontani ed estranei.I recenti accordi economici firmati a Roma tra Cina e Italia sono stati sottoscritti sotto la benedizione di Marco Polo: quanto vale la storia.Ma non solo nel parlato si sposano lingue diverse dall’Italiano, ma pure nei messaggi ufficiali come le ‘Targhe d’uffico’ sono stampate in lingua inglese come nei nostri Uffuci Postali dove il capoufficio è ‘Director manager’ e pagamento del parcheggio si fa al ‘ Info Point -Parking Meter’“Dimolo strano”   Ma ecco che l’ipocrisia prende corpo e sembra diventato un piacere e cosi ancora anglicismi o come direbbe Verdone “dimolo strano “. Impariamo a essere strani piuttosto che essere sobri in un momento di obbligata sobrietà.   L’italiano, il cittadino italiano,  oggi più che mai ha bisogno di trasparenza, di chiarezza e invece gli “act” si stanno moltiplicando. Non bastava dire Welfare per assistere gli anziani (o i veci), ma ancora ‘spending review’ per dire (forse ) la Revisione o Contenimento delle spese.I francesi non solo a casa loro parlano e scrivono la loro lingua, ma acquistano solo francese e comperano “ordinateur” e non computer .Quanto utili potranno essere le opere televisive sulla Divina Commedia o sul grande Leopardi per riportare alla luce la nostra lingua: speriamo.
Vivere bene.  Il recente convegno vicentino con il tema incentrato sul “Vivere Bene grazie alle relazioni” ci ha raccontato e  dimostrato come la chiacchierata, lo scambio d’opinione, il confronto anche in contradditorio fa bene. L’Italia in questo rimane maestra per aver inventato quella struttura urbana che si chiama piazza , dove poter chiacchierare con amici e sconosciuti. Ma se fu recentemente necessario che un sindaco Deliberasse ‘l’obbligatorietà’ del saluto con almeno un ‘CIAO’, significa che il male ( silenzio) è ormai patologico.Oggi si vuole tornare alla piazza, magari per ritrovare il piacere dei capannelli con mille argomenti da dibattere, per confrontarci, per sfogarci, parlare  e poi bere un sano bicchiere in compagnia. Lo chiede la gente, ma temendo che sia cosa fuori tempo, cosa antica cercare il dialogo quando c’è lo smartfone che di fa parlare con il mondo, che ti permette di comunicare velocemente e facilmente, ma che non permette la comunione, la partecipazione fisica, non dà spazio ad alcuna empatia e nemmeno all’esercizio del parlare.