dalla Massara

LE BASILICHE DEL COMMERCIO


LA GALLERIA IN CITTA’ dal Corriere della Sera  
A Castelfranco come ad Adria dalle vie centrali si staccano belle gallerie coperte che nobilitano e danno spazi vitali ai già vivaci centri storici A Legnago il riassetto del centro ha creato le premesse per divenire uno tra i più attivi centri commerciali urbani. Quanto basta per intravedere una inversione di tendenza nell’uso dei vecchi centri storici. Il ‘volto di città’ posto nella civica piazza, era il luogo dell’incontro per eccellenza nelle città medioevali che poi divenne loggia: cuore della città, mercato e luogo dell’incontro. Negli angoli, le panche invitavano non solo alla sosta. A Firenze, nella piazza della Loggia si prese partito per Ghiberti o per Brunelleschi per affidare i lavori della cupola del Duomo, pur continuando a vendere e comprare, come ancora si fa sotto i ‘saloni’ di Padova, di Treviso, di Vicenza. Nel XV secolo nelle città italiane nacquero i portici, come ampliamento delle case sulla via e lì fu una bottega dopo l’altra. Operazione voluta, proprio per dare nuova immagine e nuova funzionalità alla città, a Bologna, come a Padova.
Alcuni comuni arrivarono a porre il ‘portico’ quale condizione per ottenere l’accesso alla nobiltà. Infatti oltre alle condizioni di alta moralità, di fedeltà, di possesso di cavalli e stallieri, e potere economico, l’ambizioso cittadino doveva possedere ‘casa con portico’. Evidente strategia pianificatoria urbanistica. Come a dire che le nostre città nel ‘700-’800 erano già ben ricche di percorsi coperti, di alto valore urbano, estetico e funzionale, quando a Parigi nel 1786 proprio a ‘Palais Royal’, per riparare il re da alcuni lavori, fu realizzata in legno la ‘gallerie de bois’, sostituita nel ‘92 da una in vetro: la ‘gallerie vitree’ appunto. Dopo fu la ‘gallerie d’Orleans’: era il 1828, ed era nato un nuovo spazio commerciale coperto. Coperto da un tetto tutto in vetro, e fu la moda. Insomma pezzi di città che diventarono ‘centri commerciali’ o meglio centri commerciali nel cuore della città. E’ a Trieste il primo progetto di galleria in Italia, del 1832 per la Galleria Tergesteo. Trieste alla fine ‘700 scelse di diventare porto franco e grande città, catturando l’attenzione internazionale, (come San Pietroburgo) con disegni e ambizioni neoclassiche, cioè moderne, anzi modernissime, attirando a Trieste, città cosmopolita e multietnica, denaro e cultura come il miliardario Carciotti, il padovano Nicola Bottacin, Massimiliano d’Austria, e poi Winckelmann, e Joyce, e Nievo e tanti altri.
La ‘Galleria Vittorio’ di Milano arrivò nel 1877 , simbolo delle ambizioni milanesi realizzate con caparbietà come la metropolitana disegnata nel 1880 e realizzata solo nel 1960. Cos’altro sono gli attuali centri commerciali, se non imitazioni delle gallerie ottocentesche, ma privi di quella classe e di quelle atmosfere, favoriti solo dalla loro accessibilità, dalla viabilità e dai parcheggi. Allora perché mai il Veneto, con penuria di territorio, incapace di reperire spazio per le necessarie strade e ferrovie, può lasciare costruire ancora, senza migliore motivazione, tanti invasivi e congestionanti nuovi ‘mall’ o ipermercati, (che tentano di fare il verso ai vecchi centri urbani (vedi Serravalle)) e rinunciare ad un patrimonio urbano e commerciale già esistente, ricco di valori storici, artistici e culturali, solo per non saper realizzare in maniera funzionale e sostenibile quella serie di servizi, fatti di accessi e parcheggi, magari sotterranei, come sanno fare altre città monumentali quale Avignone, che il ‘parking’ ce l’ha sotto la ‘piazza dei Papi’ .