dalla Massara

" VEDOVA"


VEDOVA ‘una memoria' di Giuseppe dalla Massara il 26.10.2006 Avevamo guadagnato per tempo le prime file, noi ragazzi seduti per terra nell'Odeo del Padiglione Italia ai Giardini. Era la Biennale del 1970, forse. La giornata di apertura, o forse no. Ma certamente quell'attesa fu non tanto lunga quanto piena di emozione. Dalla cupola del salone, carica ancora del figurativo di Galileo Ghini (ultimi segni di uno spazio destinato sempre più all'astrattismo e alle avanguardie del mondo), cadevano due grandi teli ancora bianchi. Erano le ‘tavolozze' predestinate al sacrificio, a totale disposizione del Maestro. Vuoi per la Biennale, per la Bevilacqua La Masa, per Pegghy Guggenheim, a Venezia erano presenti o passavano tutti.In quei giorni, anni felici per Venezia, erano di casa o erano attirati o chiamati da Mazzariol o da Scarpa, da Mazzotti o da Marchiori : Wright, Le Corbusier, Kahn. Ma, di più, al convento della Carità erano lì presenti per noi, vivi, al lavoro : Alberto Viani, Saetti, altri ancora e Vedova. Venezia era veramente capitale dell'arte.L'attesa vibrante, la scena pronta: quando il maestro arrivò, grande nella sua mole, con la sua grande barba, leonino, ci fece sentire piccoli, noi, da terra tutto era ancora più grande, era enorme. Troppa la curiosità di vedere dal vivo l'arte nuova.Fu una performance, fu un evento fatto di gesti, di grandi gesti, con grandi barattoli di colore, con lunghi pennelli. Emilio Vedova era emozione, padrone della scena, tra grida, schizzi di colore che arrivavano sulle nostre camicie, ampi gesti e quei teli che non erano più bianchi.