dalla Massara

"RISPARMIARE IL TERRITORIO"


RISPARMIARE IL TERRITORIOeditoriale del Corriere/S./Veneto del 17.06.2003(Come fu gestito il territorio e come nacquero certe infrastrutture ) (segue)Sul grande tavolo la carta della grande Russia, dal Don al mare di Bering. Attorno i più famosi ingegneri giunti dalle provincie più lontane dell'impero per l'ennesima riunione nel tentativo di dare soluzione all'annoso problema del tracciato della nuova grande opera dello Zar: una ferrovia per collegare Mosca a Vladivostok. La discussione si prolunga da anni tra una soluzione tecnica di qua o di la del monte, a nord o a sud del lago, nel tentativo di soddisfare quella città o quella comunità, lotte politiche, nepotismo, corruzione e debolezza. Quel giorno era atteso lo Zar in persona. Questi dopo aver ascoltato tante accese versioni e diatribe, prende posizione, creando silenzio tutto attorno, chiede la lunga riga riposta nell'angolo, ne appoggia un estremo sulla carta in corrispondenza di Vladivostok e l'altro su Mosca e con la grossa penna ne traccia la lunga linea, e ai signori ingegneri : " Ecco la mia Transiberiana. Il progetto è fatto, a voi domani dare inizio ai lavori". Più o meno questa la scena che più di centocinquant'anni fa diede il via a una delle più grandi opere del XIX secolo. Nessuno oggi auspica che siano soluzioni così estreme a dare corso ai grandi progetti, certamente i buoni progetti non nascono dalla mediazione, ma piuttosto da giusta maturazione. Il territorio del Nordest è oggi coinvolto da grande evoluzione ed abbisogna evidentemente di un grande progetto capace di pilotare e controllare tanto sviluppo. I tracciati romani delle centuriazioni hanno marchiato con le loro strade il territorio in modo tutt'ora indelebile. Sono anche indelebili i segni lasciati qualche secolo dopo dai Benedettini con i loro insediamenti a corte, fondamentali per le grandi bonifiche realizzate all'insegna dell' "ora et labora". Quelle corti sono ancora a modello di moderne aziende e di intere città. La Serenissima nel XVI secolo con la sua rete di canali dal Brenta al Bisatto e tanti rami del Bacchiglione, diede soluzione al controllo delle acque dando spazio alle incredibili ville palladiane e postpalladiane. A conferma di tanto valore qualche secolo dopo vedremo Napoleone al ponte di Arcole (Villafranca) ,che alla Grande Armata, stanca e affamata per la stressante Campagna d'Italia gridò:" ....ora andremo a conquistare la più bella e florida terra d'Europa". Nel XX secolo non mancarono grandi opere di bonifica dal Polesine , a Zignago , Eraclea e ancora altri, tutti presupposti fondamentali sia in ordine strutturale e culturale a quel nordest che in questi anni , a ritmo febbrile, sta dando spazio al quel successo e a quella voglia di fare capace di attirare la curiosità e l'incredulità del mondo intero. Proprio quella frenesia e quella voglia di fare però ha fatto perdere di vista quel disegno, quel progetto d'insieme capace non solo di dare una certa immagine al territorio, a motivo estetico, che non sarebbe poca cosa, ma proprio per garantire la massima funzionalità e redditività ad ogni iniziativa, specie nel rapporto tra unità produttive e infrastrutture. Di progetto parliamo quindi, di quel disegno sul territorio che tutti dobbiamo auspicare perché il Veneto sia in grado, anche a costo di qualche sacrificio di darsi una crescita basato sulla qualità dell'insieme.Pochi giorni fa Vittorino Andreoli ad un convegno sul risparmio dei giovani (il tema era economico) si inserì sottolineando il grosso problema dell'economia culturale, e così colgo l'occasione per gridare l'idea del risparmio territoriale, perché prima di ogni previsione, avremo specie nel nordest carenza di territorio. Da qui l'invito, se potesse essere utile, di fare economia, anzi ai Veneti griderei di " far musina di territorio". Ne avremo bisogno.Nuove strade, ferrovie, i grandi corridoi per collegarci con la Spagna e l'Est Europeo che tanto interessa alle nostre aziende, ma anche e soprattutto per tutti quei progetti che andremo a costruire con le nuove tecnologie e che solo un moderno Giulio Verne può oggi prevedere. Che il nuovo grande progetto, in giusta concertazione tra tutte le parti in causa, possa disegnare nuovi e giusti rapporti tra le città vecchie e le nuove che andremo a costruire o meglio a ricostruire, riportando dove possibile le attività compatibili e disegnando le nuove città produttive così come si seppe fare un tempo in altri paesi (Inghilterra e Germania in testa). 12.06.03