SINDROME DEL QTLungo

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...Le urla, lo strazio, il dolore. Calano nei paesi e nelle città dove hanno lasciato madri, padri, figli, mogli, sorelle, amici, man mano che le sei vittime di Kabul prendono un nome e un volto. E la Difesa arriva nelle case dei militari ammazzati in Afghanistan a dare notizia della loro morte. All'inizio c'è solo una divisa. E un numero. Quello del Reggimento Folgore, il 186°, di cui tutti i militari morti nell'attentato di Kabul facevano parte. Cala il lutto a Siena, nella loro caserma, la bandiera viene ammainata a mezz'asta in segno di lutto. Poi, sono urla e pianti, quando la notizia della morte comincia a bussare casa per casa, a Solarussa, in Sardegna, nella campagna potentina di Tramutola, a Fuorigrotta, a Sesto Fiorentino... Bussa alla porta di casa di Matteo Mureddu, che aveva 26 anni ed era nato in un piccolo comune della Sardegna, Solarussa, in provincia di Oristano. E da qualche anno si era trasferito a Uopini, vicino Siena. Suo padre fa il pastore e possiede un piccolo gregge. «Ma perché la chiamano missione di pace?», urla sua madre.Bussa alla casa del primo caporal maggiore  Davide Ricchiuto, nato in Svizzera, a Glarus. Il padre Angelo, che adesso lavora in una ditta di costruzioni, da giovane era emigrato in Svizzera, ma da tempo è tornato nel paese d'origine, a Tiggiano, nel Salento, con tutta la famiglia.  La madre è casalinga. Davide, che faceva l'utista di mezzi militari, non era alla prima missione in Afghanistan. Appena possibile tornava sempre in paese a casa dei suoi. Antonio Fortunato, 35 anni, era originario di Lagonegro, in provincia di Potenza. Era lui che comandava la pattuglia della brigata Folgore colpita dall'attentato questa mattina. Lascia la moglie e un figlio piccolo. «Era un uomo grande, maestoso, che amava profondamente il suo lavoro», lo racconta tra le lacrime la cugina Antonietta che accoglie i parenti nella casa dei genitori di Fortunato, a Tramutola, nella campagna potentina, mentre genitori e i fratelli (Alessandro e Teresa) sono in viaggio per raggiungere moglie e figlio di Antonio, che sono in Toscana, a Badesse, in provincia di Siena, dove Antonio si era trasferito. «Amava il suo lavoro», dice ancora la cugina. Un «dolore troppo grande», dice tra le lacrime Anna, Randino, la mamma di Massimiliano Randino, primo caporal maggiore. Massimiliano, 32 anni, era nato a Pagani, in provincia di Salerno. Era sposato e viveva a Sesto Fiorentino, dove è di stanza il suo battaglione, mentre il padre e la madre vivono a Nocera Superiore, in un condominio modesto a tre piani. Gian Domenico Pistonami, caporal maggiore, veniva da Lubriano, un paese di mille abitanti che si affaccia sulla valle dei Calanchi, al confine tra il Viterbese e il Ternano. Aveva 28 anni, era figlio unico ed era fidanzato con una ragazza. Il padre, Franco, 55 anni, è operaio in una ditta d'impianti elettrici. La mamma Annarita, di 47, casalinga. Roberto Valente, 37 anni, era napoletano. Ieri sera (16 Settembre) era ancora a Napoli, con la famiglia. Una licenza di quindici giorni. Poi oggi il rientro in Afghanistan. Il convoglio su cui si trovava al momento dell'attentato, un mezzo pesante che tante volte ha salvato i militari a bordo da attentati minori, lo avrebbe dovuto riportare dall'aeroporto alla base militare. Sua madre attendeva in mattinata una telefonata, per sapere se il viaggio di rientro era andato bene; invece della comunicazione del figlio è stata raggiunta da una delegazione dell'Esercito italiano....