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Accogliere il mondo del bambino


(continua)Accogliere un bambino è anche accogliere il mondo interno del bambino, le sue aspettative, i suoi progetti, le sue ipotesi o le sue illusioni. Significa non lasciar scorrere, come se fosse tempo inutile, il tempo che il bambino dedica alle attività individuali o ludiche anche fuori della scuola, o quello nel quale intesse relazioni "nascoste" con altri bambini.Ci si potrebbe domandare se la scuola non debba provare a rovesciare il senso del termine insegnare (in-segnare,lasciare un segno) per affermare che sono bambini che lasciano segni importanti agli adulti. Segni che gli adulti devono imparare a leggere perché possono servire per sapere come meglio intervenire, come più prontamente arricchire in complessità ed ampiezza le esperienze dei bambini, rendendo nitide informazioni organizzate spontaneamente in forma spesso nebulosa e non cosciente.Non c'è contraddizione fra accoglienza ed intervento educativo. Nella misura in cui si cerca di accogliere le cose che vengono dai bambini (prevedendo un intervento ancor prima che le richieste divengano esplicite), ci si trova a costruire una didattica anche basata sulla vita reale, sul quotidiano, sulle reali richieste degli alunni. Oggi questa nuova attenzione al bambino ed al suo mondo non ci fa più correre il rischio di uno spontaneismo diffuso o di un attivismo mal inteso. Nelle Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria (2003), si sottolinea come i bambini“abbiano maturato in famiglia, nei rapporti con gli altri e con il mondo, nella scuola dell’infanzia non soltanto una “loro” fisica,chimica, geologia, storia, arte ecc. “ingenue”, ma che abbiano elaborato anche una “loro” altrettanto “ingenua”, ma non per questo unitaria, organizzata e significativa visione del mondo e della vita. La scuola primaria si propone innanzi tutto, di apprezzare questo patrimonio conoscitivo, valoriale e comportamentale ereditato dal fanciullo e di dedicare particolareattenzione alla sua considerazione, esplorazione e discussione comune”.L’idea di accoglienza, anche nelle proposte di Indicazioni Nazionali, non viene vista come semplice ricezione di eventi casuali, ma piuttosto come riconoscimento dell’idea che la vita reale è anche culturale – o può diventarla. Viene così riaffermato che “dentro” il quotidiano maturano le diverse discipline, e viene “riscoperto” che la differenza fra esperienza del bambino ed esperienza “disciplinare” è solo una differenza di grado e non una diversità di natura, come già affermava JohnDewey. Il curricolo “implicito”I lineamenti di un metodo accogliente sono stati presentati in maniera esplicita negli Orientamenti per la Scuola dell’Infanzia del 1991. La tesi era simile a quella prima espressa: laddove si lascia spazio per le esperienze reali e vitali dei bambini, dove ci sono fiducia e rispetto per tutti e per ciascuno, là vi è anche costruzione della conoscenza, specie quando l'adulto predispone e conduce a sviluppo gli spunti che sono offerti dagli stessi bambini, anche se in forma non sempre esplicita. Le "connotazioni" degli Orientamenti ‘91 erano indicate nella: Predisposizione degli ambienti, dei tempi, dei materiali, degli arredi, degli oggetti, delle strumentazioni didattiche. Quanto più essi sono pensati in funzione delle attività e dell'autonomia dei bambini, tanto più essi fanno nascere situazioni interessanti, relazioni che consentono di star bene, contesti che permettono agli adulti di percepire la ricchezza del vivere infantile, anche nei suoi risvolti relativi alla costruzione della conoscenza. "Le finalità pedagogiche della scuola dell'infanzia si riflettono necessariamente anche nel suo modello organizzativo, da intendersi come una sorta di curricolo implicito". Di questo curricolo implicito fanno parte l'organizzazione dei gruppi, le sezioni, le attività ricorrenti della vita quotidiana, la strutturazione degli spazi e dei tempi, cioè tutto ciò che agli occhi di certi educatori appare poco “culturale”,poco “cognitivo”. Si insiste sull'importanza dell'apprendimento all'interno di un contesto (ecologicamente accogliente, come direbbe Bronfenbrenner), sulla molteplicità dei modi di apprendere (stili cognitivi, intelligenze multiple), sul fare motivato per il bambino (il quotidiano, il banale, i comportamenti usuali e consueti) e, più in generale, sul benessere del bambino che apprende. Valorizzazione del gioco. Il gioco è visto da un punto di vista psicologico, ma anche secondo un'ottica pedagogica e culturale. All’adulto viene chiesto di trarre dalle esperienze ludiche infantili spunti per la programmazione delle attività nei vari campi della conoscenza. Le esigenze ludiche dei bambini non si manifestano solo attraverso azioni di routine, ma anche attraverso esperienze vere e proprie (si ha esperienza, per Dewey, quando si comprendono le relazioni fra le azioni che si compiono), esperienze che contengono tutti gli elementi per sviluppare un lavoro di organizzazione delle conoscenze. Costituzione di un clima sociale positivo. Le attività di piccolo gruppo, di coppia "con e senza l'intervento dell'insegnante", vengono valorizzate perché rendono possibili le interazioni fra bambini, facilitando "la risoluzione dei problemi",spingendo alla "problematizzazione, sollecitata a dare e ricevere spiegazioni". Un clima sociale positivo può essere realizzato solo se l'adulto rivolge "un'attenzione continua e competente ai segnali inviati dai bambini stessi e all'emergere dei loro bisogni". Presenza di un adulto “mediatore”. La “regia” dell'insegnante consente l’“attivazione e la elaborazione delle informazioni (memorizzare, rappresentare, comprendere le relazioni)”. Qui l’idea di accoglienza fa appello ad un atteggiamento di ascolto e alla capacità (dell’adulto) di “saper vedere” (come direbbe Hawkins) ciò che di “apprenditivo” sta “dentro” le azioni e le situazioni che vengono vissute dai bambini. Un ambiente che sa accoglierePossiamo ritenere valide le caratteristiche del contesto della scuola dell’infanzia anche per la Scuola Primaria. Esse configurano il termine accoglienza e ne determinano le caratteristiche essenziali. a)Accogliere è predisporre. Un ambiente predisposto ed organizzato a misura del bambino è un ambiente che espone messaggi e sollecitazioni. Non è un luogo neutro, una zona culturalmente depotenziata, uno spazio casuale. Un ambiente predisposto espone il bambino a stimoli precisi e gli invia segnali identificabili: si producono azioni, si richiedono capacità, si attuano comportamenti. Occorre riconoscere alle didattiche che si riconducevano alla pedagogia attivista la massima valorizzazione di questo aspetto. Le scuole attive, con le classi laboratorio, gli angoli di attività, la mobilità degli allievi impegnati in progetti personali e di gruppo, consideravano l’ambiente classe come un ambiente di vita, dal quale potevano scaturire apprendimenti e comportamenti socializzati. Anche l'adulto, oltre che l'ambiente, è una sorta di espositore culturale. Lo è in tutti quei momenti nei quali intesse un dialogo con i bambini, quando propone, quando offre esperienze, quando corregge, quando mostra i propri interessi... Una predisposizione accogliente riguarda perciò le cose ed i materiali didattici, ma anche i tempi ed i ritmi delle proposte,riguarda le persone e tutto il contesto di vita nella scuola.b)Accogliere è ascoltareL’accoglienza richiede un atteggiamento di ascolto e di rispetto all’interno del gruppo classe per aiutare i bambini a comprendere “le varie forme, palesi o latenti, di disagio diversità ed emarginazione esistenti nel loro ambiente prossimo e nel mondo che ci circonda” e per acquisire la “competenza necessaria ad affrontarle e superarle con autonomia di giudizio, rispetto nei confronti delle persone e delle culture coinvolte” (Indicazioni Nazionali, 2003). L'ascolto è qualcosa di più di una tecnica didattica; l'ascolto richiede di mettersi nei panni dell'altro, di sintonizzarsi con lui, di cambiare l'ottica del vedere e del sentire per cercare di prendere quella dell'interlocutore. L'ascolto non è una azione passiva, un lasciar correre, un comportamento non impegnato; l'ascolto è un agire fortemente attivo. Quando un adulto assume un atteggiamento di ascolto non corregge le spiegazioni che danno i bambini, anzi lascia che i modelli e le ipotesi che loro fanno prendano corpo. Interviene, casomai, per confermare, riprendere (in psicologia: rispecchiare), per rilanciare, per problematizzare (nella cultura organizzativa: negoziare). Anche nella fase dell'intervento più diretto, nel momento della stimolazione degli adulti, la regola fondamentale rimane quella dell'attenzione, dell'ascolto. Questo atteggiamento accogliente riconduce alla necessità naturale che l'adulto dia un sostegno al bambino, partecipando alla sua crescita cognitiva, affettiva e relazionale.