Ma'pe iabbu

Ci fanno la "festa"?


L'argomento è delicato, come la procreazione assistita; i valori e i punti di vista possono essere molteplici, districarsi dal groviglio polemico, i fatti reali sono quelli indiscutibili e raccapriccianti della cronaca: i neonati nei bidoni della spazzatura, il caso di Gravina che ha profondamente scosso le coscienze ; oltre al commozione, l'importanza di una comunicazione pulita e corretta: Riflettiamo, riporto un articolo abbastanza esaustivo trovato sul portale: Studenti.it 194: la legge sull'aborto fa ancora discutere In alcuni ambienti politici e religiosi c'è chi chiede una revisione della legge che disciplina l'aborto.Ma le donne si mobilitano in difesa della laicità dello Stato e della libera scelta a cura di Sara Menegatti Cerlini 22 Febbraio 2008
Era dal 1978 che non tornavano in piazza donne di diversa estrazione sociale, culturale e di età tanto diverse, tutte per un solo motivo: una convinta e pacifica difesa della legge 194, quella che disciplina l’interruzione di gravidanza. Era trent’anni fa, e si trattava allora appunto di legiferare in merito al fenomeno diffuso, crescente e pericoloso degli aborti clandestini dei cosiddetti “cucchiai d’oro” e delle “mammane”, quegli aborti che avvenivano nel chiuso di una stanza in condizioni igienico - sanitarie terribili, e che spesso oltre alla vita del feto si portavano via anche quella della madre. Ma il problema dell’interruzione di gravidanza è molto delicato anche oggi, perché se è vero che con l’applicazione della legge 194 queste sono diminuite in maniera sensibile, e che il tasso di mortalità delle madri è crollato o quasi nullo, non possiamo ignorare il fatto che si presentino alcune questioni etiche non così sentite in passato. Il dibattito è molto acceso e sono in contrapposizione due principali ordini di pensiero. Da un lato si pone chi ritiene che la legge 194 sia sufficiente e che contenga in sé anche una risposta a questi problemi etici, mentre dall’altro si alza la voce di alcuni intellettuali e giornalisti tra i quali ricordiamo Giuliano Ferrara e la sua lista “ProLife, aborto? No, grazie!”.
Ad avvelenare il clima sono intervenuti diversi fatti. In primo luogo la proposta di Ferrara di una moratoria da presentare in sede Onu, allo scopo di condannare l’interruzione di gravidanza quale metodo di controllo delle nascite e di “selezione” dei feti da far nascere. Detto in parole semplici, chi ha assunto questa posizione contrasta ad esempio il cosiddetto “aborto terapeutico”, quello che la madre e il padre congiuntamente (o anche la sola madre, in casi estremi) possono decidere oltre la ventunesima settimana di gravidanza, se gli esami danno un’alta percentuale di probabilità che il feto presenti delle malformazioni invalidanti o letali una volta nato o anche nel proseguimento della gravidanza. Senza considerare anche quei casi in cui il portare avanti la gravidanza presenti dei seri rischi per la vita della madre stessa. A queste obiezioni la legge effettivamente in parte risponde già, quando afferma che “l'interruzione volontaria della gravidanza[…], non è mezzo per il controllo delle nascite” e che “l’'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.” Rimane in sospeso il dramma di quei feti espulsi con aborto terapeutico, risultati agli esami post-mortem perfettamente sani. Per quei feti estremamente prematuri che invece nascono vivi, la legge dice testualmente “Quando sussiste la possibilità di vita autonoma […] il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto.”
Si tratta di qualcosa di estremamente difficile da esaminare, se si vuol restare in un ambito, come quello dello stato italiano, laico e non confessionale. Con questa precisazione si vuole individuare una radicale differenza tra ciò che la religione considera giusto oppure no, e ciò che invece la società riconosce come moralmente accettabile, eticamente condivisibile. Questa dicotomia è imprescindibile e lascia spazio alla libertà di scelta (in nome della quale attraverso un referendum è stata affermata la volontà di non abrogare la legge 194, con numeri importanti) e sgombra in parte il campo da tante facili accuse di presunto egoismo o crudeltà di donne che abortirebbero per salvare se stesse dalla povertà o da una vita senza possibilità di carriera o successo. Un cattolico credente e la stessa Chiesa non potranno mai affermare che l’aborto sia giusto, né di condividerlo, perché secondo i principi morali e gli insegnamenti del cattolicesimo non è contemplata solo la difesa della vita della madre, ma anche quella del feto, essere umano fin dal concepimento. Ed è per questo che non considera a maggior ragione moralmente accettabile l’aborto terapeutico.
Ma attenzione, perché se questa posizione legittima e rispettabile della Chiesa e di tutti coloro che la condividono rimane comunque minoritaria, pensare ad una moratoria da portare all’Onu, montare un caso politico, rischia di creare un clima di vera e propria caccia alle streghe. Ed ecco che viene naturale il riferimento ad un altro episodio drammatico di questi giorni, con l’irruzione in un ospedale su segnalazione anonima di forze dell’ordine che hanno sottoposto ad un serrato interrogatorio una donna che aveva appena subito un intervento per aborto terapeutico, affrontando un momento difficilissimo e un trauma indelebile, peraltro secondo i termini di legge. Ecco allora che se è vero che l’aborto non può essere la soluzione ad una condotta sessuale irresponsabile (i metodi contraccettivi esistono e sono sicuri), rimane comunque una possibilità che le donne hanno conquistato di affermare una libertà di decidere di se stesse. Senza tralasciare il fatto che la stessa 194 ha istituito i consultori familiari, da qualcuno visti come “abortifici”, da altri invece difesi in quanto strumenti importanti per i giovani che sanno di potersi rivolgere a medici ed esperti, e di trovare un aiuto e magari anche una mano se decidono di tenere il loro bambino. Perché l’interruzione di gravidanza non è una cosa semplice, né da decidere, né da affrontare, né da portare con sé per il resto della vita. E chi gioca sull’ambiguità, chi sta cercando di imporre il suo personale punto di vista dovrebbe fare attenzione a non suscitare una reazione di rimbalzo dell’orgoglio femminile (e perché no, anche di molti uomini) che sente di non voler rinunciare a questa importante legge, per non rinfocolare certe pratiche clandestine pericolosissime per la società e le singole persone.Ho visto in giro anche tra i bolg questa iniziativa che mi sembra in linea, anche se non completamente esaustiva  QUI il link