Ieri ho visto Martix in tv, personalmente ho vissuto la Pantera e sono molto preoccupata dello sbando in cui si trovano i miei figli: non mi sembra che si colga il punto che a me pare non sia il
grembiule o il maestro unico, ma la questione economica che pervade il
sistema paese con la paura massima: un secondo ‘29. Ricordando che
questa volta è una crisi profonda del liberismo, non del keinesismo.
Non va dimenticato cioè che i crack non sono figli di salari esosi del
lavoro dipendente o di un welfare spendaccione, ma dell’avidità di una
finanziarizzazione globale che ha provocato disastri facendo per un po’
di anni più ricchi i ricchi e più poveri i poveri. E più sporco il
mondo.
Sta accadendo in queste ore che si corra il rischio che i ricchi
si facciano pagare gli errori della loro avidità con interventi
pubblici colbertiani, mentre i piccoli risparmiatori, i lavoratori
dipendenti e i pagatori di mutui rischiano ogni giorno l’insonnia ed
hanno già eliminato il prosciutto crudo dalla loro dieta. Insomma sta
accadendo quella particolare situazione economica chiamata
“socializzazione delle perdite” per cui, con il ricatto della
recessione, pagherebbero ancora una volta i più deboli in beni e
servizi. Perché, si dice, solo il mercato produce benessere e libertà.
La socializzazione delle perdite è alla base anche del ritorno al
maestro unico perché così si risparmiano 8.000 miliardi di euro, si
dice “per rilanciare lo sviluppo”. Ma poi per farne cosa? L’Alitalia protetta? Le banche e i banchieri salvati? L’eliminazione dell’ICI
tanto ai poveri ci penserà la carità? La riduzione delle tasse? Viene
ripetuto come un mantra buddista che si deve “tagliare” per evitare che
la recessione ci renda tutti più poveri. Questo è un ricatto
attendibile, a sistema economico invariato, posto alla platea vasta del
ceto medio e dei lavoratori a reddito fisso. L’imbarazzo è massimo
perché su queste cose non c’è né maggioranza né opposizione, ma solo la
Grande Paura. E la mancanza di coraggio di dire che c’è una crisi
strutturale del liberismo e forse è ora di riprendere a pensare con
coraggio ad un nuovo keinesismo, se le parole non fossero consumate
direi ad una nuova socialdemocrazia. Cioè ad un nuovo sistema economico
E’ paradossale che questa analisi non sia mia ma almeno in parte…dello
stesso Giulio Tremonti nel suo recente libro. Uguale è la critica al
mercatismo, solo che lui al posto della socialdemocrazia propone un
modello para-sociale tipo Singapore, tutto Dio patria e famiglia. E’
dentro questo scenario che la vicenda della scuola si consuma in
pensieri pedagogici di poco spessore, come se la scuola oggi non fosse
che il nulla. Insomma, non c’è dibattito perché non c’è partita. Il
campo da gioco è da un’altra parte. Si raccoglie il consenso non su
ragionamenti ma sulle emozioni più nostalgiche possibili (non è un caso
nell’epoca della Grande Paura). Non c’è la scuola all’ordine del giorno
legislativo, ma altro, un altro estraniato mai così lontano dai fatti
educativi, dalle prassi quotidiane delle scuole. E allora di che si
parla? Con chi si parla? Perfino contro chi si parla? Con una
maggioranza vincente sugli errori della sinistra, ma paurosa come la
seconda davanti a scenari internazionali inquietanti? Può durare solo
un po’ il populismo di scelte poco pensate e tutte da discutere (il 5
in condotta così cala il bullismo, il maestro unico perché i bambini
hanno bisogno di un babbo, ecc….) tutti ricondotti al tradizionale
“buon senso” che è la storica sfortuna della cultura del nostro paese.
Poi i problemi della qualità dell’istruzione rimangono tutti se non
aggravati. Ma così non c’è partita, non c’è arbitro, non ci sono
neppure tifosi, ci sono solo spettatori attoniti dall’emergente
panorama dell’urlo decisionista senza futuro e senza sfumature. Ma come si fa a smettere di pensare? Siamo qui a dirci che fare, c
on uno straniamento in più.Rflessioni di Rafaele Iosa,
Scuola Oggi che ho fatto mie