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Le relazioni interpersonali e la percezione del sé

Post n°469 pubblicato il 11 Dicembre 2007 da sinemoiaquai
 


Instaurare un proficuo rapporto con gli altri attraverso la conoscenza del sé, comunicare col comportamento.



Rapportarsi con gli altri significa entrare in un complesso mondo di parole, gesti e messaggi non verbali che consentono a ciascun interlocutore di entrare in possesso di innumerevoli informazioni.
La capacità di comunicare correttamente queste informazioni, di comprenderle e di gestirle costituisce lo strumento per relazionarsi correttamente con gli altri.
Tale obiettivo, d’altra parte, può essere raggiunto solo a condizione di avere una buona conoscenza del sé che consente di attenuare le possibili interferenze nella comunicazione.
La percezione di sé è un percorso che costruiamo giorno per giorno soprattutto con
aiuti dall’esterno, ma anche dall’interno. Non esistono vie brevi per il percorso di
crescita personale e di conoscenza di sé.
Ognuno di noi nella propria vita instaura molteplici relazioni con gli altri.
Le relazioni iniziano con persone molto vicine come i genitori, si prosegue poi con gli amici, fino a giungere alle relazioni legate al mondo del lavoro e alle conoscenze superficiali. Aristotele dice che l’uomo è un animale sociale, il che significa che gli individui tendono per natura alla socialità.
Questa tendenza è interpretata dal carattere personale, che può inibire o rafforzare la socialità. (introversi/estroversi, orientati al sé/orientati alla comunità).
Il processo di comparazione sociale è quel processo che spiega come noi impariamo a conoscere noi stessi confrontando i nostri comportamenti e le azioni degli altri.
Tale processo usa gli altri come quadro di riferimento. Conseguenza del processo di comparazione sociale è che il concetto di sé varia a seconda del gruppo di riferimento e del gruppo di persone con cui si opera il confronto.

Un esempio è il detto popolare sul Tu come ti valuti?
“poco se mi considero, tanto se mi confronto”

Ogni volta che due o più persone si trovano insieme, esiste comunicazione in
quanto in una situazione di interazione non è possibile non avere un consequenziale comportamento.
Il comportamento a sua volta ha sempre il valore di messaggio e quindi comunica
qualcosa al nostro interlocutore.


Considerare la variabili interne ed esterne che influiscono sul processo comunicativo:
il sistema di interpretazione, l'empatia con l'interlocutore,la componente emotiva
implicita nella comunicazione .

Nel processo comunicativo entrano in gioco variabili esterne e interne di cui noi non siamo a conoscenza, ma che possono pregiudicare o rendere più efficace l'esito dello stesso. I fattori che interferiscono nella comunicazione sono molteplici. Le variabili esterne tipo la presenza di rumore, il contesto in cui si opera, la presenza o meno di minacce esterne ecc., e le variabili interne quali il sistema d'interpretazione, la cultura, lo stato d'animo e la capacità di percepire.


Vediamo ora come si articola il processo comunicativo:

l'individuo A elabora un messaggio e lo trasmette all'interlocutore B;

l'interlocutore B riceve il messaggio, lo valuta, elabora uno suo e lo invia
all'individuo A;

se tra A e B non si intromettono i fattori esterni o quelli interni il processo di comunicazione fluisce regolarmente e si ottengono i risultati voluti.
Se invece durante il percorso interviene un fattore alterante, la comunicazione si distorce e si creano incomprensioni ed equivoci.
Dunque, per realizzare una comunicazione efficace bisogna intervenire sulle cause della distorsione. In che modo? Per quanto riguarda i fattori esterni dobbiamo aver cura, soprattutto quando si comunica qualcosa d'importante e quando si fa un programma di lavoro, quando si trasmette un messaggio destinato a mettere in crisi
un interlocutore, di scegliere un luogo adatto, cioè privo di eccessivi rumori e di distrazioni, ma soprattutto un posto dove il nostro interlocutore possa sentirsi tranquillo e non minacciato.
Fra i fattori interni il sistema d'interpretazione è uno dei più influenti.
Ogni individuo percepisce la realtà che lo circonda in funzione della sua struttura mentale, la interpreta secondo un suo schema interno e di conseguenza crea un comportamento.
l nostro modo di vedere la realtà quindi non è "obiettivo". Una stessa realtà viene percepita dalle persone in modo diverso e questa diversità può creare talvolta
disagio e conflitti nelle relazioni interpersonali.
Nel processo comunicativo interpersonale ciascuno dei partner percepisce se stesso
e l’altro in modo soggettivo, cioè influenzato dagli atteggiamenti, i valori e le opinioni personali.
Se vogliamo quindi ottenere un vantaggio da una comunicazione dobbiamo capire come agisce il nostro interlocutore. Cosa pensa, come percepisce la realtà, come reagisce agli stimoli esterni; dobbiamo, sostanzialmente, metterci nei suoi panni e comportarci come lui. Tale capacità è ciò che viene chiamata empatia.
Non meno importanti sono la sua cultura e il suo stato d'animo.
Se ciò che diciamo turba il nostro interlocutore perché urta contro le sue credenze e convinzioni, abbiamo poche speranze di uscirne vincitori, a meno che non possediamo una grande capacità di persuasione e riusciamo a fargli cambiare idea.
Si parla di distorsione del messaggio quando, oltre a quello che intendiamo comunicare, si aggiunge ciò che non era nostra intenzione comunicare, per cui il messaggio percepito è diverso da quello inviato.
Ciò dipende, per lo più, dalla componente emotiva implicita in ogni comunicazione e dal fatto che ogni scambio è fortemente influenzato dalle diverse personalità che si mettono in relazione.
Ogni persona, infatti, possiede un proprio sistema di riferimento con cui si rapporta al mondo; tale sistema è determinato da fattori quali:
il sistema percettivo,
il concetto di sé, la storia personale, i bisogni affettivi, le capacità cognitive, la cultura
e i valori di riferimento, le motivazioni e le aspettative, i ruoli sociali e professionali,ecc.
Ma soffermiamoci ad analizzare uno solo di questi fattori, il ruolo sociale;
pensiamo a due situazioni tipo: il rapporto padre-figlio e quello con le persone in uniforme.
Nel rapporto padre-figlio la comunicazione conflittuale è nella norma ed è dovuta al gioco dei ruoli e non al rapporto interpersonale.
Così come una comunicazione fattaci da una persona in uniforme, che testimonia la credibilità del ruolo, risulta affidabile.
Se una persona non riesce a decentrarsi dal proprio sistema di riferimento non è in
grado di comprendere quello di un altro e ne risulta una comunicazione viziata.
E' infatti proprio la nostra identità che è costantemente in gioco nei processi di comunicazione e spesso è il desiderio di sentire confermata la propria identità o il timore che questa possa essere minacciata che influenza pesantemente la nostra
capacità di ascolto e di comprensione.

Comprendere le dinamiche delle relazioni sociali
attraverso adeguati strumenti di analisi


La finestra di Johary è un modello teorico che ci permette di comprendere le dinamiche delle relazioni sociali. Abitualmente tendiamo a fornire un'immagine di noi stessi e ad accettare l'immagine che gli altri ci forniscono di sé: "La norma
sociale impone di non dire ad altri la nostra impressione su di loro se differisce dall'immagine che essi presentano di se stessi"


        NOTO A ME            IGNOTO A ME
NOTO AD ALTRI                             PUBBLICO           CIECO
IGNOTO AD ALTRI                          PRIVATO             IGNOTO
  • area pubblica: corrisponde a quello che io so di me e
  • a quello che gli altri sanno di me;
  • area cieca: corrisponde a quello che io non so di me ma che gli altri sanno di me;
  • area privata: corrisponde a quello che io so di me , ma che gli altri non sanno di me;

  • area ignota: è sconosciuta a me e agli altri.

Per una buona comunicazione è importante saper cogliere il feed-back, ovvero l’informazione di ritorno, che ci viene veicolato dall'interlocutore sia con le parole
che attraverso il linguaggio non verbale.
Il feed-back è la risposta che si ottiene dopo averinviato un messaggio e che produce, a sua volta, un altro feed-back e così via.
Il feed-back può essere considerato un fattore di controllo della comunicazione,perché consente di verificare l'effetto che i nostri messaggi producono
sull'altro.
Attraverso il feed-back esprimiamo assenso o dissenso, accettazione o rifiuto,
comprensione o incomprensione, chiarezza o confusione.
Il feed-back positivo: è un messaggio di conferma, nel quale si approva ciò che l'altro ha detto (per es. la lode). Significa "Tu esisti, sono d'accordo con te".
IL feed-back negativo: è un messaggio di negazione di quanto è stato detto (per es.la critica). Significa "Tu esisti, ma non sono d'accordo con te".
La disconferma: è una comunicazione patologica perché non prende in considerazione ciò che l'altro ha detto.
Spesso è veicolata attraverso una comunicazione non verbale (per es. voltare il viso
dall'altra parte). Significa "Tu non esisti".

Il modello circomplesso ci ricorda la corresponsabilità che abbiamo con l'interlocutore nel definire una relazione comunicativa;
questo modello afferma che un atteggiamento di predominio induce nell'altro un atteggiamento di sottomissione e spesso anche di ribellione, ma anche un atteggiamento sottomesso induce il suo opposto.
Simmetria e complementarità non sono posizioni rigide:
ci sperimentiamo continuamente in queste diverse collocazioni, a seconda del contesto in cui comunichiamo, infatti questo chiarisce ulteriormente la relazione fra due interlocutori: per es. una frase detta in un'importante riunione assume un significato diverso se detta durante un intervallo.
Un'altra variabile che incide sulla comprensione del messaggio è il tipo di "punteggiatura" che ciascun individuo attribuisce alla sequenza di eventi
comportamentali: il diverso modo di "mettere le pause" in una stessa sequenza di
eventi si trova alla radice di innumerevoli conflitti.
Ogni comunicazione infatti, è un processo circolare e quindi non ha un inizio definito:
sono gli interlocutori che attribuiscono il valore di inizio a un punto qualunque del processo comunicativo.
La scelta può non coincidere dando origine a incomprensioni.

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Commenti al Post:
giampi1966
giampi1966 il 11/12/07 alle 15:11 via WEB
Ero molto timido, adesso un pò meno e la cosa mi ha penalizzato molto, comunque è incredibile come si riesca a percepire l'empatia con un altra persona anche attraverso strumenti impersonali come i messaggi via internet. Ad esempio tu mi sei stata molto simpatica sin dalla prima volta che ho letto i tuoi messaggi. Un abbraccio
 
 
sinemoiaquai
sinemoiaquai il 11/12/07 alle 17:33 via WEB
si, capisco. Anche se il mondo virtuale si intreccia sempre più con quello reale, il processo comunicativo qua è più mediato e a volte elusivo, ma altre paradossalmente più esclusivo, per il tipo di canale e per il fatto che spesso si è soli in tanti, mentre nel rapporto interpersonale vero vi sono molti elementi di confusione che possono portate disturbo, qui è un'incognita, Credo che sia questa la cosa che affascina di più nel web. Il mistero :)
 
 
abbeh
abbeh il 12/12/07 alle 15:54 via WEB
mi dispiace ma dissento totalmente: non esiste empatia nei rapporti che si instaurano attraverso i messaggi via internet. Uno degli elementi fondamentali del rapporto empatico è il feedback che riceviamo, in particolare il messaggio di ritorno basato sulla comunicazione non verbale. Oltre questo bisogna considerare il fatto che attraverso l'anonimato l'interlocutore può lasciarti vedere solo ciò che vuole farti vedere nascondando il resto o addirittura fingendosi diverso da come sa di essere nella realtà.
 
   
sinemoiaquai
sinemoiaquai il 13/12/07 alle 17:45 via WEB
un rischio che corriamo, vero. La comunicazione dal vivo può però esser disfunzionale per altri motivi: quando per esempio non traduciamo le ambiguità del metalinguaggio per paura di minacce o che la comunicazione si chiuda.
Mentre qui c'è dispersione per i motivio che hai scritto . La comunicazione è fasullamente comoda: Accendi e clikki, ma si tratta sempre di un confronto di solitudini!
 
     
abbeh
abbeh il 13/12/07 alle 18:06 via WEB
sei veramente convinta che si tratti di una questione di solitudine? certo è la cosa più plausibile forse per la maggior parte delle persone, ma non si può escludere che per altri sia il bisogno fisiologico di comunicare "tout court", il bisogno cioè di esprimersi in qualunque modo, indipendentemente da chi raccoglie il messaggio, pur di dimostrare (forse a se stessi) di essere "moiaquai"
 
giampi1966
giampi1966 il 12/12/07 alle 11:26 via WEB
E' vero siamo tutti avvolti da un alone di mistero.... forse siamo anche più liberi di dire quello che pensiamo. Ciao carissima
 
 
sinemoiaquai
sinemoiaquai il 13/12/07 alle 17:48 via WEB
dierto a un nick, forse si, la stessa libertà che cio rende prigionieri, Il mondo virtuale si intreccia con quello reale, i sentimenti e le sensazioni che ognuno di noi prova ci fa conoscere già un mondo virtuale: il nostro mondo interiore, è bello leggere nelal mnente degli altri nelal misura in cui lo vogliano e in cui riusciamo a liberarci dai nostri limiti. Dividere la comunicazione ad eventi relativi alla nostra disponibilità. Forse la facilità è questa: ma non sono sicura di averlo espresso nel modo più semplice, ora ! ;(
 
lacuriosacla
lacuriosacla il 12/12/07 alle 12:56 via WEB
Complimenti. le tue riflessioni sono interessantissime...e utilissime! Le farò leggere anche all'amica di cui parlo nel mio ultimo post. Vieni a trovarmi così capirai;) GRAZIE mille. Un abbraccio
 
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