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Il senso di autoefficacia

Post n°471 pubblicato il 15 Dicembre 2007 da sinemoiaquai
 

“Chi cammina, danza o volteggia su una corda a qualche metro da terra non è un funambolo.

Che il suo filo sia teso, lento, molleggiato o completamente libero,che egli lavori con o senza bilancere,viene chiamato ballerino sulla corda.Chi impiega nello stesso modo un filo sottile, di ottone o d´acciaio
diventa filferrista.Resta chi fa uno spettacolo che è simile a un gioco d´azzardo.
Chi è fiero della propria paura. Osa tendere cavi su precipizi,
si lancia all´assalto dei campanili, allontana e unisce le
montagne.Il suo cavo d´acciaio, la sua corda, devono essere tesi all´estremo.
Egli si serve di un bilancere per le grandi traversate.È il Ladro del Medioevo, l´Ascensionista del secolo
di Blondin, il Funambolo.”


S.o.s.emotivita’. Ecco come combattere fragilita’ e dipendenza.
Lo specialista
Albert Bandura si addentra fra le inquietudini e i punti deboli delle
giovani generazioni

Un uomo sempre più fragile, che non ha fiducia nelle proprie potenzialità e risorse, un "homo dipendens" sta vivendo questo inizio del terzo millennio. Se bastasse un libro a
trasformare questa fragilità in forza, "Il senso di autoefficacia" a
cura di Albert Bandura va nella direzione giusta (Centro Studi
Erickson, Trento 1996).
Perché "l’autoefficacia è la convinzione delle proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di azioni
necessarie per gestire adeguatamente le situazioni e al limite
influenzare gli eventi per raggiungere gli obiettivi prefissati".
Questa dimensione della personalità permette di migliorare
l’autocontrollo nei processi di apprendimento e studio, nella gestione
dello stress e nella modificazione dei comportamenti rilevanti per la
salute.
Bandura, studioso noto in tutto il mondo, tra i fondatori
della psicologia cognitiva, ci suggerisce quali strategie potrebbero
essere messe in atto per ritrovare la fiducia in se stessi.
Solo progetti educativi a livello familiare, scolastico e sociale, possono
aiutare l’essere umano a valorizzare potenzialità e risorse personali,
senza cadere nelle trappole allettanti delle dipendenze. Percorsi
formativi mirati possono sviluppare autofiducia e autostima,
autovalutazione, autocontrollo. Forti convinzioni di efficacia
consentono una maggiore perseveranza di fronte alle difficoltà,
riducono la paura dell’insuccesso, migliorano il pensiero analitico
finalizzato alla soluzione dei problemi. Le strategie di autoefficacia
sono state sperimentate con successo nella modificazione dei
comportamenti a rischio, nelle dipendenze dal fumo e da altre sostanze
legali e illegali, quindi possono educare i giovani a promuovere la
salute e favorire il benessere personale e sociale. Il libro potrebbe
orientare le politiche educative e gli interventi formativi nelle
scuole per delineare una inversione di tendenza: in primo piano l’uomo,
che difende la propria autonomia, ha cura del proprio corpo, dorme,
mangia si diverte senza lasciarsi condizionare. La psicoterapia o i
percorsi di prevenzione per far acquisire consapevolezza della propria
efficacia, malgrado le resistenze iniziali dei soggetti stessi, possono
trasformare la fragilità e l’insuccesso e modificare positivamente i
comportamenti per il cambiamento. Lo dimostrano con dati certi i
molteplici casi da noi seguiti e risolti, di studenti in difficoltà di
ogni ordine di scuola, dalle elementari all’università. In genere chi
ha fiducia nelle proprie forze ritiene di avere il controllo delle
situazioni (locus of control), mentre il timido, l’insicuro, anche se
ha successo, lo attribuisce alla fortuna o all’aiuto degli altri.

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 06/01/08 alle 18:21 via WEB
Mha sta cosa delle Columbine mi è sconosciuta! L'autoefficacia funziona come una giusta dose di ottimismo in sé stessi. Non mi dire che non vedi in giro, gente che magari le cose non le sa fare, ma si butta e a furia di sbatter la testa, impara, magari, o magari no ( e speriamo che le conseguenze non le paghi nessuno :( ma di certo non vegeta né si deprime. Watzlawich parla di realtà inventata, nel senso di non riuscire a percepire la realtà se non secondo il nostro sistema percettivo/reattivo. Qindi anche questo pregiudizio sugli americani tout court a me non sta bene, potrebbe avere la stessa funzione delal profezia che si autoavvera per noi italiani, sempre in ritardo di una quarantina di anni; oh noi con al nostra creatività potremmo cambiare il percorso; districarci dalle dipendenze, cercare vie alternative, ma con l'impegno di investire su di sé, nella propria autostima senza arrivare all'eccesso opposto della mitomania,magari . Se io ho stima di me stessa non ho bisogno di dimostrare A TUTTI I COSTI che so' di esser bella, posso fare a meno di torturarmi con la chirurgia plastica! Le aspettative di riconoscimento ci saranno sempre ma rivolte al "di dentro" nel senso magari di una gratificazione di rapporti sociali veri, non ritualistici , apparenti.Posso accettare i miei limiti e le mie fragilità ma non vedo cosa ci sia di amle nel cercare di migliorarsi
 
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