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PERLE DI SAGGEZZA

Ci vogliono il tuo nemico e il tuo amico insieme per colpirti al cuore, il primo per calunniarti, il secondo per venirtelo a dire. (Marrk Twain)

Colui che sorride quando le cose vanno male, ha già trovato qualcuno a cui dare la colpa. (Arthur Block)

 
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1980 I 37 GIORNI ALLA FIAT IX° PARTE

Post n°31 pubblicato il 19 Agosto 2010 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

Benvenuto fa un giro per i picchetti e verifica una forte diffidenza nei riguardi delle confederazioni.

A Venezia, nella riunione dei parlamentari socialisti d'Europa, Bettino Craxi afferma che è "per rinnovare il regime politico'. L'uscita di Merloni sulla seconda Repubblica, insomma fa qualche passo avanti.

A Tokio si firma raccordo Alfa/Nissan.

Il CIPI (comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale) rinvia l'esame del piano auto per vizio procedurale: non è stato fatto valutare al ministro per il Mezzogiorno.

Venerdì 10 Ottobre, trentunesimo giorno

Sciopero generale nazionale di tutte le categorie. La manifestazione a Torino si fa alla 5 di Mirafiori per rafforzare la centralità della lotta alla FIAT. Oltre 40.000 persone si raccolgono per l'occasione: numerose le delegazioni di altre fabbriche le lavoratrici. i giovani. I pensionati distribuiscono un volantino di solidarietà con la lotta FIAT.

Apre gli interventi Falcone, del CdF delle Carrozzerie Mirafiori. Benvenuto deve caricare molto le tinte del suo discorso di fronte a una piazza attenta che non gli consentirebbe sgarri. Tra l'altro afferma che nessuna ipotesi di Cassa integrazione è accettabile, se restano le liste discriminatorie. Riporta il colloquio con un operaio alla cui domanda, su come va a finire aveva risposto : "Le strade sono due: o molliamo noi o molla la FIAT"; e l'operaio aveva ribattuto: "No, compagno Benvenuto: o molla la FIAT o la FIAT molla". Parla anche Antonio Gil, delle Comisiones obreras della SEAT di Barcellona ritornato a Torino in una delegazione ufficiale; spiega l'identità della lotta nei due complessi auto. Interviene, leggendo un lungo appello con molte firme, una docente universitaria.

Nel pomeriggio, a Mirafiori, un cordone di polizia protegge l'uscita dei capi, infiltratisi nello stabilimento, alta porta 14.

La FIAT annuncia che a Cassino si è costituito un comitato "contro il blocco dei cancelli" e che esso ha inoltrato ai carabinieri un esposto. Alla FIAT-Allis di Lecce gli operai avevano avuto il permesso di entrare in mensa a fare l'assemblea, perché pioveva; ora vengono denunciati per "comportamento sconfacente". Nuove denunce a Torino contro gli operai aggrediti dai capi, alla Teksid di Crescentino e a Rivalta. Conferenza-stampa di Annibaldi: la FIAT non vuole penalizzare i sindacalisti con le sospensioni e non è vero che le liste prefigurano quelle di mobilità esterna. Non è vero che colpiscano in particolare le donne.

Sabato 11 Ottobre, trentaduesimo giorno

Giornata di manifestazione nazionale dei giovani in appoggio alla lotta FIAT. Da piazza San Carlo, verso le 9, si muove un corteo di circa 25.000 giovani. Quando sfila davanti al Lingotto, entusiastica accoglienza del picchetto. Dopo il lungo percorso, arriva alla porta 5. Comizio con un delegato di Mirafiori, una studentessa che riporta i contenuti su cui è stata indetta la manifestazione, una compagna dell'lntercategoriale donne CGIL-CISL-UIL che mette in relazione l'attacco contro il lavoro delle donne con quello sull'aborto. Conclude Garavini, con un intervento che concede molto a una fraseologia demagogicamente rivoluzionaria. Al termine, Ivan Della Mea canta "O cara moglie", una canzone sui 61 e "Bandiera rossa", con tutti in coro. Nel pomeriggio, festa popolare ancora con Della Mea e altri gruppi. Vari spettacoli un po' dappertutto. Benvenuto ha diversi incontri ai picchetti. Radio lotta annuncia che Psichiatria democratica ha sottoscritto un milione. Anche il sindacato dei lavoratori della PS annuncia un contributo. Il vescovo di Ivrea, mons. Bettazzi, aderisce alla sottoscrizione dei sindacati e il cardinale Ballestrero invita a intervenire a favore delle famiglie dei lavoratori "con ogni tipo di contributo".

Assemblea delle donne del PCI a Torino, con impegni per un maggior coinvolgimento delle donne non operaie della città.

Domenica 12 Ottobre, trentatreesimo giorno

Continuano i picchetti in tutte le situazioni.

La Stampa afferma che ieri capi e clandestini hanno prodotto 85 auto. La V Lega smentisce.

Lettera aperta della FLM ai capi, con richiesta di poter oartecipare all'assemblea convocata dal coordinamento capi e intermedi per il giorno 14.

A Mirafiori un capo reparto muore; colto da collasso mentre cerca di scavalcare.

Radio lotta annuncia che solo al pullman sono stati raggiunti 45 milioni di sottoscrizione; la cifra complessiva sta andando verso i due miliardi.

Lunedì 13 Ottobre, trentaquattresimo giorno

Continuano i picchetti in tutte le situazioni.

Gemellaggio davanti ai cancelli degli stabilimenti con compagni che arrivano inviati dai CdF di altre città e regioni: lombardi e toscani a Mirafiori, emiliani a Rivalta, liguri e di Novara alla Lancia.

Lavoratori della CIPAS denunciano che un gruppetto di dirigenti ha scassinato e fatto man bassa nella dispensa della mensa aziendale nella Carrozzeria Mirafiori.

Mirafiori, pomeriggio, porta 23: polizia e carabinieri bloccano le strade adiacenti, isolano la zona. Intimano al picchetto di sgomberare l'ingresso. I lavoratori, in numero insufficiente e impossibilitati a ricevere rinforzi, non possono opporsi. Escono così 5-6 pullman aziendali con le tendine calate; non è possibile capire quanti nè chi sono gli occupanti.

A Lingotto, in serata, il picchetto di via Passo Suole prende posizione perché si organizzi una contropresenza al teatro Nuovo, dove i capi si sono dati convegno per domani. Vanno a fare questa proposta (lanciata, nel frattempo, da un volantino della LCR) al cancello Carrozzerie, dove però trovano una secca opposizione di un operatore sindacale che sostiene che la manifestazione dei capi sarà un fallimento, che al massimo saranno 1.500 e che comunque andare al Nuovo significherebbe lo scontro fisico. Alcuni elementi estremisti danno una mano all'operatore, alzando il tiro ("o si occupa il Nuovo o non vale la pena di far niente") e facilitano l'operazione di pompieraggio.

II coordinamento capi fa sapere alla FLM che la sua presenza non è gradita e che i rappresentanti sindacali non saranno fatti parlare nè entrare.

I capi si mobilitano anche a Sulmona e a Termoli, dove occupano il consiglio comunale.

Riunioni separate a Roma di CGIL, CISL e UIL. Poi riunione congiunta, le tre confederazioni più la FLM e il coordinamento FIAT. I dirigenti spingono perché si passi all'articolazione ma la risposta del coordinamento è negativa.

Forlani incontra Lama, Camiti, Benvenuto e poi Foschi.

La procura emette 300 comunicazioni giudiziarie contro operai e delegati attivi ai picchetti.

1.218 capi e intermedi presentano alla procura, e per conoscenza al prefetto, alla FLM e agli enti locali, un esposto contro "la violenza dei picchetti" e richiedono ufficialmente che si faccia un referendum per vedere quanti vogliono ritornare al lavoro.

La proposta di Benvenuto ha trovato così un interlocutore.

La F IAT annuncia la produzione clandestina di altre 62 auto.

Martedì' 14 Ottobre, trentacinquesimo giorno

Mirafiori, porta 5. Manifestazione dei lavoratori delle mense.

Il procuratore capo Bruno Coccia e il sostituto procuratore

Bruno Tinti emettono un'ordinanza alla PS di Torino e ai Cc della cintura perché garantiscano gli accessi alla FIAT.

Il primo dei 300 denunciati per i picchetti è rinviato a giudizio.

Sei licenziati a Rivalta, accusati di essersi opposti all'aggressione dei capi.

Assemblea, al teatro Nuovo, del coordinamento capi. Il vicesindaco socialista Biffi Gentili subissato da un mare di fischi e urla. Non può parlare.

Fuori c'è molta gente. La giornata sarà pagata e la FIAT ha intimato loro di venire. La maggioranza però sta a vedere. E vede che non c'è contromanifestazione sindacale. C'è invece l'organizzazione del corteo. Cosi' si accodano.

I capi sono stati fatti affluire da tutta Italia. In realtà non sono più di 10-12.000 (questa anche la prima cifra ufficiale, della prefettura). Il corteo ha un carattere decisamente reazionario e antioperaio.

Gruppi di operai e delegati sono però per la strada. In piazza Castello gridano slogan contro la manifestazione silenziosa che si snoda verso via Garibaldi. Scioperanti anche davanti al comune: verso i capi, in numero enormemente superiore, volano monetine. Forte tensione, perché gli operai bloccano la porta. E infine i capi, tanti e tanti di più, arrotolano gli striscioni e se ne vanno. Lasciano a terra i cartelli e gli operai li prendono: riverniciati e con scritte più decenti, potranno essere riutilizzati, a partire dalla manifestazione delle donne prevista per sabato: sono belli e robusti, soldi non ce ne sono più: perché lasciarli sprecati?

La questura afferma che i capi erano 40.000. Questo diventerà il numero ufficiale, anche se moltiplica per 3 o per 4 la realtà.

Radio lotta emette i suoi due ultimi comunicati: tra l'altro annuncia un'assemblea, per le 21, al cinema Agnelli, convocata dai consigli circoscrizionali Mirafiori Sud, Nord e Basso Lingotto. Sottoscrizione di 300.000 lire di un gruppo di carabinieri e poliziotti di presidio a Torino.

Nel pomeriggio, incontro FIAT-sindacati.

Alle 22,30 la segreteria della CGIL-CISL-UIL e la FLM vanno "all'accertamento dell'ipotesi conclusiva". Tre ore di corteo di 12.000 capi sembrano valere di più, per Lama-Carniti-Benvenuto, di 35 giorni di lotta di oltre 100.000 operai e di milioni di lavoratori scesi in piazza al loro fianco in tutta Italia.

Mercoledì 15 Ottobre, trentaseiesimo giorno

Già nella notte si è diffusa la notizia dell'ipotesi di accordo.

All'alba l'apparato del PCI è mobilitato ai cancelli per convincere i suoi militanti che bisogna accettarla. Arriva un volantino della federazione torinese del PCI, che va in questo senso. Ma gli operai del PCI si rifiutano di distribuirlo; lo fanno, molto parzialmente, quelli dell'apparato della federazione.

I picchetti diventano enormi, perché si è diffusa la voce dell'ingiunzione della magistratura e si prevede un intervento della polizia. Giunge anche la notizia che alla Lancia di Verrone, protetti dai carabinieri, cento capi hanno travolto il presidio.

Duro fronteggiamento, alle 4 del mattino, davanti alla porta 6 di Mirafiori. Una 127 rossa della V Lega percorre i viali diffondendo questo messaggio: "Qui Radio lotta. Invitiamo alla calma e a non forzare i picchetti. Discutiamo".

Alle 7, quattro blindati sbucano a tutta velocità da corso Unione sovietica e si dirigono alla porta 13. Ne scendono una ventina di carabinieri con fucili e lacrimogeni innestati. Dopo due minuti di teso fronteggiamento, risalgono sui blindati e vanno a fare la stessa scena intimidatoria alla 14.

Davanti a tutti i cancelli discussioni, assemblee volanti.

Il GR2 annuncia l'arrivo a Torino dei dirigenti sindacali per riferire al Consiglione l'ipotesi di accordo.

Pomeriggio. Cinema Smeraldo, riunione del Consiglione. La sala è affollatissima di delegati, operatori sindacali, operai di tutte le situazioni. Primi slogan: "Da Torino al Meridione/non vogliamo nessun bidone" e "E' ora, è ora di cambiare/ la segreteria se ne deve andare".

La riunione comincia in ritardo. Il primo ad arrivare è Lama.

Qualche applauso ma soprattutto "Lama, Camiti, Benvenuto/il posto di lavoro non va svenduto",

Ed è cosi' per tutta la riunione: interventi, proteste, slogan, fischi.

Mattina, con molta difficoltà riesce a concludere l'intervento introduttivo. Tutta la direzione sindacale è schierata per l'accettazione dell'ipotesi. Dicono che è l'espressione dei rapporti di forza, che negli ultimi giorni si sono evidenziate spaccature tra i lavoratori, che si deve andare immediatamente alla verifica delle assemblee senza passare per i Consigli.

Anche i dirigenti tradizionalmente più a sinistra sono contestati. Molti non se la sentono neppure di intervenire perché tutto il Consiglio è contro, tranne un paio di interventi. Anche un operatore sindacale, d'altra parte, si schiera con i delegati i cui interventi sono molti duri e applauditissimi. Denunciano, nell'ipotesi di accordo, la svendita della lotta e dei suoi contenuti, i pericoli di creare spaccature questa volta si insanabili tra i lavoratori. Attaccano le responsabilità dei dirigenti durante tutta la conduzione della vertenza, il cedimento alle pressioni della FIAT, del governo, dei mass media e infine alla manifestazione dei capi. Esigono che il Consiglio vada alle assemblee solo dopo aver votato una posizione.

Ma l'assemblea non si chiude affatto. I delegati restano. Rocco Papandrea, delegato di Mirafiori, propone una mozione che rifiuta l'ipotesi di accordo. Circa mezz'ora di interventi, poi la mozione passa praticamente all'unanimità (uno o due contrari, una decina di astenuti). Dopo circa 10 ore il Consiglio ha dunque potuto esprimere la sua posizione; no all'ipotesi di accordo.

Giovedì 16 Ottobre, trentasettesimo e ultimo giorno

Si tengono le assemblee per l'ipotesi di accordo. Segue a queste note di cronaca la ricostruzione complessiva del voto. Lama alle Carrozzerie, Benvenuto alle Presse e Carniti alle Meccaniche. Tutti e tre a Mirafiori. Tensione ovunque altissima.

La maggioranza degli interventi è contro l'accordo. Sporadici quelli del tipo: "L'accordo non ci piace ma dobbiamo gestirlo". Molto fischiati. Una parte degli operai se ne va prima della votazione. Arrivano invece, in forze, proprio quando si vota, capi, intermedi e impiegati crumiri. La scena è dappertutto quasi la stessa: gli operai che assistevano all'assemblea sono attorno all'oratore, quando si alzano le mani per il si non le vedono, perché sono lontane, tutto intorno e perché ci sono gli ombrelli che nascondono la visuale. In realtà, quando vedono tutte le mani di chi sta vicino al palco alzarsi per il no sono convinti di aver vinto.

Per questo la rabbia, lo sgomento, la convinzione di essere stati imbrogliati al momento della proclamazione del risultato per il Sì.

Per questo la reazione rabbiosa di alcuni, particolarmente accesa alle Meccaniche, dove volano sassi verso l'auto in cui si è rapidamente ritirato Camiti.

Al secondo turno, tensione ancora più alta perché gli operai sanno come è andata al primo. Sanno anche che sono stati i capi e i crumiri a rovesciare il risultato. Cosi in molti casi si organizzano (per esempio, a Lingotto) per non farli partecipare al voto. Si propone, altrove, di alzare il tesserino, per fare la conta separata dei tesserini gialli (operai) e di quelli di diverso colore. Con queste precauzioni, in ogni modo, si ha la possibilità di verificare che la maggioranza netta degli operai è contro l'accordo. (Il giorno dopo verrà replicate anche il voto della Meccanica Mirafiori del primo turno e, poiché questa volta voteranno solo gli operai, l'ipotesi di accordo sarà respinta).

Dopo la conclusione delle assemblee si formano alcuni cortei (da Lingotto e da Mirafiori) che confluiscono alla porta 5. Una proposta di fare subito un'assemblea per decidere come organizzarsi viene fatta saltare da un settore estremista che sull'esasperazione del momento, riesce ad organizzare un corteo che vuole andare alla RAI. Qualcuno, poco dopo, sfascia anche una macchina della RAI, una telecamera e ferisce l'operatore

 
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1980 I 37 GIORNI ALLA FIAT X° PARTE

Post n°30 pubblicato il 19 Agosto 2010 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

Arrivano in forze.
Approfittando della stupida provocazione, polizia e carabinieri e la carica è evitata per un pelo. I delegati delle varie situazioni, gli operatori della V Lega. giunti proprio allora, e un certo numero di operai riprendono il controllo della situazione, fanno dei cordoni e concordano un percorso di corteo con la polizia: si arriva così a Lingotto, spiegando per strada ai cittadini che l'accordo è stato respinto dalle assemblee al secondo turno.

Sera. Un comunicato CGIL-CISL-UIL annuncia che l'accordo si ritiene approvato.

Sempre in serata, riunione in via Porpora dell'apparato torinese della FLM. L'apparato decide di far proprio il comunicato dei confederali. Viene indicata l'esigenza di fare assemblee e di recuperare il rapporto con i Consigli di fabbrica. Nella notte si tolgono i presidi. Solo alla porta 3 di Mirafiori a a Chivasso restano, fino all'alba, i picchetti.

Al ministero del Lavoro di Roma i dirigenti Fiat stanno per essere ricevuti dal ministro Foschi.

Sono le 16,30 dell'11 settembre 1980. Alla sede torinese di Cgil-Cisl-Uil tre commessi dell'Unione industriali consegnano altrettante raccomandate a mano; sono l'annuncio da parte della Fiat di 14.496 licenziamenti.

È l'atto di apertura della vertenza sindacale più dura e determinante dalla fine della Seconda guerra mondiale, in Italia. L'esito di quello scontro di classe pesa ancora in modo notevole sui rapporti di forza tra lavoratori e padronato, ancora oggi e in tutti i settori della classe lavoratrice. Per capire lo sviluppo e le conseguenze, è necessario indagare sul contesto storico dello scontro.

 
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IL TERRORISMO

Post n°29 pubblicato il 19 Agosto 2010 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

IL TERRORISMO

In questa situazione la combattività dei lavoratori comincia ad incrinarsi, calano le ore di sciopero e soprattutto la partecipazione attiva dei lavoratori a manifestazioni ed assemblee. Il movimento dei lavoratori è disorientato ma non ancora battuto. Se sul piano sindacale i lavoratori vedono restringersi gli sbocchi, la situazione non è migliore a livello politico; la direzione del Pci, sulla base della teoria del Compromesso storico di Berlinguer, si astiene sulla fiducia al governo monocolore Dc nel 1977 e poi entra nella maggioranza capeggiata dalla Dc nel 1978 (periodo dell'Unità nazionale). La direzione del Psi finisce per imitare quella del Pci.
 I gruppetti settari dell'estrema sinistra sono completamente frastornati ed incapaci di rappresentare un'alternativa credibile. Molti dei loro dirigenti andranno in cerca di un posto di funzionario o di parlamentare nel Pci o nel Psi. La loro esigua base fra i lavoratori comincia a ritirarsi dall'attività politica; alcuni fanno la scelta disperata e criminale del terrorismo. Il terrorismo che si sviluppa in Italia alla fine degli anni '70 è il risultato della delusione delle speranze di cambiamento dopo un decennio di lotte e dopo che le vittorie elettorali della sinistra nel 1975 e nel 1976 sono rimaste senza risultati di cambiamento.

 
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LE PRIME SCARAMUCCE

Post n°28 pubblicato il 19 Agosto 2010 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

LE PRIME SCARAMUCCE
La lotta per il contratto del 1979 rappresenta il tentativo della Fiat di saggiare la consistenza del nemico. Sulla vertenza contrattuale del 1979, infatti, l'azienda si impunta; 100 ore di sciopero non piegano la resistenza padronale. L'azienda può permetterselo (tanto gli autoparchi sono stracolmi) ed è confortata ad insistere grazie alla partecipazione agli scioperi non elevata e passiva da parte dei lavoratori.

Oltre ai fattori di carattere generale prima esposti, pesa sui lavoratori della Fiat l'atteggiamento dei vertici sindacali; le direzioni di Cgil-Cisl-Uil hanno imposto una piattaforma rivendicativa non condivisa dalla maggioranza delle assemblee di fabbrica. Ad appesantire l'atmosfera di pessimismo fra i lavoratori e a rendere più arrogante il padronato contribuisce anche la sconfitta elettorale del Pci nel giugno 1979, la prima dal 1948; per la direzione del Pci sono i primi frutti amari della politica dell'Unità nazionale.

Quando l'azienda porta lo scontro più a fondo e decide la messa in libertà di migliaia di operai, la risposta della direzione dell'Flm (sindacato metalmeccanici) è demoralizzante per i lavoratori: continuare gli scioperi articolati, ma cercando di garantire scorte di materiale in tutte le sezioni! In altre parole scioperare cercando di minimizzare i danni recati alla controparte. Molti delegati cominciano a ribellarsi all'indirizzo che viene dai vertici sindacali.

Allo stabilimento di Lingotto, dove è maggiore la concentrazione di giovani neo-assunti, per primi franano gli argini della mediazione sindacale; gruppi di centinaia di operai si riversano per la città di Torino, improvvisando blocchi stradali e occupazioni simboliche della Rai, de La Stampa e della stazione ferroviaria. A Lingotto la produzione è bloccata a oltranza. Dopo sette giorni i vertici sindacali firmano un accordo con i padroni dell'azienda che lascia ai lavoratori molto amaro in bocca: varie conquiste del 1969 vengono rinnegate.

Con la vertenza contrattuale conclusasi nel luglio del 1979 gli Agnelli e i loro galoppini hanno riportato una vittoria solo parziale, ma hanno saputo molto sulla consistenza dell'avversario: la direzione sindacale è più disposta a mediare che a lottare, mentre la combattività dei lavoratori, sotto la rassegnazione apparente, può riaccendersi rapidamente.

 I 61 licenziamenti

 Da questo punto di vista va interpretata la decisione, nel novembre del 1979, di licenziare 61 lavoratori,  a luglio; i 61 vengono licenziati con motivazioni generiche, ma facendo filtrare sottobanco l'idea di un possibile loro collegamento con il terrorismo.

La  direzione del sindacato, nel propagandare lo sciopero, pone l'accento sulla lotta contro il terrorismo  e i licenziamenti. Lo sciopero fallisce. Subito la segreteria confederale convoca un'assemblea al Palasport con gli operai Fiat.

Alla richiesta di intensificare la lotta sindacale, la segreteria di Cigl-Cisl-Uil risponde che il nemico sono il terrorismo e la violenza.

 La diffidenza tra operai e vertici sindacali si approfondisce. All'inizio del 1980 gli iscritti al sindacato alla Fiat scendono al 25 per cento circa. Ad incoraggiare di fatto il distacco dalla base da parte dei vertici sindacali, concorrono anche membri della direzione del Pci come Giorgio Amendola. Amendola, in un suo discorso divenuto famoso in quel periodo, richiama i dirigenti sindacali all'applicazione della "linea dell'Eur" e condanna quelli che gli operai hanno sempre considerato come una loro conquista: i Consigli di Fabbrica. Amendola critica il "sindacato dei Consigli" e ne chiede il superamento. Il terreno per l'attacco decisivo da parte della Fiat è ormai pronto. Ai primi del maggio 1980 l'azienda torinese mette in cassa integrazione 78.000 operai per sette venerdì consecutivi; la direzione sindacale reagisce solo verbalmente. Il primo luglio Umberto Agnelli, allora amministratore delegato, davanti all'assemblea degli azionisti ribadisce il proposito di licenziare 15.000 lavoratori.

 Lo scontro dei 35 giorni

 Primo settembre 1980, lunedì: la Fiat riapre i cancelli dopo le ferie, ma torna al lavoro solo metà dei dipendenti; gli altri rimangono in cassa integrazione per due giorni. Il vertice sindacale sta a guardare e la paura per il posto avanza tra i lavoratori.

 8 settembre, lunedì: riprende il negoziato tra Fiat e sindacato. La direzione Fiat insiste per 12-15.000 licenziamenti e 24.000 da cassa integrare a zero ore e senza rotazione, il giorno successivo l'annuncio formale dei licenziamenti. La direzione del sindacato indice 3 ore di sciopero nel gruppo Fiat a partire dalle otto del giorno successivo.

 11 settembre, giovedì: lo sciopero parte subito alle sei in quasi tutti i reparti del gruppo. Rivalta è bloccata e la Lancia di Chivasso è bloccata con i cancelli presidiati. Da Mirafiori e dal Lingotto escono cortei enormi; in testa al corteo di Mirafiori il ritratto di Karl Marx.

 12 settembre, venerdì: la produzione è bloccata in tutti gli stabilimenti.

 15 settembre, lunedì: la direzione dell'Flm accetta di parlare di "mobilità esterna", cioè, più semplicemente, di licenziamenti. Mentre i lavoratori si preparano a moltiplicare l'intensità della lotta, c'è già chi, nella direzione del sindacato, comincia a trattare la resa.

 17 settembre, mercoledì: sciopero provinciale dei metalmeccanici; manifestazioni imponenti; in testa alle mobilitazioni, oltre ai Consiglio di fabbrica (Cdf) i giovani e le donne recentemente assunti.

 25 settembre, giovedì: sciopero generale dei metalmeccanici e sciopero generale del Piemonte. I lavoratori chiedono lo sciopero generale nazionale di 8 ore. Uno degli slogan più diffusi è: "Danzica, Stettino, lo stesso sarà a Torino!". Quando la manifestazione si chiude, migliaia di lavoratori e studenti da varie parti d'Italia devono ancora entrare in piazza San Carlo. Su pressione della base, le segreterie sindacali accettano che si passi all'occupazione qualora non vengano ritirati i licenziamenti. La risposta dei lavoratori sta superando le previsioni della Fiat, che lo stesso giorno invia a tutti i dipendenti una lettera in cui spiega perché il sindacato avrebbe torto.

 26 settembre, venerdì: Enrico Berlinguer, segretario del Pci, visita gli stabilimenti e parla a migliaia di lavoratori. Alla sera si tiene una grande manifestazione del Pci; Berlinguer esprime il pieno appoggio del Pci per sconfiggere la posizione del padronato Fiat. L'entusiasmo dei lavoratori è all'apice. Sette anni più tardi, alla trasmissione televisiva Mixer, un protagonista di quei giorni dichiarerà: "Ci rendevamo conto che sul piano strettamente sindacale non c'era sbocco. L'unica possibilità era una svolta politica generale, un governo delle sinistre che desse il potere ai lavoratori e lo togliesse agli Agnelli". Per tutti gli operai è chiaro che solo il Pci può guidare questo cambiamento.

 27 settembre, sabato: cade il governo Cossiga. La direzione della Fiat, "per spirito di responsabilità" rinvia i licenziamenti sino a fine anno, ma conferma la decisione di cassaintegrare migliaia di lavoratori (senza più specificare quanti) in tempi rapidi. I padroni sono spaventati dalla decisione dei lavoratori e fanno una ritirata tattica. Qui invece la direzione del movimento dei lavoratori denuncia tutti i suoi limiti; mentre la direzione del Psi è ormai al governo, le direzioni nazionali del sindacato e del Pci non sembrano cercare la vittoria, bensì una mediazione. Come il padrone si ritira, cominciano a far ritirare anche i lavoratori. Infatti, in questa nuova situazione, le direzioni di Cgil-Cisl-Uil si affrettano a revocare lo sciopero generale. La direzione del Pci, dal canto suo, esce con un manifesto che titola: "Vittoria operaia; caduto il governo; ritirati i licenziamenti".

 29 settembre, lunedì: in tutti gli stabilimenti del gruppo le assemblee decidono la continuazione della mobilitazione, ma serpeggia l'incertezza e il disorientamento. I vertici sindacali hanno ripreso le trattative con la Fiat a Roma in presenza del ministro del Lavoro, Foschi.

 30 settembre, martedì: il padronato coglie la palla al balzo e, insieme alla busta paga, consegna ad oltre 23.000 lavoratori la lettera che annuncia la cassa integrazione a zero ore per tre mesi. La cassa integrazione colpisce i delegati Flm, i lavoratori più combattivi, i giovani e le donne. Poi ci sono gli invalidi e gli handicappati. È un provvedimento antisindacale che tenta di dividere i lavoratori; si fa sapere chi è direttamente nel mirino del padronato e chi invece no.

 Il consiglione di Mirafiori che riunisce i delegati di tutti gli stabilimenti decreta il blocco dei cancelli e delle merci e chiede lo sciopero generale nazionale.

 Primo ottobre, mercoledì: si fanno le assemblee, il dibattito fa prevalere la combattività sulle perplessità e i timori che cominciavano a manifestarsi. Si organizzano ufficialmente i presidii ai cancelli.

 La Fiat avvia una campagna pubblicitaria sulla vertenza con intere pagine a pagamento sui giornali. La Fiat sostiene che i cassa integrati non sono destinati a perdere il posto.

 2 ottobre, giovedì: alla porta 5 di Mirafiori viene dipinto su di un grande drappo rosso il ritratto di Marx. In pochi giorni il ritratto di Marx compare ai presidii di tutti gli stabilimenti del gruppo.

 3 ottobre, venerdì: continuano i presidii, molto nutriti anche di notte. Arrivano telegrammi di solidarietà dei lavoratori della Volvo, della Seat, dei lavoratori polacchi e cileni.

 La Fiat ritira i dirigenti da Rivalta e Cassino. I lavoratori della Fiat di Bruxelles e Waterloo bloccano l'invio a Torino di 2.300 vetture. Continua il blocco delle merci a Desio in Lombardia. Davanti ai cancelli partecipano al blocco delegazioni dei Cdf di varie parti d'Italia.

 5 ottobre, domenica: Lama, Carniti e Benvenuto si incontrano con Romiti a Roma alla presenza del ministro Foschi. Il ministro autorizza la cassa integrazione per un mese a partire da lunedì.

 Alla sera Annibaldi, portavoce della Fiat, minaccia rappresaglie per chi, non autorizzato, entrerà in fabbrica.

 6 ottobre, lunedì: ai presidii arrivano migliaia di lavoratori, c'è tensione. Iniziano le assemblee alle porte, si invitano i lavoratori ad entrare senza timbrare i cartellini. Gli operai entrano in fabbrica senza timbrare. Un altro tentativo del padronato per dividere i lavoratori non è riuscito. Quella mattina si tiene a Mirafiori la più numerosa manifestazione operaia nella storia della Fiat.

 7 ottobre, martedì: i presidii proseguono con alta presenza di lavoratori. La Fiat comincia l'opera di aggregazione e pressione sui capi, si parla di lettere inviate direttamente alle case dei singoli capi. Il padrone ha trovato un punto debole nello schieramento dei lavoratori. Un comunicato di un sedicente Coordinamento quadri intermedi, capeggiato dal repubblicano Arisio, denuncia una situazione di violenza a causa dei presidii.

 9 ottobre, giovedì: alcune persone in due automobili cercano di sfondare i cancelli di Mirafiori. Tra loro sono riconosciuti noti picchiatori fascisti. Alcuni feriti fra gli operai. A Chivasso i carbinieri stazionano davanti ai cancelli per consentire l'entrata dei dirigenti, che peraltro nessuno ostacola. A Rivalta nel pomeriggio sfila un corteo di capi e impiegati.

 12 ottobre, domenica: la Fiat sparge la voce, tramite la stampa "indipendente", che alcune 127 sarebbero state prodotte a Mirafiori.

 14 ottobre, martedì: al Teatro Nuovo si raduna la destra di Torino attorno al Coordinamento quadri intermedi. Parte un corteo che si ingrossa lungo la strada per la partecipazione di molti negozianti (lo sciopero ha fatto calare le vendite). La Tv alla sera parla di 20.000 persone in corteo. Sulla stampa "indipendente" i partecipanti nel giro di due giorni diventano 30-35.000. Passerà alla storia come il corteo dei 40.000.

 Gli operai sono pronti ad un'immediata contromanifestazione. Ma dai vertici sindacali arriva solo il silenzio; si parla anche di un vero e proprio veto. Il governo ingiunge alla procura di Torino la rimozione dei presidii. Nella notte arrivano foltissime delegazioni, in massa quella milanese.

 15 ottobre, mercoledì: i carabinieri davanti ai presidii sono riluttanti ad intervenire. Centinaia di capi e impiegati cercano di entrare, ma i presidii, affollatissimi, tengono. Il vertice sindacale, a Roma, cede. La sostanza dell'accordo è questa: rimane la cassa integrazione a zero ore per i 23.000 senza rotazione. I delegati riuniti al cinema Smeraldo respingono l'ipotesi d'accordo.

 16 ottobre, giovedì: si tengono le assemblee con l'intervento diretto dei vertici nazionali del sindacato. L'accordo non piace praticamente a nessuno tra gli operai. Ma gli operai si sentono traditi dai dirigenti e abbandonati al loro destino. La paura per il posto si ridesta. C'è la sensazione che ormai sia tutto deciso e che ogni resistenza sia inutile. Carniti e Benvenuto vengono malmenati dagli operai. Le assemblee, pur con la partecipazione dei crumiri (capi e impiegati) hanno un esito incerto; la direzione di Cgil-Cisl-Uil decide che "nell'insieme si registra una maggioranza favorevole all'accordo".

 In proposito il 18 ottobre, il Cdf della Fiat Lingotto diffonde un documento sull'accordo molto esplicito. Ne riportiamo alcuni passi: "Sull'accordo Fiat... il giudizio è estremamente negativo sia per quanto riguarda il metodo e sia per quanto riguarda il merito. In particolare sulla mancata rotazione della cassa integrazione e sulla mobilità esterna... La scelta del non confronto con i consigli, arrivando all'accusa di non rappresentatività, degli stessi, la scelta di andare direttamente alle assemblee dei lavoratori, strumentalizzandole, rappresenta la chiara volontà di accantonare il sindacato del controllo operaio in fabbrica...

 "La conclusione di questo accordo è legata più ad orientamenti politici derivanti dall'impostazione seguita dalla federazione Cgil-Cisl-Uil, che a reali rapporti di forza esistenti in fabbrica: infatti la scelta politica che la maggioranza del gruppo dirigente sindacale ha fatto è quella di voler cambiare la natura di questo sindacato. In sostanza l'attuale gruppo dirigente del sindacato ha di fatto accettato che per uscire dalla crisi si deve privilegiare la competitività del prodotto basata sull'aumento dello sfruttamento dei lavoratori. La stessa causerà un restringimento della base produttiva creando una polmonatura di manodopera da utilizzare nei momenti di oscillazione del mercato..." (approvato all'unanimità).

Conclusioni

 L'ambiente negli stabilimenti Fiat dopo l'accordo è quello di una resa totale da parte della classe lavoratrice alla repressione padronale; gli spostamenti dei delegati sono limitati; è vietata la diffusione di giornali e materiale sindacale; è proibito agli operai riunirsi in più di 3, anche durante le pause. Gli scioperi indetti alla Fiat di Torino saranno fino ad oggi un fallimento. La sconfitta dell'80 alla Fiat è una tappa negativa per tutto il movimento deilavoratori italiani. Ricordo di operai che messi in cassa integrazione si sono ammalati di depressione grave, famiglie sfasciate,qualche operaio si è anche suicidato, molti operai sono tornati al paese d'origine pur di sopravvivere e mantenere decorosamente la famiglia.

Dall'80 all'88 i disoccupati sono quasi raddoppiati, mentre nello stesso periodo il Pil italiano è cresciuto del 16 per cento e i profitti delle società quotate in Borsa sono aumentati dell'800 per cento. Grosso modo quello che è passato alla Fiat è passato in tutti i luoghi di lavoro in Italia.

Vorrei ricordare che dal 43 al 45 furono gli operai a difendere dai Tedeschi gli stabilimenti Fiat a Torino , finita la guerra torno' al comando Vittorio Valletta che molti lo ricordano per la dura repressione nei confronti degli operai sindacalizzati che venivano confinati in un reparto soprannominato reparto confino o stella rossa il lavoro di questi operai consisteva nel radrizzare chiodi arruginiti che tanto poi venivano buttati via  senza vedere e parlare con nessuno durante il turno di lavoro, pena il licenziamento, all'epoca c'erano le commissioni interne e oltre ai sindacati storici c'era anche un sindacato sopranominato sindacato giallo molto sensibile alle esigenze della Fiat, non a caso il padre dello Statuto dei lavoratori Gino Giugni nello Statuto dei lavoratori fece inserire un articolo che vieta ai datori di lavoro di costituire sindacati di comodo, sempre in quegli anni nel 61 ci fu' la rivolta degli operai della Fiat in Piazza Statuto in quanto un sindacato aveva firmato da solo il contratto dei metalmeccanici, che era molto penalizzante per i lavoratori, le lotte del 68 e 69 cambiarono un po' le cose all'interno dei luoghi di lavoro. A metà degli anni 70 arriva al comando della Fiat Cesare Romiti che aveva l'obbiettivo di distruggere il movimento sindacale, e vero che nell'80 il sindacato ebbe una dura sconfitta, ma guarite le ferite e ritornato a essere un punto di riferimento importante  per i lavoratori. Oggi al comando della Fiat c'e Marchionne a lui dei contratti non importa nulla, ed il sindacato gli stà stretto.

 
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OBAMA VUOLE USCIRE DALLA CRISI ECONOMICA CON MISURE CONCRETE, BERLUSCONI FA SOLO ANNUNCI

Post n°12 pubblicato il 26 Marzo 2009 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama sta lavorando sodo per fare uscire dalla crisi economica l'America, mentre Berlusconi dice solo di volere fare uscire l'Italia dalla crisi, qui sta la differenza; mentre il Presidente degli USA sta adottando tutte le misure per evitare il tracollo economico, il Presidente del Consiglio Italiano vuole curare la crisi con annunci clamorosi, e pannicelli caldi, per esempio piano casa, Tremonti bond, e prestiti annunciati alle banche e alle industrie, ma per ora solo annunciati. Le statistiche dicono che quattro famiglie su dieci in Italia non c'è la fanno più ad arrivare a fine mese, l'aumento delle richieste del quinto dello stipendio ha una crescita esponenziale, quindi significa che molte famiglie sono praticamente indebitate, sia con le finanziarie sia con la cessione del quinto dello stipendio. questo significa che molte famiglie si trovano ingabbiate nella rete delle rate non è un gioco di parole ma una triste realtà.

Berlusconi a continua a dire che gli Italiani dovrebbero spendere di più, ma se i soldi non li hanno come fanno a spendere, chi non ha la casa di proprietà ma abita in un alloggio affittato, metà dello stipendio se lo assorbe l' affitto, poi c'è luce gas telefono e con quello che rimane fa la spesa per mangiare rigorosamente al discaunt.  La disoccupazione aumenta insieme alla cassa integrazione e alla mobilità anche perché in questo periodo di crisi ci sono alcune aziende che ne approfittano per  de-localizzare  portando la produzione in quei paesi dove il costo del lavoro è molto basso (paesi dell'est) creando altri licenziamenti, ci  sono le banche che hanno chiuso i rubinetti dei prestiti alle piccole e medie imprese, queste piccole aziende sono quasi al collasso per colpa della politica che stanno facendo le banche, che comunque hanno sempre lavorato e continuano a lavorare con i soldi degli altri difficilmente le banche lavorano con i propri soldi.

Perché non prova Berlusconi a dire ai petrolieri che il petrolio è sceso a cinquanta dollari al barile quindi potrebbero abbassare benissimo il costo dei carburanti visto che molte merci viaggiano su gomma, potrebbero diminuire i costi del trasporto delle merci, ma i petrolieri invece sono velocissimi ad aumentare i carburanti appena il petrolio sale di un dollaro al barile.

Perché non prova Berlusconi a far ripartire l'occupazione cominciando dall'ammodernamento delle infrastrutture strade, autostrade, ferrovie visto che sono malridotte: un esempio per tutti l'autostrada Salerno Reggio Calabria, il Ponte di Messina sarà forse importante ma se le infrastrutture per arrivarci sono fatiscenti è una cattedrale nel deserto.

Perché non prova ha dare un salario ai disoccupati che hanno perso il posto di lavoro, aumentare le pensioni sociali anziché ridurre gli anziani pensionati alla fame, trovare la formula per dare una indennità alle casalinghe visto che lavorano almeno sedici ore al giorno, dato che la maggior parte di quelli che hanno perso il lavoro sono donne, in questo modo anche le famiglie monoreddito potrebbero arrivare quasi alla fine del mese.

Caro presidente Berlusconi le soluzioni per uscire dalla crisi ci sarebbero basterebbe cominciare a fare qualcosa non solo fare annunci su giornali e televisioni, illudendo chi lo ascolta molta gente continua a vivere nella disperazione di tutti i giorni e Lei fa solo annunci di buoni propositi ma di concreto fino a oggi non sta facendo gran che.

 

 
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BERLUSCONI FA FATICA A VEDERE LA CRISI

Post n°11 pubblicato il 14 Marzo 2009 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

 

Nonostante  la crisi economica peggiora di giorno in giorno il Cavaliere non riesce a vedere che sia così.

Lui il Cavaliere non vede che ogni giorno,ci sono aziende che chiudono i battententi, che mettono i lavoratori in cassa integrazione, in mobilità quando addirittura licenziano.

Gli altri Stati cercano non solo di vedere la crisi ma cercano anche di mettere in campo delle misure per affrontarla, cercano di alleviare il macigno che ogni giorno cerca di schiacciare tutte le famiglie, cercano di fare ripartire in qualche modo l’economia con misure anche drastiche.

In Germania per esempio Imprenditori e Sindacati stanno facendo degli accordi per non de localizzare le fabbriche ovvero per non portare la produzione in paesi come la Polonia o paesi della ex Jugoslavia dove il costo del lavoro e molto basso, in questo modo le aziende continueranno a produrre in Germania, e non hanno bisogno di licenziare, e una piccola misura forse ma salva molti posti di lavoro.

Il Cavaliere invece si inventa la detassazione degli straordinari, ma se le aziende chiudono oppure si trovano in cassa integrazione chi mai può beneficiarne di questa norma, lo sa solo lui, oltretutto quando ha fatto il Decreto sulla detassazione degli straordinari l’ha fatta passare dai mass media come una norma di cui andare orgogliosi.

Lui il Cavaliere dice di non cambiare abitudini di continuare a spendere come prima della crisi, peccato che a vedere roseo sia solo lui, come fa a non vedere la situazione reale del Paese.

·        Chi aveva dei risparmi investiti oggi li ha visti andare in fumo

·        Molte famigli sono strette dalla morsa della rete delle dei rate prestiti che sono costretti a contrarre magari con le finanziarie

·        Le banche non fanno il loro lavoro cioè concedere prestiti alle piccole medie imprese

·        La cassa integrazione, i licenziamenti ogni giorno aumentano, quindi ci sono famiglie costrette a sopravvivere con sei/settecento euri al mese

·        Aumentano coloro che facevano parte dell’ex ceto medio a chiedere la cessione del quinto dello stipendio.

Se il Cavaliere non riesce a vedere bene queste situazioni, magari una visitina dall’oculista male non le farebbe, magari si porta insieme Tremonti, Sacconi e Brunetta, mi pare che anche loro non è che vedono molto bene la crisi attuale.

Santa Lucia e la Santa protettrice di tutti coloro che hanno problemi di vista, se magari la visita dall’oculista non ha dato i risultati sperati magari una preghiera a Santa Lucia potrebbe aiutarli a farli vedere meglio il baratro della crisi in cui il Paese sta attraversando, vedendo un po’ meglio cominciano a prendere qualche misura concreta, magari aumentando le tasse ai ricchi, dare l’assegno di disoccupazione a chi resta senza lavoro. Ma tanto loro non vedono.

 
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pubblico volentieri un commento

Post n°10 pubblicato il 14 Marzo 2009 da diogene1_2009

Pubblico volentieri un commento all'articolo sul PD inviatomi da Zenone

Egregio Direttore di questo blog, ieri ho letto con attenzione l'articolo che ha pubblicato ieri e per 12 ore ho condiviso le Sue opinioni in merito alla necessità del Pd di creare proposte politiche nuove, slegate dal fatto che il nostro attuale Presidente del Consiglio sia "Silvio nostro Sire che sei in the Sky".Ma stasera ho visto un telegiornale e ho notato un fatto: sa chi parlava di questa corrente di pensiero denominata "ANTIBERLUSCONISMO"? Proprio alcuni volti noti del PdL, noti anche perché sono confluiti nel Pdl dopo le più diverse e contrastanti esperienze politiche (nella fattispecie MSI e Partito Radicale, conosce qualcosa di più antitetico, Sig. Direttore?).E allora mi è venuto un sospetto. Ma vuoi vedere che questo "ANTIBERLUSCONISMO" sia stato creato proprio dalla maggioranza di Governo per delegittimare qualsiasi proposta politica che non provenga dal centro destra?E se per caso il Segretario dell'Italia dei Valori avesse un briciolo di ragione nel modo di contrastare il "modus operandi" della maggioranza? Se non altro per il fatto che il dott. Di Pietro ha avuto modo di conoscere a fondo le strategie di "Silvio nostro Sire che sei in the Sky" al di fuori della politica, ed è scientificamente provato che tutti gli esseri pensanti si comportano secondo schemi mentali codificati.Ed è un caso che il nostro Presidente della Repubblica, per la seconda volta dopo le "offese" del Segretario dell'Italia dei Valori nei confronti di Napolitano, si sia espresso in maniera critica verso il Governo?E, per altri versi, è un caso che il vincitore del Festival di Sanremo sia un "prodotto" sfornato da un programma "Mediaset" e che nella serata finale fosse presente la sig.ra Maria De Filippi, una delle creatrici della trasmissione "Amici"? (Marco Carta arriva da quella trasmissione, Sig. Direttore).Le ricordo il proverbio "a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca" sig. Direttore.E seguendo il filo di questi pensieri, mi viene in mente che uno dei modi di cambiare questa sgangherata Italia potrebbe essere, per esempio, iniziare a premiare il merito e non procedere solo con solite e stantie logiche di potere del "voto di scambio". Se il Pd iniziasse davvero ad attuare questo semplice principio nei luoghi istituzionali in cui governa? Questa sì che sarebbe una vera e profonda azione riformista, per ricominciare a sperare in una Italia diversa.

Saluti da Zenone

24/02/2009

 
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VOLEVA CREARE UN SOGNO SI E' TROVATO IN UN INCUBO

Post n°9 pubblicato il 14 Marzo 2009 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

"Ho sempre avuto un'idea della politica come missione civile, un mezzo e non un fine. Lascio con assoluta serenità, spero che la mia scelta possa tutelare il partito dalla sindrome del logoramento che c'è stata nelle settimane passate.

Walter Veltroni "
Adesso che anche il Pd è andato a rotoli, il Cavaliere sicuramente sarà contento: oltre a essere il solo ed l'unico padrone del suo partito, è divenuto l'unico attore protagonista della scena politica italiana.

Walter Veltroni è stato uno dei rari politici che ha avuto il coraggio di dimettersi perché non è riuscito nel suo sogno; io sono stato tra quelli che hanno ascoltato il suo discorso tenuto al Lingotto di Torino, l'ho seguito parola per parola, per me era veramente un bel programma, era veramente un bel sogno.

Ma come poteva Walter attuare quel sogno quando all'interno del PD ognuno si era creato la propria "associazione culturale",la sua nicchia di potere, quando, anziché avere idee e programmi comuni di politica sociale ed economica, l' obiettivo principale era una politica antiBerlusconista, quando alcuni Comuni e le Regioni, per capirci Napoli e la Campania, erano in mano a politici arroganti e mummificati nelle parole e nei modi di come gestire la COSA PUBBLICA; e che dire poi dell'alleanza sbagliata fatta con il Segretario dell'Italia dei Valori, populista, forcaiolo e giustizialista.

Walter di errori ne ha fatti, certo, ma un segretario senza il sostegno del suo gruppo dirigente, diviso su tutto, difficilmente poteva andare da qualche parte. Il Cavaliere da parte sua parla alla pancia della gente, Walter voleva parlare alla testa , al cuore ma forse la gente non è ancora preparata.

Ma che futuro daremo ai nostri ragazzi? C'è una crisi molto grave, la cassa integrazione ormai dilaga in tutte le aziende, i lavoratori precari sono stati licenziati, la social card per i poveri si è rivelato un bluff. i lavoratori stanno pagando il prezzo più alto di questa crisi creata dalle banche e dai guru della finanza.

Il problema vero ora è in che modo usciremo da una situazione in cui c'è solo un padrone a governare ed una opposizione praticamente allo sbando buona fortuna a Franceschini nuovo segretario di quel che resta del PD.

 
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Fannulloni............lettera aperta al Ministro Brunetta

Post n°7 pubblicato il 14 Marzo 2009 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

E' molto tempo che non scrivo un articolo perchè varie vicessitudini mi hanno letteralmente tolto il tempo materiale per occuparmi di altro.
Vorrei dire la mia su quanto strombazzato dal Ministro Brunetta in questi giorni, riguardo ai tanto famosi "fannulloni".
Caro ministro Brunetta: sono un dipendente pubblico da oltre trentatrè anni oramai e mi creda,anni di assoluta dedizione al lavoro ho uno score di circa trenta anni con cartellino mutualistico immacolato,sempre presente sul lavoro anche più di quello che in genere un lavoratore normale e dico normale, possa dare nell'arco della vita lavorativa disponibilità sempre ed incondizionata a prescindere.
Mi sento offeso e con me tanti altri lavoratori e lavoratrici che negli anni,hanno tralasciato la salute, gli affetti familiari, i figli e i divertimenti mettendo al primo posto l'impegno lavorativo.
Grazie Ministro a nome e per conto di coloro che dopo aver dato tanto vengono insultati e feriti, distrutti psicologicamente diffondendo del terrorismo puro agli organi di stampa che non vedono l'ora di poter aprire la caccia al dipendente pubblico.
E' vero che tra coloro che il lavoro lo fanno si annidano figuri che tutto sono fuorchè dei lavoratori sono coloro che al primo starnuto senza rimorsi vanno dal medico e si fanno lunghe degenze presso il focolare domestico,coloro che il lavoro meglio che lo facciano gli altri così ho più tempo per dedicarmi alla sigaretta o al caffè.
Però torniamo indietro negli anni quando si assumeva non per meritocrazia ma per peso politico perchè si era protetti da questa o da quella persona contava per intenderci il peso dei voti,tanti politici hanno costruito le loro carriere su queste persone.
Come vede caro Ministro le colpe a monte comunque ricadono sempre e comunque su chi questi fili li ha sempre manovrati ora non stà più bene questa situazione e si decide di nominare presumo dei tagliatori di teste.
Vogliamo fare pulizia veramente iniziamo a tenere lontana la politica dalla cosa pubblica, salvaguardiamo coloro che giorno dopo giorno anche con sacrificio il loro dovere lo fanno non alimentiamo fuochi difficili da spegnere, operiamo con la politica dei piccoli passi, perchè io non sono sicuro che a pagare poi alla fine saranno proprio i suoi "Fannulloni"si farà come al solito di tutta l'erba un fascio.
E' poi Ministro smettiamola per sempre di demonizzare il dipendente pubblico i fannulloni come dice lei esistono nel pubblico e nel privato, ma non per questo si debbano versare fiumi di inchiostro e proclami fortemente tendenziosi.
Io caro ministro ho giurato tanti anni fa sulla bandiera di onorare e servire con rettitudine morale e civile lo stato, rispettare le sue leggi e svolgere con diligenza le mansioni affidatemi.
Ora invece si viene assunti da coperative, da agenzie temporanee,che non garantiscono la continuità degli obiettivi che una azienda moderna e dinamica deve raggiungere per essere al passo coi tempi.
Iniziamo a lavorare insieme distribuiamo la ricchezza più equamente riduciamo drasticamente la Dirigenza operiamo in quei settori chiamiamoli sensibili,innestando la fiducia la comprensione e l'analisi dell'operosità del singolo dipendente, tracciamo un quadro completo della malattia e poi operiamo per risolvere il male alla radice.
Ministro ricordo che in passato essere dipendente pubblico era un onore riservato a delle persone speciali, si andava in quiescenza con il riconoscimento e l'encomio della dirigenza,per chi superava l'età lavorativa veniva insignito del titolo di cavaliere del lavoro.
Ma è giusto i tempi cambiano anche le persone cambiano meglio aprire la caccia al dipendente che riconoscere le colpe di uno stato che di suo ha messo tanto ma siamo poi sicuri che alla fine non si voglia demonizzare il pubblico per far vedere quanto è più bello il privato..........se così fosse caro Ministro Brunetta allora mi sà proprio che sarà inutile tornare sull'argomento ma se è questo che il governo ha in mente intendiamoci io non sono daccordo smettiamola di additarci alla stregua dei delinquenti noi non lo siamo.
Noi il nostro compito lo svolgiamo e lo continueremo a svolgere con senso di responsabilità e dedizione come sempre.

04/06/2008

 

 
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MA CHE SOCIETA' E' QUESTA, MA CHE PAESE E' QUESTO

Post n°6 pubblicato il 14 Marzo 2009 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

Ma che società è questa, ma che strano paese è questo, un paese dove il lavoro anziché essere uno strumento per migliorare la qualità della vita , un paese dove, il lavoro dovrebbe servire per vivere, invece, per lavorare si muore ogni giorno muoiono circa quattro persone, nei cantieri, nelle fabbriche,nelle strade, davanti agli stadi per contenere orde di tifosi scatenati.

Le multinazionali prima di trasferire le loro industrie nei paesi del terzo mondo usano il nostro paese come il terzo mondo.

Fino a questo momento mentre sto scrivendo il bilancio è di quattro ragazzi morti nell'acciaierie maledetta, alcuni di questi ragazzi giovanissimi, alcuni avevano l'età dei nostri figli.

In nome della produttività (profitti per le imprese) vengono sacrificate vite umane uomini e donne con speranze,sogni. progetti che ora non possono più avere perché l'atroce morte ha strappato insieme alle loro giovane vite.

Figli che non potranno abbracciare i loro padri, madri ,padri che non possono avere la gioia di condividere i sogni dei propri figli,mogli fidanzate compagne a cui in un attimo e stato loro negato il sogno di vivere con l'uomo che amavano famiglie che magari avevano progetti su come festeggiare il Natale, tutto cancellato, tutto cancellato dalle fiamme.

Ma che paese è questo, dove in nome della razionalizzazione (tagli indiscriminati alle spese)diminuiscono gli investimenti per la sicurezza nei luoghi di lavoro.

Ma che paese è questo, dove gli ispettori per la sicurezza fanno anche i consulenti delle imprese.

Un paese che assomiglia all'Italia dell'ottocento.non è cambiato nulla rispetto al passato, questo è rimasto un paese dove i lavoratori per non perdere il posto di lavoro già precario e per racimolare qualche soldo in più in busta paga fanno turni di dodici sedici ore sabati e festivi compresi.

Un paese dove in particolare nelle industrie private, gli RLS (rappresentanti sindacali per la sicurezza) previsti dalla legge 626 e gli RSU, che denunciano irregorelarità sui dispositivi di sicurezza, sono oggetto di vessazioni oppure rischiano di essere licenziati, lavoratori eletti da altri lavoratori che pagano di persona il loro esporsi contro la violazione degli elementari diritti dei lavoratori,esattamente come negli anni passati,non è cambiato nulla, se non che oggi il padrone si chiama imprenditore, il profitto oggi viene chiamato produttività il taglio degli investimenti viene chiamato razionalizzazione, oggi il padrone ha vestito i panni del democratico perché elargisce trenta euro di aumento in busta paga, anziché rinnovare i contratti di lavoro, non è cambiato nulla niente di nuovo sotto il sole la razza padrona è rimasta tale quale.

Qualche ben pensante comincia a sussurrare "questi eventi non devono essere oggetto di strumentalizzazione", a questi signori benpensanti personalmente rispondo ma andate a fare in cu.......voi e le vostre teorie del ca.............

I ragazzi delle acciaierie morti sono morti bruciati carbonizzati esattamente come si moriva nelle fonderie alcuni anni fa.

Il mondo del lavoro tutti i giorni paga con i lutti di lavoratori morti, dal primo gennaio 2007 a oggi solo in Italia sono più di ottocentonovantaquattro i morti sul lavoro, morti per guadagnarsi il pane onestamente.

Mentre scrivo mi torna alla mente Marcinelle un paese dove i nostri connazionali andavano a lavorare in miniera, Anch'essi morti mentre lavoravano .

Il disastro di Marcinelle fu una catastrofe avvenuta la mattina dell'8 agosto 1956 in una miniera di carbone situata a Marcinelle, nei pressi di Charleroi, in Belgio.

L'incidente provocò 262 morti su un totale di 274 uomini presenti nella miniera, la stragrande maggioranza erano emigrati dall'Italia, uomini trattati come carne da macello per ogni Italiano che andava a lavorare nelle miniere del Belgio l'Italia ricevere carbone in cambio, trattati come schiavi sia dall'Italia sia dal Belgio.

Accade anche oggi purtroppo che i lavoratori vengono trattati come carne da macello, lavoratori precari senza diritti a cui vengono negati il futuro, la dignità.

Il lavoro e una prerogativa indispensabile per uomini e donne, il lavoro è importante per costruirsi una famiglia, il lavoro è importante perché ognuno possa provvedere al proprio sostentamento economico,ma che i lavoratori debbano morire per lavorare e non vivere del proprio lavoro non fa parte di un paese normale, di una società normale.

Credo che sia arrivato il momento di fermasi un'attimo per riflettere, lasciare da parte i nostri piccoli egoismi, il nostro IO, smetterla di trattare chi la pensa diversamente da noi non come un'avversario, ma come un nemico da emarginare, ridicolizzare, aggredire , fermiamoci un'attimo a riflettere, la morte di questi lavoratori carbonizzati deve farci necessariamente riflettere, se ognuno di noi crede che si possa cambiare qualcosa in questo strano paese, nei propri luoghi di lavoro, ognuno di noi lo potrebbe fare se lo vuole, e vero da soli siamo come una goccia nel mare, ma tutti insieme possiamo diventare un'Oceano, che con il proprio impegno quotidiano ognuno di noi può con la propria energia è volontà, può contribuire a cambiare qualcosa.

La morte di questi lavoratori non può e non deve essere vana, ognuno di noi faccia sentire la propria voce contro i soprusi e le ingiustizie, contro la violazione dei diritti fondamentali dei lavoratori.

Cominciamo con il chiamare le cose con il loro vero nome , smettiamola di chiamare la legge 30 legge Biagi, il Caporalato, il lavoro in affitto, la precarietà selvaggia non era quello che Biagi ha lasciato scritto nei suoi testi, Biagi parlava di flessibilità nel mercato del lavoro, Biagi parlava di ammortizzatori sociali per i lavoratori flessibili, per favore cominciamo a chiamare le cose con il loro nome.

 

 

 
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LA BUSTA MAGRA

Post n°5 pubblicato il 14 Marzo 2009 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

E' uno di quei momenti in cui sono sul divano a godermi il riposo del guerriero dopo una lunga giornata di lavoro, mentre la TV parla della situazione economica del nostro paese all'improvviso un pensiero mi sorprende: cosa succederebbe se si potessero ridurre le tasse nella busta paga dei lavoratori dipendenti?
Cosa potrebbe succedere se, per esempio, uno stipendio lordo di duemila trecento euro diventasse uno stipendio netto di duemila euro anziché di millequattrocento euro? E' una una differenza di seicento euro, mi dico.
Sono quei seicento euro che permetterebbero a tante famiglie di arrivare a fine mese senza indebitarsi, senza l' angoscia di non farcela ad arrivare a fine mese; sono quei seicento euro che permetterebbero una crescita reale dei consumi, con una immediata crescita economica; sono quei seicento euro che permetterebbero la difesa del potere d'acquisto che dal 2002 a oggi è diminuito del venti percento.
Poi mi lascio sorprendere: e se avesse ragione il Governatore della Banca d'Italia Draghi, nel dire che gli stipendi in Italia sono più bassi rispetto a Germania, Francia, Inghilterra? Si potrebbe cominciare a diminuire la differenza tra il lordo e il netto nella busta paga cioè cominciare a diminuire sensibilmente le tasse ai lavoratori dipendenti!
Dimnuendo le tasse non si andrebbe ad intaccare il costo del lavoro alle imprese mentre se aumentano gli stipendi solo dai contratti di lavoro, dicono gli imprenditori aumenta anche il costo del lavoro ed i prodotti made in Italy perdono in competitività.
Continuo a sognare: se le tasse (accise) sui combustibili diminuissero, verrebbero tolte quelle tasse che furono inventate dal regime Fascista , poi utilizzate anche dai governi dei giorni nostri, in occasioni di eventi straordinari come la guerra di Libia, la guerra in Etiopia, il crollo della diga del Vaiont, il terremoto del Belice, il terremoto del Friuli, terremoto in Irpinia, etc.
Erano state introdotte come tasse per eventi straordinari, ma con gli anni sono rimaste tasse ordinarie, (speriamo non succedano altri eventi straordinari): senza queste tasse la benzina potrebbe costare ottanta, novanta centesimi di euro al litro.
Che sbadato, dimentico che automaticamente costerebbe meno il riscaldamento e l'energia elettrica, le famiglie spenderebbero molto meno per spostarsi e riscaldarsi e le imprese risparmierebbero sui costi di produzione.

Visto che viaggiare con la fantasia non costa nulla, provo ad immaginarmi di vivere in un paese dove i lavoratori dipendenti arrivano tranquilli a fine mese, dove i pensionati non sono obbligati a recarsi ai mercati rionali a rovistare tra gli scarti di frutta e verdura; un paese dove produrre costa meno, che ha una crescita economica reale, con meno precariato e più lavoratori stabili.
Ma al''improvviso mi sveglio e in TV c'è il Ministro Padoa Schioppa che dice: "pagare le tasse è bello". Quasi quasi torno a sognare: pagare le tasse è un dovere civile e morale, ma non è "bello" oh illuminato Ministro Padoa Schioppa!

 

 

 
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ADESSO METTO SU CASA ......FORSE

Post n°4 pubblicato il 14 Marzo 2009 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

Lettera aperta di un giovane trentenne (bamboccione) al Ministro Padoa Schioppa.

Gentile Ministro Padoa Schioppa,sono un ragazzo di 30 anni, lavoro come operaio, vivo in periferia di una grande città e, ahimè, vivo ancora a casa dei miei genitori.
L'altro giorno ho sentito le sue parole in tv, e mi sono immediatamente identificato in coloro che lei definisce "bamboccioni", quei trentenni che lei vorrebbe "mandar fuori da casa".
Mi son detto: "Grande Ministro Padoa Schioppa, Lei sì che ha ragione!".
Mi sono così rivolto alla mia Banca per ottenere un mutuo.
"Grande Ministro Padoa Schioppa, avrò finalmente una casa tutta mia", ho pensato! Guadagno 1.000 al mese + 13esima e 14esima, le quali spalmate in 12 mesi mi garantiscono un reddito mensile di ben 1.166 euro.
Visto che la rata del mutuo non può superare 1/3 dello stipendio, mi posso permettere una rata di 388 euro al mese.

Con questa rata mi viene concesso un mutuo di 65.770 euro in 30 anni(se avessi aspettato un altro po', Grande Ministro Padoa Schioppa, vista l'età non me lo avrebbero più concesso un mutuo trentennale...)
Grande Ministro Padoa Schioppa, grazie per avermi fatto fretta!
Grazie di cuore!
Con il mio bel preventivo in tasca, ho deciso di rivolgermi immediatamente ad uno studio notarile, per farmi preventivare le spese che dovrò sostenere per acquistare una casa.
Dai 65.000 e rotti euro dovrò infatti togliere: - 3.000 euro circa di tasse in fase d'acquisto ("solo" 3.000 euro, visto che è la mia Prima Casa! Grande Ministro Padoa Schioppa, grazie di cuore!); - 2.500 euro circa di Notaio per l'acquisto;- 2.000 euro circa di Notaio per il mutuo; - 2.500 euro circa di Allacciamenti alle utenze acqua, gas, luce.Un totale di 10.000 euro circa!Beh... che bello, Grande Ministro Padoa Schioppa, ho ancora a disposizione ben 55.770 euro per la mia casetta!
La dovrò arredare, ovvio, mica posso dormire per terra...Mi sono rivolto, così, ad un mobilificio, per ora posso accontentarmi di una cucina, un tavolo con 2 sedie, un divano a due posti, un mobile tv, un letto matrimoniale, un armadio e due comodini! E' il minimo, ma...
mi conosco, mi saprò adattare di certo, Grande Ministro!
7.000 euro circa, Grande Ministro Padoa Schioppa, se i mobili me li monto io! Beh... pensavo peggio!
Ho ancora a disposizione ben 48.770 euro per la mia casettina,sono sempre 90 e rotti milioni di lire del vecchio conio! Grande Ministro Padoa Schioppa, grazie!

Entro gasatissimo in un'agenzia immobiliare, è arrivato il momento, finalmente!
Con 48.770 euro mi dicono che posso acquistare: - 1 garage di 38 mq al livello -2 di un condominio di 16 piani; - 2 cantine (non comunicanti tra loro) di 18 mq ciascuna nel condominio adiacente;Per l'abitazione più piccola ed economica:
- un bilocale trentennale di 45 mq al piano seminterrato di uno stabile situato a 20 km dalla città! Dovrei spendere 121.000 euro !
Me ne torno a casa, Grande Ministro Padoa Schioppa!
A casa dei miei genitori, ovviamente!
Ho fatto quattro conti:
per potermi permettere quel bilocale, dovrei: indebitarmi per altri 63 anni, quindi l'ultima rata la verserò, finalmente a 93 anni! - oppure dovrei guadagnare 3.000 euro al mese!
Grazie, Grande Ministro Padoa Schioppa!
Grazie di cuore!

24/10/2007

 

 
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MACCHERONI A CARO PREZZO

Post n°3 pubblicato il 14 Marzo 2009 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

Cconvivere con la recessione, questo è uno dei problemi enormi che quotidianamente la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti devono affrontare, ma se poi si tratta di lavoratori monoreddito,o precari, piuttosto che pensionati diventa una vera sfida riuscire ad arrivare alla fine del mese.
Eravamo partiti qualche anno fa con la stagnazione ed ora, dopo alcuni anni di politiche fantasiose in campo economico da parte dei politici di turno, siamo arrivati alla recessione. Con questo termine si indica una situazione prolungata di riduzione del Prodotto Interno Lordo.

Sarà colpa dell'euro, sarà colpa dell'invasione dei prodotti cinesi che sono più competitivi , sarà colpa del petrolio, che ogni giorno costa sempre di più,sarà colpa dei tassi d'interesse dei mutui che aumentano in modo vertiginoso, sta di fatto che il costo della vita è aumentato in modo considerevole e senza alcun controllo.
Arrivare alla quarta settimana del mese è diventato una corsa ad ostacoli per molte fasce di reddito, anche per quelle che prima riuscivano a vivere dignitosamente.
Proviamo a fare i conti in tasca ad un Infermiere professionale, monoreddito (per fare l'infermiere professionale è richiesta la Laurea), che lavorando sui tre turni, festivi compresi, e saltando qualche riposo, porta a casa circa millecinquecento euro al mese.
Ogni mese deve spendere seicento euro di mutuo da pagare, centocinquanta euro di bollette, centocinquanta euro tra spese di condominio e riscaldamento, senza dimenticare le varie tasse, che spalmate su 12 mesi, fanno un ulteriore costo medio di circa cento euro.
Con i cinquecento euro che rimangono deve riuscire ad affrontare le spese di alimentazione e di vestiario, libri e quaderni, senza contare gli imprevisti dei figli quali cure dentistiche, visite ed esami specialistici ( a chi non sta a cuore la salute dei propri figli).

Per cui ogni mese è costretto a usare il fido che la banca gli concede a caro prezzo (il denaro costa), e che restituisce con gli interessi al 27 del mese: non potrebbe fare diversamente altrimenti non ce la farebbe assolutamente ad arrivare alla quarta settimana.
Naturalmente non può permettersi una vacanza nemmeno a Giaveno, al massimo le ferie le adopera per dare il bianco a casa sua, e porta i figli in gita al parco Ruffini, rigorosamente in tram (non può permettersi l'automobile) per far prendere loro una boccata d'ossigeno nel verde.
In un paese come il nostro dove ormai vanno di moda i "reality show" (L'isola dei famosi, La fattoria e quant'altro) io un reality show in mente lo avrei, fare vivere 4 cosi detti vip dello spettacolo per un mese con millecinquecento euro, oppure una persona con una pensione di cinquecento euro al mese, ( è il reddito mensile di chi percepisce la pensione sociale ) chi riesce ad arrivare a fine mese vince.
Un imprenditore ha voluto provare l'esperienza di vivere con mille euro al mese, dice che è riuscito a tirare avanti solo per venti giorni, dopo questa esperienza ha aumentato lo stipendio dei suoi dipendenti di duecento euro al mese.
Secondo il mio modesto parere è un'esperienza che dovrebbero provare a fare anche i politici,può darsi che traggano spunto per riflettere sulle condizioni di vita dei cittadini, magari comincerebbero a pensare a politiche sociali degne di un paese moderno.
Un paese moderno dovrebbe essere ingrado di dare un futuro migliore ai giovani,dovrebbe garantire una doverosa serenità ai pensionati, dovrebbe capire che fare il mutuo per comprare la casa non è un lusso ma molte volte una necessità, non mi pare di vedere politiche sociali a favore dei deboli che vedono aumentare il pane, la pasta, il latte, non vedo politiche per la casa che vadano incontro ai giovani che vogliono crearsi una casa,una famiglia, invece i giovani sono costretti a vivere da bamboccioni a casa con i genitori perché sono costretti a vivere una vita da precari con stipendi da precari.

23/10/2007

 

 
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DON CAMILLO E PEPPONE

Post n°2 pubblicato il 14 Marzo 2009 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009

Guarda come cambia l'Italia della politica , ebbene sì, dopo il 14 ottobre don Camillo e Peppone non litigheranno più, anzi saranno contenti di essere dalla stessa parte, e si, questi sono i miracoli della politica.

Una parte degli ex PCI poi PDS, poi DS insieme a una parte degli ex DC, poi PPI, poi Margherita, hanno fondato il nuovo Partito Democratico.
Piero Fassino e Rosy Bindi saranno insieme nello stesso partito chi l'avrebbe mai detto, i tempi cambiano, ben vengano i cambiamenti.

Milioni di persone si sono mobilitate per andare a votare, oltre tre milioni di cittadini domenica 14 ottobre, hanno espresso con il loro voto il nome di colui che guiderà questo nuovo partito, è la prima volta in Europa, in Italia che il segretario di un partito venga scelto con il voto dei cittadini.

Bella dimostrazione di democrazia partecipativa nei confronti di coloro, che per fondare un partito si recano solo dal notaio.

Certo è che se oltre tre milioni di cittadini si sono recati alle primarie del Partito Democratico, e oltre cinque milioni tra lavoratori e pensionati sono andati a votare per il referendum sul welfare indetto da CGIL, CISL, UIL, anche se il vento dell'antipolitica in questo periodo soffia forte, mi pare di capire anche che la voglia di partecipazione è tanta da parte dei cittadini.

Mi auguro che dopo il 14 ottobre i signori della politica capiscano che solo coinvolgendo i cittadini dando loro la possibilità di partecipare, di decidere, solo così la politica si può rinnovare davvero.

16/10/2007

 

 
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ASCOLTARE IL PARERE DEI LAVORATORI

Post n°1 pubblicato il 14 Marzo 2009 da diogene1_2009
Foto di diogene1_2009


Il referendum dell'8,9,10 ottobre ha avuto ben dico ben cinque milioni di votanti, i lavoratori ed i pensionati si sono espressi votando 81% SI 19% NO.

Questa è democrazia, il fatto che in alcuni luoghi di lavoro abbiano prevalso i No, e in altri luoghi di lavoro abbiano prevalso i Si, questo a mio parere si chiama pluralismo.

Il 12 ottobre il Consiglio dei Ministri apporta qualche piccola modifica, questo si che è uno schiaffo alle parti sociali, ma non se ne preoccupano affatto.

Credo che è assolutamente legittimo giusto che qualche Organizzazione Sindacale chieda di sedersi al tavolo con il Governo, visto che il testo del 23 luglio non è più lo stesso.

Ma del parere dei lavoratori i signori dei partiti ne vogliono tenere conto oppure non gliene può fregare di meno?

Non entro nel merito se sono migliori le ragioni di quelli che hanno votato si oppure quelli che hanno votato no, credo invece che i lavoratori , i pensionati, i giovani precari meritano rispetto da parte di alcuni politicanti, e da alcuni signori della partitocrazia.

14/10/007

 

 

 
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