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Post n°17 pubblicato il 17 Giugno 2015 da giordanovittoria
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Post n°16 pubblicato il 19 Maggio 2015 da giordanovittoria
ll 5 maggio scorso è stato un giorno storico perché il mondo dell’educazione, per la prima volta dopo decenni di “servitù volontaria” al potere, ha espresso forte e chiaro il proprio dissenso nei confronti del Ddl“la buona scuola” e ha preteso di essere coinvolto democraticamente nel processo di rinnovamento che insegnanti, studenti e famiglie chiedono da decenni. Il braccio di ferro che ne è scaturito non è stato fin qui proficuo,malgrado la mobilitazione massiccia, né per il governo, che sta facendo approvare alla Camera una riforma invisa a tutti e contro il popolo educativo,né per chi la scuola la vive giorno dopo giorno, pur tra mille difficoltà logistiche e infiniti sacrifici. Malgrado i correttivi apportati in commissione Cultura della Camera, l’impianto della riforma, classista eaziendalistica, è rimasto sostanzialmente invariato, andando ad accrescere ilmalcontento fra gli educatori avvalorato dalle forti critiche, e dalle sonorebocciature, di eminenti personalità del mondo della cultura e della società civile. La stampa, purtroppo, salvo pochissime eccezioni, sta fiancheggiando un giornalismo di regime sempre più propenso a rappresentare le questioni scolastiche in modo superficiale,prestando il destro ai luoghi comuni e alle mi ll 5 maggio scorso è stato un giorno storico perché il mondo dell’educazione, per la prima volta dopo decenni di “servitù volontaria” al potere, ha espresso forte e chiaro il proprio dissenso nei confronti del Ddl“la buona scuola” e ha preteso di essere coinvolto democraticamente nel processo di rinnovamento che insegnanti, studenti e famiglie chiedono da decenni. Il braccio di ferro che ne è scaturito non è stato fin qui proficuo,malgrado la mobilitazione massiccia, né per il governo, che sta facendo approvare alla Camera una riforma invisa a tutti e contro il popolo educativo,né per chi la scuola la vive giorno dopo giorno, pur tra mille difficoltà logistiche e infiniti sacrifici. Malgrado i correttivi apportati in commissione Cultura della Camera, l’impianto della riforma, classista eaziendalistica, è rimasto sostanzialmente invariato, andando ad accrescere ilmalcontento fra gli educatori avvalorato dalle forti critiche, e dalle sonorebocciature, di eminenti personalità del mondo della cultura e della società civile. La stampa, purtroppo, salvo pochissime eccezioni, sta fiancheggiando un giornalismo di regime sempre più propenso a rappresentare le questioni stificazioni. Un insigne studioso e matematico ha precisato che il premier Renzi, con il Ddl sulla “buona scuola”, è riuscito a scontentare davvero tutti, sia la sinistra che la destra,gli innovatori come i conservatori, perché ha ignorato la “vocazione universalistica” insita nella missione del mondo dell’educazione, inseguendo una sua errata “ideologia tecnocratica” che non può servire al miglioramento della scuola ma solo alla sua messa in stato d’assedio. Altri, costituzionalisti e accademici di vaglia, hanno denunciato energicamente quell’ insieme di provvedimenti sconnessi e incoerenti creati da chi non ha alcuna competenza in materia e tuttavia si atteggia, con sterile e vuota tracotanza, a novello Solone o moralizzatore della comunità scolastica. C’è chi non ha mancato di scagliarsi contro la logica della “centralizzazione del potere” che si consumerà con la creazione della nuova figura del preside-sceriffo chiamato alle assunzioni dirette, del preside inteso come “governatore” a cui sarà affidato un potere decisionale che finirà per aumentare i conflitti nella gestione del pianeta scuola, generando clientelismi e favoritismi esiziali.Contro un simile controllo politico-ideologico da parte dell’esecutivo attuale,volto a delegare nelle mani dei dirigenti scolastici una sorta di potere“assoluto”, tale da fare da cinghia di trasmissione dei precetti ministeriali,ha tuonato recentemente anche un ex ministro dell’Istruzione, noto accademico e linguista. Il Comitato Civico “Quota 96” –in lotta da tre anni per il riconoscimento di un diritto scippato da un errore tecnico della ‘riforma Fornero’ e finora disconosciuto dai governi che si sono succeduti – ha redatto il presente documento-manifesto che intende far girare via internet per inchiodare l’attuale presidente del Consiglio alle proprie responsabilità. Il Comitato considera questo Ddl un attacco ignominioso alla scuola pubblica, un attacco volto al suo sostanziale smantellamento pedagogico e morale accompagnato peraltro da cospicui incentivi a favore della scuola privata che, secondo la Costituzione, dovrebbe invece essere «senza oneri per lo Stato». Simili intenti da parte del governo attuale, nemmeno troppo velati, privatistici e aziendalistici, per nulla si confanno alle finalità perseguite dalla scuola pubblica che è per vocazione formativa e inclusiva. Ricordiamo, fra le numerose dichiarazioni,quelle di un Presidente onorario della Corte di Cassazione, del maggior esperto in ricerche sul burnout degli insegnanti da stress da lavoro correlato, di cattedratici, di scrittori, di antropologi, di etnologi e di tantissime altre personalità della cultura italiana. Tutti sono concordi nel ridimensionare le entusiastiche dichiarazioni dei rappresentanti del governo che invece si ostinano deliberatamente,con insulse mail e video demagogici o attraverso i mass media, a voler convincere l’opinione pubblica della “bontà” della riforma. Il 5 maggio le piazze italiane hanno registrato uno sciopero senza precedenti nel settore della scuola pubblica,con punte fra l’80 e il 90% di partecipazione. Eppure il presidente del consiglio, dimentico di ogni giusto riconoscimento democratico, sostiene di essere aperto al dialogo e di voler ascoltare tutti mentre tira dritto sulla propria strada, incurante delle critiche mosse ad altri punti, come il finanziamento alle scuole private e l’ingresso degli sponsor da parte di imprese che porterà inevitabilmente alla creazione di scuole di serie A e scuole di serie B: nelle prime gli studenti saranno i figli di benestanti e nelle seconde, in cui nessuno vorrà investire, ci saranno i figli dei meno abbienti. Cosa chiediamo con questo documento-manifesto? Il Comitato chiede di poter dire la propria opinione in merito e, dal momento che l’ascolto gli è precluso, lo fa per iscritto. Noi crediamo che, per rinnovare la scuola, sia prioritario risolvere prima le criticità presenti, a cominciare dallo svecchiamento del personale docente e Ata “Quota 96”, ultrasessantenne,con 40 anni di logorante servizio e con svariate patologie in atto. Ricordiamo che nella scuola italiana c’è la classe docente più anziana d’Europa. Di pari passo, chiediamo il risanamento degli edifici scolastici che versano in condizioni fatiscenti e ai limiti del decente. Poi l’ammodernamento delle tecnologie e la restituzione del prestigio sociale del personale docente, con un’adeguata retribuzione e il riconoscimento per l’alto e delicato servizio svolto. Gli stessi punti innovativi e positivi del Ddl – come la digitalizzazione, le lingue, l’arte e la musica, lo sport e l’alternanza scuola-lavoro, che andrebbe tuttavia valutata caso per caso e non può essere svolta gratuitamente – hanno bisogno di maggior investimento nella scuola pubblica, in termini finanziari e in rapporto al Pile al bilancio dello Stato. Lo dicono l’Ocse, la commissione europea e persino il Fondo monetario internazionale. I punti su cui il governo cerca di ottenere il consenso, soprattutto dell’opinione pubblica (l’assunzione dei precari e lo stanziamento di tre/quattro miliardi a favore dell’edilizia scolastica) sono,in realtà, atti dovuti. Il primo risponde a una precisa sentenza dell’Alta Corte Europea; il secondo all’endemica precarietà dei nostri edifici scolastici, certificata dalle cronache giornalistiche. Intanto le assunzioni previste sono passate da 150.000 a 100.000 e certamente diminuiranno ancora o saranno spalmate. Del resto la loro stessa modalità (albi territoriali, scelta dei curriculum da parte dei presidi, mobilità ogni tre anni, le deleghe che il governo avoca a sé) ha ingenerato sconforto e timori per il futuro dei nuovi assunti. I nuovi insegnanti saranno docenti con la valigia e sottopagati. Con quale animo e giusta motivazione si può lavorare avendo il fiato sul collo del preside-padrone e la spada di Damocle del licenziamento a seconda della simpatia riscossa? Ci si dice reiteratamente chela scuola non può essere un ufficio di collocamento e che il governo non può assumere tutti e subito. Giusto. E allora, prima di bandire nuovi concorsi, si predisponga un piano pluriennale di assunzioni, di tre o cinque anni, e si svuotino tutte le graduatorie, a cominciare dalle GAE che, per definizione,sono ad esaurimento e per normativa avrebbero dovuto essere azzerate dal 2008.Basterebbe diminuire gli alunni per sezione, così da restituire qualità e stabilità all’insegnamento; basterebbe un piano di pensionamenti equo per raddoppiare il turn over. La scuola siamo noi che la viviamo e la facciamo. I governi passano, i presidenti del Consiglio anche; mala scuola pubblica resta e deve essere a misura (e gradimento) di chi la abita,nel rispetto della Costituzione e al passo coi tempi, per formare cittadini dal pensiero libero, critico e lungimirante. Comitato Civico “Quota 96” Ferdinando Imposimato - Dario Fo -Vittorio Lodolo D’Oria -Amalia Signorelli -Clara Gallini -Marina Boscaino- Molti altri intellettuali e accademici stanno mandando in queste ore le loro adesioni |