DONNE MIE CARE

GLI IDEALI NON PASSANO DI MODA


PREMIO SCRITTURA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI 2008  - REGIONE ABRUZZOGLI IDEALI NON PASSANO DI MODAGLI IDEALI NON INVECCHIANO MAI E NON PASSANO MAI DI MODA , ESISTONO SEMPRE NEI CUORI E NELLE STORIE DI CHI LI HA VISSUTI.  Art.1 Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomoTutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.Ecco io sono figlia di questi ideali, io non ho vissuto la guerra, ma la porto dentro nei racconti dei miei parenti, delle mie zie e dei miei nonni, degli amici che ora non ci sono più, ma che quando ero piccola mi intrattenevano vicino a una vecchia stufa a legna e, mentre bolliva la moka con il caffè per i grandi, mi raccontavano delle storie di guerra e d’amore. Quell’amore per le donne di altre patrie e per gli ideali di libertà e giustizia, che hanno dato loro la forza di vivere e sopravvivere a terribili avversità.Il 25 aprile del 1945 morì nonno Giacomo, in un sanatorio dove era finito in seguito alle sevizie subite per non aver rinunciato ai suoi principi, per aver aiutato , soccorso e nascosto dei paracadutisti inglesi, per non aver detto dove erano e dove si nascondevano i suoi compagni della Brigata Garibaldi, morì senza sapere che il suo sacrificio non fu vano.Nonno Giulio , invece, era attendente del Re e lo aveva seguito in Grecia, non amava la guerra , ma seguiva la Corte e portava i ravioli al “plin”, col pizzico, quelli veri piemontesi, li portava a cavallo da Torino al fronte perché il Re non poteva mangiare altro. Nonno Giulio è morto centenario, aveva anche lui ideali di libertà e uguaglianza , ma appena poté rientrò in Patria e si occupò dei suoi noccioleti fino all’ultimo giorno della sua vita. Lo trovammo riverso sotto il nocciolo più grande, un bel giorno di primavera.  Volevo bene a tutti e due, se non altro nonno Giulio mi poteva raccontare e incantare, lui aveva preferito la vita e mi diceva della morte e della guerra con infinita tristezza, come una cosa che ormai non lo riguardava più e gli si velavano gli occhi solo quando ricordava i suoi compagni che , invece ,non avevano potuto scegliere, loro, mi diceva cinicamente , erano sicuramente tutti uguali sotto tre metri di terra.Storie diverse di un’unica tragedia. Di nonno Giacomo mi rimane una sbiadita fotografia a cavallo , la Croce di guerra e qualche laconica  riga in un libro sui partigiani liguri.La sua è una storia strana, da piccola mi chiedevo perché mentre mi parlavano in italiano io rispondessi in greco. Mi ha cresciuto una nonna greca: mentre la mamma era intenta al lavoro io rimanevo con lei , ero molto piccola , ma mi ricordo tutto quello che mi ha detto con impressionante lucidità. I suoi racconti erano a volte tristi e pieni di rimpianto, altre volte rabbiosi e colmi di astio nei confronti degli invasori. Lei, fiera discendente delle amazzoni fondatrici della sua città natale, aveva dovuto scappare in Italia con il marito, dopo l’ennesima sanguinosa incursione da parte dei turchi nei confronti dei cristiani . …”Cleanthy (questo è il mio nome greco), mi diceva , nessuno può toglierti la libertà o farti sentire diversa o inferiore agli altri, ricordati cosa abbiamo passato per conquistare la  dignità: hanno trucidato i nostri famigliari e violentato le nostre donne!  Il giorno che partii  Smirne in fiamme illuminava il cielo nero di fumo, mentre il sangue dei martiri colorava il mare antistante….” E una lacrima le solcava il viso rugoso, ma in un attimo i suoi fiammeggianti occhi verdi riprendevano la fierezza di un tempo di quando donna, ormai vedova e sola con coraggio, aveva dovuto affrontare terribili privazioni e sofferenze in un paese straniero. In Italia negli anni venti la propaganda fascista prometteva nuova vita per gli italiani di Grecia, coloro che sarebbero rientrati , all’epoca della ricerca del  “consenso” politico di cui parla Renzo De Felice nei suoi testi, avrebbero avuto case e lavoro.Mio nonno era  nato in Turchia , a Istambul , da padre italiano e madre austriaca. In quel Paese straniero, che aveva accolto il bisnonno fuoriuscito dalla Liguria  a seguito dei moti genovesi del 1848, aveva una fiorente attività di produzione di piastrelle di ceramica. Il bisnonno era tra i fondatori della Società operaia di Istambul, di cui Garibaldi era presidente onorario. Con queste premesse non poteva essere altro che un  socialista. Idealista e conoscitore di sette lingue, decise di abbandonare tutto e di rientrare in Italia per salvare la nonna e sostenere il governo di Mussolini.Poteva contare sul sostegno di uno dei suoi  sette fratelli sparsi per il mondo, che  sarebbe rientrato in Vaticano dal Madagascar dove era missionario delle “Scuole Cristiane”, Nunzio Apostolico ed insegnante di lingue orientali.Invece, in Italia vennero accolti in un campo profughi,  trattati come delinquenti della peggiore specie, costretti a corrompere dei funzionari per  avere un lasciapassare. Si misero in viaggio per raggiungere la Liguria, patria natia degli avi del nonno, dove speravano di trovare la vecchia casa . Manco a dirlo un parente, forse un cugino, aveva occupato le proprietà con la scusa che non gli erano più arrivati i soldi delle tasse.Chiesero gli aiuti governativi promessi , la casa, il lavoro. Gli impegni furono mantenuti solo in parte , vennero alloggiati in una caserma adibita a civile abitazione , in realtà una specie di “ghetto”.Il nonno ben presto si accorse che le sue aspettative e i suoi sogni non si sarebbero potuti compiere nell’Italia fascista e seguì invece altri ideali di libertà , si affiliò ai partigiani e fu imprigionato per motivi politici , morì nell’aprile del 1945 a seguito delle torture subite in carcere da parte dei nazi-fascisti , con la motivazione principale di aver nascosto e aiutato dei paracadutisti inglesi. I racconti di questa amara esperienza esistenziale hanno costellato la mia infanzia e la mia giovinezza, ma mi hanno insegnato che la libertà , la democrazia , la dignità umana sono gli unici ideali per cui vale la pena lottare e che la conoscenza e il rispetto delle differenze culturali avvicinano le persone e i popoli: si impara più dalle differenze che dalle uguaglianze.E’ l’ignoranza che genera la diffidenza, il non conoscere o non volere conoscere l’altro , lo straniero. Non per niente la matrice etimologica della parola straniero è la stessa di “strano” “strambo”, lo strano che  fa paura , un qualcosa di diverso che entra nel mondo conosciuto e lo destabilizza.Mia nonna non riuscì mai ad imparare bene l’italiano,  non veniva neanche ammessa in Chiesa, ma aveva Fede, davanti alle sue Icone antiche ardeva sempre un lumino ed insieme dicevamo le preghiere. Non venne accolta  correttamente, né dalla società né dalla comunità religiosa , rimasta presto sola, vedova con sette figli, fu vittima di dispetti e di emarginazione, anche se lo Stato , in seguito riconobbe il sacrificio del marito  Partigiano e, per quanto possono le Istituzioni, le furono vicino . Però, per quanto facciano non  sono capaci di  restituire una vita, per lei e i suoi figli dopo la guerra tentarono comunque una via di accoglienza. Si sa le istituzioni non sono solo mattoni e scrivanie, le istituzioni sono persone che seguono le alterne vicende delle loro stesse vite e sono l’espressione del loro vissuto. Gli aiuti, quelli concreti rimangono , ma i sorrisi sinceri e la compartecipazione al dolore altrui , sono tutta un’altra cosa.Fu appagata, in seguito, dalla riuscita sociale e lavorativa dei figli e dalla certezza che la dipartita del marito non fu vana.Perché il raggiungimento degli scopi politici e degli ideali di una generazione, scaturiti dal dolore e dalla morte, hanno trovato compimento e sono stati riuniti sia nella Costituzione italiana che nella Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo, di cui quest’anno ricorre il 60° anniversario: furono entrambe promulgate nel 1948.Nel 1986 fui tra le prime donne a vincere il concorso pubblico come Agente della Polizia di Stato, a parità di stipendio, lavoro e carriera degli uomini, in un Paese ormai democratico in cui la pace , la parità e le pari opportunità sono il motore della società, in un Paese dove la dignità umana viene rispettata e dove lo straniero è accolto come un fratello.La scelta della mia attività lavorativa , per quei tempi anti-conformista, fu senz’altro dovuta al mio vissuto e al mio desiderio di aiutare e di collaborare con la gente: indossare quella Divisa doveva significare che lo Stato era garante dell’accoglienza , che era vicino alla gente, che l’Uniforme non doveva spaventare o allontanare, ma avvicinare.Per mio nonno sarebbe stato sicuramente fonte di orgoglio il vedermi schierata a giurare fedeltà alla Patria davanti al Presidente della Repubblica, a quella Repubblica per cui lui aveva lottato, con onore e dignità , fino alla morte.