Dakarlicious

Ndeye sane! Perché anche questo è Dakarlicious!


Credo che in altri luoghi, in altri tempi, forse sarei presa per pazza. Uhm. O forse sono già presa per pazza, chi lo sa. Ripeto, non sono venuta in Africa con lo spirito da rasta mancata, abbonata ai Rototom di tutta Europa, che va in giro per i mercati a comprare statuine, collanine, ceste in vimini, trecciata, colorata, scarpe da trekking e zaino in spalla. Io sono una di quelle tante ragazze che guardava Sex&TheCity e sognava di essere Kerry, tacco e vestito Gucci; di quelle che voleva un attico a New York e cene a ridere con le amiche, rossetto rosso e calze leopardate. Di quelle che, guardando La tata, il telefilm che tutti noi abbiamo visto almeno una volta preparando la cena, si identificava nella zia bionda cotonata, vestita come una cubista degli anni '80, costantemente in sovrappeso. Ecco, da Londra a Parigi, per uno strano gioco del destino non mi sono ritrovata a New York, bensì a Dakar. “Ehi! Ici c'est le Sénégal!” (Qui siamo in Senegal!) mi ricordano sempre per strada gli pseudo razzisti anti-toubab, infastiditi per un abbigliamento troppo eccentrico. “Pensa, non mi ero accorta, pensavo di essere a Time Square!”, rispondo ridendo. Che poi, se vogliamo metterla sull'eccentricità dell'abbigliamento, allora lì diventa una guerra aperta, visto il tripudio di colori dei tanti matrimoni di Pikine. A me piace l'eccentricità e pure i matrimoni di Pikine. Lì la fantasia si scatena dal rosa al viola, dal blu al giallo, scarpe, borsetta e ombretto compreso (Sì! Avete capito bene, ombretti rosa, rossi, arancioni e gialli). No. Non è davvero un caso se sono finita qui, in questo paese dove la creatività, l'eccentricità, la stravaganza sono di casa. Magari non avrò mai un attico e nemmeno un armadio di vestiti Gucci ma qui c'è tanto, tanto di più. Qui rido. E in fondo la mia piccola NY me la sono creata anche qui e forse, è anche migliore. Io e le mie amiche abbiamo i nostri posti segreti, piccoli ristorantini dove ci troviamo a parlare, sì, proprio come Sex&TheCity, argomenti compresi e di risate ce ne facciamo pure tante. Il Senegal in fondo ci appartiene o forse noi apparteniamo al Senegal, chi lo sa. E poi il centro, i negozi, i ristoranti. Dakar è una città tremendamente urban e io la amo per questo. Ho perfino trovato gli occhiali da sole con catenina d'acciaio che Amber Rose sfoggiava con gran vanto tra una posa e l'altra. Favolosi. Mi sono mirata e rimirata. Io come Amber Rose. Il potere di Dakar è anche questo, far credere che tutto sia possibile; che ognuno di noi può trasformare in realtà i propri sogni, anche solo per un istante. Tutti sono star a Dakar, perché Dakar te lo permette, non importa chi tu sia o come tu sia. E un pò star, qui, si sentono tutti, gli apprendisti dei car rapide con le loro creste bionde, le libanesi botulinate con i jeans super attillati, le drianke con le scarpette a punta e gli occhiali da sole da dive degli anni '50, i vecchi francesi con un accenno di pelata e le trecce alla R. Kelly, gli adolescenti senegalesi che pensano tutti di essere così belli che cederai ad un solo loro accenno di sorriso. Certo, campa cavallo che l'erba cresce. Poveri fidanzati. Con noi ce ne vuole di pazienza, irruente, invadenti, complicate, pretenziose. Penso a Demba e ad Assane e a quell'immobilismo tipico senegalese che è una via di mezzo tra pigrizia, svogliatezza e noia. Sabato scorso avevamo deciso che saremmo andate al Calypso. O sì o sì, democratiche come sempre. Descrivere le loro facce sarebbe come fare uno spot per la Mastercard: vestito per la discoteca, 10.000CFA; campari bianco e lime per l'aperitivo pre-serata, 12.000 CFA; vedere lo sguardo del tuo fidanzato quando vorrebbe urlarti: “No! La discoteca no e no! Non esco” ma non può, non ha prezzo. I due mammuth siberiani si sono guardati con quello sguardo che chiedeva clemenza, lanciandosi la palla: “Io vado se va Demba”; “Io vado se va Assane”. Che fortuna avere due fidanzati di trent'anni che hanno la stessa energia dell'ultimo Raimondo di Casa Vianello. Io e Vera, tirate come al solito di tutto punto e i due, che sembravano più dei guardiani di Yoff che due pronti per una serata mondana. Certo, ma dove stanno i senegalesi che vanno al Five? Dove si nascondono i modaioli di cui Dakar è piena? Possibile che faccia tanto strano trovare delle bianche in Senegal che NON vogliono andare in spiaggia a suonare il diembé e che NON hanno come massima aspirazione fumarsi le canne sedute in una terrazza con il pagne di Bob Marley, circondate da antiquaire rasta. Se solo aveste potuto vederli, seduti al bancone come due anime in pena mentre io e Vera eravamo in pista al ritmo delle ultime hit dancehall. La serata è finita con fidanzati incazzati che giuravano e spergiuravano che non avrebbero mai più messo piede in una discoteca con noi e ore ed ore di rimproveri che manco mio padre quando tornavo la mattina dopo le mie serate vicentine. E intanto la vita dakaroise continua, tra salotti metropolitani (i miei adorati clandò) e autostop notturni. Dakar, l'unica città in grado di sopportare Chiara, la più logorroica dei logorroici; l'anti democratica che odia le critiche; la rissosa di strada; la pin up mancata; la prima antiquaire femmina di tutta Sandaga; la anti toubab trecciate, pagnate, peace&love, rasta-raggae-'Oh che bella l'Africa dove tutti hanno meno però sono felici'; la decisamente poco diplomatica che ama la gente comune e odia il bla, bla, bla noioso dei saccenti tuttologi e degli intellettuali pro-Africa noiosi come le prediche dei preti di paese alla prima messa della domenica. Ndeye sane! Ci piace, perché anche questo è Dakarlicious.