Mastella da Ceppaloni
Mario Clemente Mastella, dopo un parto travagliato,
per le dimensioni spropositate dell’apparato digerente già ben formato
alla nascita,vede la luce nel 1947 a Ceppaloni, località beneventana da
lui portata a visibilità nazionale. Da allora entrata nel linguaggio
comune con la frase: “No Ceppaloni, no party”. La sua
fame leggendaria lo spinge a presentarsi alle feste di battesimo e di
cresima non invitato. La sua disinvoltura gli consente di mangiare a sbafo e, contemporaneamente, di fare numerose amicizie che gli serviranno in futuro.L’appetito lo conduce inesorabilmente verso la democrazia cristiana,
diventa deputato commensale nel 1976 e da allora non si è più mosso.
Ogni coalizione di governo lo vede presente alla spartizione delle
poltrone. In realtà nessuno lo invita, ma alla fine qualcosa da mangiare gli danno sempre quando minaccia di andare ad un’altra festa.Celebre la sua esibizione come ministro del Lavoro nel governo Berlusconi in cui risolse il grave dramma della disoccupazione giovanile nel Sud e delle pensioni.Ambigua e carica di doppi sensi invece la sua dichiarazione sulla sua verginità pre matrimoniale, non è mai stato chiarito fino in fondo a quale tipo di relazione sessuale facesse riferimento.
Nel 1999 si mette in proprio e fonda l’UDEUR che definisce “Il centro
della politica, un progetto per il futuro, un’idea, un percorso, un
metodo, una storia, un’identità” e, con postilla a margine, un posto a
tavola. Entra subito in conflitto con Romano Prodi per il menu e con coerenza dichiara alle scorse primarie dell’Unione: “Usciamo dall’Unione, da oggi saremo il Centro alleato con l’Unione”.Per dare vita e forza a questo progetto inserisce in lista il pregiudicato
Rocco Salini. L’Unione cambia il menu e Mastella rientra nell’Unione.Dopo
le elezioni di aprile il suo appetito pantagruelico lo fa delirare,
pretende tre ministeri, tra cui la Difesa, la vice presidenza del
Consiglio e il 30% dei salatini dei consigli dei ministri.
Su quest’ultimo punto entra però in conflitto con Massimo D’Alema e
deve fare un passo indietro. Prodi, che ha sempre segretamente
apprezzato la sua capacità di barcamenarsi, dopo una telefonata per
verificare le sue credenziali con Gianni Letta, lo nomina ministro della Giustizia. Sic transit gloria prodi.