Dark side of Mars...

RACCONTAMI UNA STORIA - CAPITAN HARLOCK


Andromeda, anno 5013Vago ormai da tempo innominabile in questa galassia, che con le sue stelle luminosissime e i suoi pianeti sconosciuti è stata da sempre la mia tentazione più grande. Non posso credere di essere qui, adesso, ad ammirare la luce strana e potente di corpi astrali che da ragazzo individuavo nel cielo delle notti serene, dalla finestra della mia camera, nella mia casa.Casa. Che parola strana. nel tempo, nei secoli ha perso di significato, almeno per come me la ripropone la mia mente negli annacquati ricordi di un passato troppo lontano per poter rivestire un qualche significato, per me.So solo che da anni, da secoli, e per quelli a venire, per quanto lunga sarà questa mia condanna a vagare nello spazio sconfinato, casa non sarà più quella che ricordo, che ogni tanto sogno. Casa è diventato questo tetto buio, trapunto di mille stelle, a volte di asteroidi vaganti o pianeti disabitati, nonostante la speranza faccia intravedere ancora un barlume debole della sua luce in me.Quando ho abbandonato la Terra, dopo la catastrofe nucleare che ha ridotto in cenere il pianeta che ci aveva ospitato per secoli, a bordo di questa astronave, non pensavo minimamente che l'esperimento di cui ero stato, per così dire, la cavia umana, avrebbe dato i suoi frutti. E invece, mi sono trovato a vedere i miei compagni, uno dopo l'altro, abbandonarmi e morire, nonostante avessimo tutti avuto la medesima dose di quel farmaco che doveva garantirci una vita quasi eterna, e che, a quanto pare, ha trovato solo in me il gene recettivo che lo ha attivato, e nutrito, e custodito.Così, eccomi qui, dopo un tempo che mi sembra dilatarsi all'infinito, e che ho consumato nell'attesa di trovare altri nell'universo, spingendomi sempre più lontano, dapprima sicuro, poi sempre un pò meno, che avrei trovato ad attendermi forme di vita evolute e migliori della nostra, che non aveva trovato di meglio da fare che autosterminarsi.Poi la speranza ha ceduto il passo all'ansia, e alla disperazione, per poi tornare ancora a consolarmi, quando avevo trovato quel piccolo pianeta coperto per un quarto di acqua...ma disgraziatamente sempre troppo indietro nell'evoluzione perchè potessi illudermi...Per quanto il farmaco mi abbia conservato esattamente nel mio aspetto esteriore di quarantenne di quando ho lasciato la Terra, i secoli che mi porto addosso mi divorano lentamente ma inesorabilmente. Ho già sperimentato che è inutile tentare di togliermi la vita, in quanto sono refrattario alle malattie, alle ferite, che si sanano autonomamente, persino agli avvelenamenti da qualsiasi tossina. Questa forma strana e perversa di vita che sono vuole vivere, e comincio a disperare di poter mai morire, un giorno, come i miei compagni, che almeno hanno conquistato quella pace benedetta che a me non sarà mai data, forse.Accarezzo con una mano gli strumenti di bordo e dò un'occhiata distratta allo schermo del computer, che come sempre analizza l'atmosfera, la temperatura, e tutte le condizioni che mi direbbero se il pianeta che sto osservando è abitato o no.In questo strano posto, composto di stelle con lo stesso nome, che si differenziano solo per l'aggiunta delle lettere dell'alfabeto greco, ci sono anche alcuni pianeti, di cui uno, Upsilon Andromedae, è il gemello del nostro Giove. E' questo che sto guardando, in un tripudio di colori dovuti ai suoi gas, e lo spettacolo è talmente suggestivo, che per un minuto i miei occhi leggono senza realmente vederli i dati sullo schermo.Popolazione : 1.Non riesco a crederci. resetto il sistema e gli faccio rianalizzare tutto, per ottenere, bianco sul nero dello schermo, sempre lo stesso dato.Popolazione: 1.Razza: sconosciuta.Sento, nonostante tutti i tentativi di mantenermi calmo, il mio cuore fare le capriole.Non resisto. Preparo l'attrezzatura, con gesti automatici imposto il pilota automatico per un atterraggio rapido, il più vicino possibile alla forma di vita rilevata.Le mie mani tremano leggermente mentre infilo il casco e controllo scrupolosamente tutto.Quando apro il portello del Voyager e mi ritrovo su questo suolo sconosciuto, pieno di crepe da cui esalano fumi bianchi come geyser, ma senza il loro calore, anzi, simili a ghiaccio fuso sul palco di un concerto, per un attimo penso a come sarebbe spettacolare in Tv questo mio atterraggio, così diverso da quello di Gagarin sulla Luna ormai secoli fa.Mi preparo all'esplorazione, ho portato con me anche le armi, più per abitudine che per altro, in quanto se mi facessero fuori, forse oggi per me sarebbe una liberazione.Inspiro forte l'ossigeno fornitomi dal respiratore nel casco, e mi guardo intorno, incerto sulla direzione da prendere. In cerca della "Popolazione: 1. Razza: sconosciuta."(to be continued)Dedicated to Capitan Harlock ;)