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Non saprai mai cos'è successo... finché non ti godrai la fiction!

Post n°40 pubblicato il 14 Ottobre 2006 da pavelix
 
Tag: cult

Come non definire Pulp Fiction un cult movie? Quando uscì, nel 1994 si aggiudicò l’Oscar per la "miglior sceneggiatura originale" oltre ad altre sette nomination, incluso "miglior film", e la Palma d'Oro al Festival di Cannes. Si classificò tra i primi 10 film sull'IMDb, mentre nel 2000, su Total Film magazine venne votato al diciottesimo posto nella classifica dei film più divertenti della storia del cinema. Per finire, nel 2001, in Inghilterra venne segnalato al quarto posto come miglior film di sempre, dopo Le ali della libertà e i colossi de Il Padrino e Guerre Stellari, e l’anno successivo venne nominato da Time.com come uno dei migliori cento film degli ultimi 80 anni. Il creatore dell’opera, regista e sceneggiatore, Quentin Tarantino, seguì di pari passo il successo che ottenne questo suo secondo film: da semi-sconosciuto (aveva diretto solo Reservoir Dogs – Le Iene, e scritto le sceneggiature di Natural Born Killers e Una vita al massimo), venne considerato un grande regista, basta contare le biografie che lo riguardano, ben quattro in soli due anni. Anche gli attori ottennero una buona spinta: John Travolta, la cui carriera sembrava ormai in declino, ebbe un rilancio sul grande schermo; Bruce Willis e Samuel L. Jackson, iniziarono ad essere considerati grandi attori solo dopo la loro apparizione in Pulp Fiction. Citazioni e recensioni su questo film si sprecano in tutto il mondo del cinema e della televisione, ed è inutile (e direi impossibile) star qui ad elencarle.
Ma non sono i premi ed i riconoscimenti a fare di Pulp Fiction un cult movie. Ma è il fatto che Pulp Fiction è un film atipico, è il primo film post-moderno, junk e pop, uno “spaghetti western rock’n’roll”(Q. Tarantino).

Pulp Fiction è essenzialmente un gangster-movie, che racconta la vita e le gesta di alcuni criminali di Los Angeles. E’ violento al punto giusto e dotato di una buona dose d’azione. Ma non è un semplice gangster-movie. Tarantino, con questo film, dà una rivisitazione del genere “noir”, portando davanti allo spettatore immagini nitide, talvolta con inquadrature che rimangono fisse, come se si trattasse di un reality, ma le stravolge a livello temporale. La trama infatti, non è presentata in ordine cronologico, ma è segmentata in tre parti, tre storie quasi distinte, legate da un sottile filo logico, e queste tre parti vengono riprodotte non linearmente, ma in maniera ellittica: il film si conclude nella stessa scena (quella della tavola calda) con cui il film inizia. Inoltre, in Pulp Fiction non viene lanciato alcun messaggio allo spettatore, nessuna morale, nessun pensiero positivo contrapposto alla negatività della violenza, che nel film assume connotazioni di normalità, quotidianità. Riguardo a ciò Tarantino disse: "Io non mostro eventi. Mi piace che le cose restino ambigue. Sono interessato solo a raccontare una storia". Da giovane, il regista lavorava in un negozio di noleggio film. In quegli anni, mentre la sua cultura cinematografica si espandeva, maturò l’idea di creare un film in cui la cosa importante fosse la trama e solo quella, un film che gli spettatori avrebbero guardato volentieri perché semplicemente bello da vedere.
I personaggi, in Pulp Fiction, sembrano quasi ignorare la crudeltà delle loro azioni, che, grazie all’eccesso, assume anche toni ironici e da sit-com. Sono personaggi stilizzati, fumettistici che instaurano dialoghi non determinanti per la storia in sé, discorsi riempitivi, ingenui, che sfruttano luoghi comuni commerciali, pop. Sono gangster che mentre fanno il loro “lavoro” parlano di hamburger o di quanto sia schifoso mettere la maionese sulle patatine. Ma non sono solo i dialoghi ad essere pregni di cultura pop, ma tutto il film è un collage di elementi pop americani. E’ un film dai tratti “junk” (che significa, secondo la definizione dell'Oxford Dictionary, “vecchie cose inutili”), come la pop-art e il postmodernismo, che ricicla cose vecchie, eterogenee, di scarso valore (basti pensare a Andy Warhol e al suo quadro sulla Campbell's Soup, nel quale un semplice barattolo di latta viene reso simbolo della società contemporanea). La parola “pulp” stessa, rappresenta un genere di libercoli e fumetti di serie B, di moda negli anni 20-40, stampati su carta di bassa qualità (come quello che legge sempre Vincent Vega ogni volta che va in bagno). Esempio lampante è la scena del “Jack Rabbit Slim’s”: è una vera e propria galleria di cultura junk (per esempio le parti di vecchie automobili trasformate in tavoli del locale) e di iconografia pop (la musica anni ’50, i camerieri travestiti da vecchie glorie del cinema e della televisione americane come Marilyn Monroe).

Quentin Tarantino ci racconta una storia, nella quale ogni americano può riconoscere le basi della propria cultura mediatica. Per fare ciò, il regista prende spunto da serial TV, libri e fumetti, ma soprattutto da film. Ecco di seguito alcune delle innumerevoli citazioni presenti.
Il versetto del Vecchio Testamento "Ezechiele, 25:17" era stato già utilizzato nel film del 1967 Karate Kiba, con Sonny Chiba (che Tarantino ha definito come "il più grande attore che abbia mai lavorato nei film di arti marziali" e con cui ha lavorato in Kill Bill nel ruolo di Hattori Hanzo). La frase "..con un paio di pinze e una buona saldatrice.." venne utilizzata per la prima volta nel film del 1973 Chi ucciderà Charley Varrick?, film del quale Tarantino copia anche le automobili (Charley Varrick ha una Chevrolet Nova del '74, la stessa che guida Jules, mentre il direttore della banca Boyle ha una Chevrolet Malibu del '62, la stessa che guida Vincent). Il "Winocki" nominato dal capitano Koons (Cristopher Walken) nel discorso al piccolo Butch, è un riferimento al personaggio omonimo del film "Air Force" del 1943 diretto da Howard Hawks. Egli è infatti uno dei registi più apprezzati da Quentin Tarantino.
Oltre a citazioni dal cinema esterno, il regista ama fare riferimento ai propri film. Così si nota che Vincent Vega e Vic Vega, personaggio de Le Iene, sono in effetti fratelli (come ha confermato lo stesso Tarantino); il locale Teriyaki Donut e le sigarette Red Apple vengono nominate, oltre che in Pulp Fiction, anche negli altri film di Tarantino; l’infermiera Bonnie (la moglie di Jimmie) e il Jack Rabbit Silm’s vengono nominati in Le Iene.
Da notare infine come Tarantino sfrutti gli stessi attori per citazioni autoreferenziali, trasformando loro stessi in elementi della cultura junk-pop. In primo luogo John Travolta (Vincent Vega), quando balla al Jack Rabbit Slim’s, rimanda al se stesso di film passati alla storia, come The Saturday Night Fever degli anni ’70, durante i quali era un vero sex-symbol. In secondo luogo, Mia (Uma Thruman) e Vincent (John Travolta), durante il film, chiamano l’un l’altra “cowboy” e “cowgirl”: John Travolta ha infatti recitato in Urban Cowboy, del 1980, mentre Uma Thurman ha recitato nel film Cowgirls - Il nuovo sesso. Infine, Jules (Samuel L. Jackson) dice che toccando i pezzetti di cervello diventa come Superfly TNT: Jackson recitò proprio nel film del 1990 Il ritorno di Superfly, sequel del fortunato Superfly.

Per finire, anche la colonna sonora merita un piccolo spazio. Il 12 agosto 2004, la BBC ha dichiarato, a seguito di un lungo sondaggio, la colonna sonora di The Blues Brothers la più bella della storia del cinema, subito davanti a quella di Pulp Fiction, in seconda posizione. Da notare che la colonna sonora non è originale: trascurando le motivazioni legate alla spesa, è anch’essa un insieme di canzoni pop, alcune non troppo conosciute, che non fanno tanto da accompagnamento alle azioni, ma sono anch’esse parte di quel miscuglio eterogeneo di elementi junk che è Pulp Fiction.

Pulp Fiction è un gangster-movie, un noir, riadattato però per diventare uno stereotipo della cultura pop e junk americana, con una trama complessa e non lineare, con personaggi quasi fumettistici nella loro rappresentazione dell’idea pop di personaggio cinematografico, con dialoghi fini a se stessi ed estremamente commerciali, e con infinite citazioni che si trasformano in componenti portanti e quasi indistinguibili dal resto della trama. Con ciò si può considerare Pulp Fiction un capolavoro di sceneggiatura (e di film), geniale, ironica, soppesata al punto giusto, senza essere mai pesante o eccessivamente banale. Come scrive E. Ghezzi nell'edizione italiana della sceneggiatura, “Tarantino non cita il cinema, non lo prende, lo ruba e lo mangia”.

Nota1: La parola “fuck” viene pronunciata 264 volte (battendo le 218 di Scarface).
Nota 2:
Ogni volta che Vincent va in bagno, succede qualcosa di brutto (e lui non si accorge mai di nulla).
Nota 3:
L’attore Steve Buscemi ne Le Iene interpreta Mr. Pink, personaggio che odia il lavoro del cameriere, ammettendo che non merita mance, mentre, per contrappasso, in Pulp Fiction interpreta il Buddy Holly-cameriere che serve Vincent e Mia: Vincent dice infatti che lui “non sembra avere l'aria di un cameriere”.
Nota 4
:
Alcuni dicono che la valigetta presente nel film contenga l’anima di Marsellus Wallace, che secondo alcune antiche culture si poteva estrarre dal collo (Marsellus ha difatti un grosso cerotto sul collo). Molte teorie sono state fatte sul contenuto della valigetta, ma in risposta alle numerose domande Tarantino ha sempre detto che il contenuto non ha importanza: la valigetta è un semplice espediente narrativo.
Nota 5
:
Tarantino rimase indeciso fino all'ultimo se interpretare il personaggio di Jimmy o quello di Lance. Alla fine optò per il primo affidando la parte di Lance a Eric Stoltz. La scelta fu motivata dal fatto di voler essere dietro la macchina da presa nella sequenza della siringa nel cuore a Mia.

Posted by MedioLee

 
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