Davide Romano

Scuola araba: un esperimento delicato da non sprecare


La scuola arabo-italiana sembrava finalmente avercela fatta. Dopo le tante difficoltà legali, ieri ha aperto le porte a un centinaio di studenti. Un successo che – nonostantte la bocciatura arrivata in serata dalla sovrintendenza della Pubblica Istruzione - va riconosciuto in primo luogo al grande lavoro svolto dall’associazione “Insieme”, nata in seguito alla chiusura della scuola illegale di via Quaranta. Grazie all’impegno di questa associazione infatti, la nuova scuola di via Ventura sarà in grado di fornire agli studenti oltre che dei programmi didattici regolari, anche dei locali a norma dal punto di vista della sicurezza e dell’igiene. Ma sarà un successo anche per le nostre istituzioni, che sono riuscite a portare alla legalità una struttura che produceva emarginazione invece che cultura. Basta ricordare come a quegli studenti arabi non venisse insegnato neppure l’italiano, né tanto meno fornito alcun titolo di studio legalmente riconosciuto. L’istituto di via Ventura invece, si propone oggi come un esperimento educativo ben diverso, volto a ricercare nuove forme di integrazione. Sarà un luogo dove tutte le lezioni saranno preparate da due insegnanti, uno arabo e l’altro italiano, che si alterneranno in classe. Grazie a questi metodi, i bambini arabi che vivono in Italia avranno l'opportunità di mantenere anche la cultura del loro paese d’origine. Non solo: potrebbe anche diventare il luogo dove mandare i bambini italiani a imparare l’arabo. Si prospetta insomma come un’istituzione che potrà arricchire il patrimonio culturale milanese. I promotori della scuola sanno benissimo che – lo si voglia o no -  su questa scuola ci sarà un’attenzione tutta particolare. Ma sanno altrettanto bene di essere per certi versi dei pionieri. Domani, se la scuola di via Ventura funzionerà bene, potrà diventare un modello per tutte le atre comunità arabe del nostro paese. Da qui nasce l’esigenza di non commettere passi falsi, anche per non dare pretesti a chi volesse far fallire questo primo e potenzialmente prezioso esperimento di integrazione. Per questo sarà importante fare sempre molta attenzione ai libri da adottare. Esistono purtroppo molti testi scolastici arabi offensivi nei confronti dei cristiani e degli ebrei, o con visioni gravemente distorte della storia (a cominciare dall’approccio negazionista verso la Shoah), che potrebbero minare la credibilità dell’intero progetto. Bisogna cercare di “volare alto”. Sarebbe per esempio un gesto simbolico molto significativo porre all’ingresso della scuola – in modo da renderla ben visibile a tutti - una delle frasi del Corano più nascoste dagli estremisti islamici: quella che recita (2ª 62) “Sì, i musulmani, gli ebrei, i cristiani, i Sabei, chiunque ha creduto in Dio e nel Giorno ultimo e compiuto opera buona, per costoro la loro ricompensa presso il Signore. Su di loro nessun timore, e non verranno afflitti”. Per una scuola che vuole essere un mezzo di vera integrazione e nel contempo uno strumento di lotta all’ignoranza, sarebbe davvero uno splendido biglietto da visita.Fonte: mio articolo su Repubblica del 10 ottobre 2006