Davide Romano

Anche a Milano il buono dei grattacieli di New York


Milano è in una fase di grandi cambiamenti urbanistici. Nove grattacieli sorgeranno entro il 2015, mentre almeno altrettante aree della città saranno riqualificate. Di fronte a queste profonde trasformazioni, non si può non guardare a come anche New York abbia affrontato - nel secolo scorso - il proprio sviluppo edilizio: trasformandolo in un’occasione di crescita per la propria vivibilità. La Grande Mela ha certo costruito – come stiamo facendo noi - nuovi parchi e giardini, certo. Ma c’è una forma di bene pubblico che purtroppo Milano non ha ancora saputo importare: i Privately Owned Public Space (giardini privati aperti al pubblico) coperti. Il più famoso di tutti – fiore all’occhiello di New York - è quello costruito all’interno del palazzo della Fondazione Ford. Ampio più di un migliaio di metri quadrati, con delle grandi vetrate come muri perimetrali, è così impreziosito dalla presenza di piante da sembrare un orto botanico. Ovviamente non tutti questi tipi di giardini sono così spettacolari, ma anche quelli meno appariscenti rappresentano comunque delle oasi urbane di tranquillità. In queste aree private l’accesso è libero e non è obbligatorio consumare alcunché. Anzi, spesso non c’è neppure un chiosco. Sono insomma come dei veri e propri giardini pubblici ricavati all’interno dei palazzi della città. Inutile dire come anche Milano abbia bisogno di queste strutture. In una città come la nostra, così calda d’estate e così fredda d’inverno, avere un posto dove rifugiarsi quando il tempo fa i capricci è indispensabile. Basti pensare ai tanti appelli estivi delle autorità rivolti agli anziani perché vadano nei centri commerciali, per sfuggire al pericolo dell’afa. Non sarebbe meglio invece disporre invece di questi giardini al coperto, dotati di aria condizionata, e gratuiti? Tali spazi potrebbero essere sfruttati peraltro anche dai giovani, così come si usa a New York, per darsi appuntamento e per fare due chiacchiere tra amici, senza per forza dover comprare qualcosa. C’è il problema dei costi di costruzione di queste aree, certo. Ma non dimentichiamo che a Milano come a New York ci sono normative che impongono degli oneri - dovuti dai costruttori di nuova edilizia urbana - da pagare alla città, attraverso la costruzione di nuove strutture (strade, parchi, parcheggi, asili, ecc.). Tale meccanismo si chiama “scomputo degli oneri di urbanizzazione”. Un’espressione bruttissima (come solo la nostra burocrazia sa inventare), che si può tradurre con il pagamento delle tasse da parte dei costruttori non attraverso contanti, ma con opere di pubblica utilità. Un sistema che funziona molto bene. Tanto è vero che buona parte dei parchi e dei giardini pubblici costruiti negli ultimi anni a Milano sono frutto di tale meccanismo. Oggi la nostra città sta aprendo moltissimi cantieri, e con essi nuove opportunità di ridefinire la propria vivibilità. Sarebbe un vero peccato se copiassimo da New York solo i grattacieli, e non anche queste isole di tranquillità in essi contenuti. Davide Romano Pubblicato su La Repubblica -  Milano il 10 giugno 2007