Davide Romano

Le infrastrutture dell'accoglienza


Il caso ha voluto che due fatti di cronaca milanese si sovrapponessero in questi giorni: da un lato la vittoria dell’Expo, dall’altro lo sgombero dei campi rom di via Bovisasca. Due  avvenimenti privi di legami, ma che nella realtà milanese saranno col passare del tempo sempre più intrecciati l’uno con l’altro. Pensiamo alle ricadute dell’Expo, soffermandoci per un momento sulla sola costruzione delle nuove vie di comunicazione che verranno realizzate: autostrade, Alta Velocità, linee metropolitane, oltre che le vie d’acqua e di terra. Sono tutte costruzioni indispensabili e che renderanno la nostra città migliore. Ma chi lavorerà giorno e notte in quei cantieri? E’ ovvio che dei nuovi 70 mila posti di lavoro previsti dal business complessivo dell’Esposizione, la grande parte di essi sarà impiegato nella costruzione di queste infrastrutture. Così come è altrettanto ovvio che a lavorare di cazzuola saranno in maggioranza immigrati (tra cui anche i Rom). Dirò di più: è ragionevole prevedere che a fronte di una offerta di lavoro tanto forte, l’immigrazione nella nostra città registrerà un consistente aumento. La storia di Milano ha infatti ampiamente dimostrato una delle leggi più banali dell’economia: la manodopera si sposta dove c’è lavoro. Siamo pronti ad affrontare l’arrivo di questa nuova ondata migratoria? Il recente sgombero del campo Rom alla Bovisa ha dimostrato come non riusciamo neppure a gestire la situazione attuale. Più che alla “forza delle istituzioni”, abbiamo assistito al triste spettacolo della loro debolezza. I limiti nella capacità di accoglienza della nostra città sono ormai evidenti a tutti. I nomadi di Milano infatti non vengono sgomberati da insediamenti illegali – come sarebbe giusto – per essere messi in luoghi dove sistemarsi in maniera stabile e cominciare ad integrarsi, mandando per esempio a scuola i loro figli. Nulla di tutto questo. La questione dei Rom la si affronta solo spostandoli, senza porsi il problema di dove andranno dopo. Così facendo però il problema viene rinviato, non risolto.E’ lo stesso vice-sindaco De Corato ad ammettere i limiti delle capacità di accoglienza di Milano, quando dice che non può essere solo il Comune a farsi carico dei Rom. Proprio la capacità di accoglienza (dei rom come degli immigrati in genere, che arriveranno ben prima dei turisti) sarà una delle questioni-chiave più urgenti su cui bisognerà accendere i riflettori. Se infatti l’Expo sarà una grande occasione per rilanciare Milano, bisogna cominciare a pensare da subito anche a tutto quanto si muoverà intorno ad esso, da domani al 2015. E’ indispensabile che su questo le istituzioni si confrontino da subito in maniera bipartisan, coinvolgendo il mondo del volontariato. Se si vogliono evitare sette anni di immigrazione non governata serve un cambio di passo: pensare cioè l’Expo non solo in termini di occasione per realizzare le infrastrutture del trasporto, ma anche come un’opportunità di costruzione delle altrettanto indispensabili infrastrutture dell’accoglienza. Davide Romano  Pubblicato su La Repubblica - Milano il 3 aprile 2008.