Davide Romano

Venti case di cristallo per la preghiera dei musulmani


Sono profondamente contrario ad aprire una moschea a Milano. A mio parere infatti, ne servono almeno una ventina. E lo dico proprio a seguito dell’arresto dei due marocchini che progettavano di uccidere tanti innocenti nella nostra città, dal Duomo alla Questura. Naturalmente le venti moschee che servono a Milano dovranno essere trasparenti come delle vere e proprie case di vetro. Con tanto di microfoni che permettano di ascoltare il contenuto delle prediche che dovranno tenersi in italiano o,  in casi particolari, anche nella lingua dei fedeli. Naturalmente ci sarà subito chi obietterà che non si può trattare l’islam in maniera diversa da quanto si fa con le altre religioni. Nulla di più sbagliato. E’ ora di piantarla con il concetto del “siamo tutti uguali”, che personalmente ho sempre trovato appiattente e grigio. E’ vero invece l’esatto contrario, e cioè che siamo tutti diversi. Questo vale sia per i singoli che per le diverse comunità religiose. Basti pensare a quanto sarebbe ridicola e senza senso la sola ipotesi di far ascoltare, per motivi di sicurezza, le omelie dei parroci nelle parrocchie della nostra città. Del resto, chi ha mai sentito parlare di terrorismo suicida cristiano? Tali differenze sono evidenti anche se si guarda alle comunità religiose obiettivo della violenza estremista, sia essa di provenienza religiosa o politica. Solo se si riconoscono tali diversità si possono spiegare i motivi per cui davanti alla sinagoga di Milano – e non davanti ai luoghi di preghiera buddisti o cristiani - c’è sempre un auto delle forze dell’ordine a vigilare. Da Istanbul a Mumbai, la storia recente del terrorismo suicida continua tristemente a ricordarcelo: i centri religiosi dell’ebraismo sono spesso obiettivi dell’estremismo islamico globale, così come di quello politico locale.O i fanatici del “siamo tutti uguali” vorrebbero togliere la protezione ai luoghi di culto ebraici in nome dell’uguaglianza?E’ solo se riconosciamo tutte queste differenze che possiamo pensare di governare i fenomeni religiosi in maniera corretta, ciascuno secondo la propria specificità. Per questo mi fa paura l’idea del “divieto di moschea”. Non è pensabile infatti che a seguito di un divieto di legge, all’improvviso più di centomila musulmani lombardi smettano di pregare. E’ ovvio che parte di costoro inizierebbero, come i cristiani ai tempi dei romani (ma la storia non insegna mai nulla?), a ritrovarsi in clandestinità. Ed è proprio questo che dobbiamo temere: tante piccole riunioni di preghiera clandestine, guidate da altrettanti imam improvvisati. Il risultato? Senza dubbio un proliferare di imam fai-da-te, preghiere non controllate organizzate soprattutto dai musulmani più radicali, predicazioni violente. Il tutto si svolgerebbe all’insaputa delle forze dell’ordine, che dovrebbero così moltiplicare le già insufficienti risorse per indagare non più su qualche moschea trasparente, ma su decine di luoghi di ritrovo clandestini. E’ questo il risultato che si vuole ottenere?Davide RomanoPubblicato su La Repubblica - Milano il 5 dicembre 2008