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LA MORTE DEL DIALETTO E' UNA SCONFITTA PER TUTTI

Post n°78 pubblicato il 20 Agosto 2009 da romanodavide

I corsi di dialetto proposti dal segretario della Lega Nord Umberto Bossi hanno riscosso pareri negativi da parte di tutte le forze politiche. Questione chiusa, dunque? Non proprio,anzi.
I dialetti restano infatti un patrimonio che bisogna evitare di disperdere. Basta solo pensare alla ricchezza espressa dalla canzone milanese grazie alle voci di Nanni Svampa o Enzo Jannacci, giusto per ricordare i primi due talenti che vengono in mente. La lingua in cui ci si esprime è infatti patrimonio essenziale per la continuità delle tradizioni di un popolo. La comunità ebraica per esempio da millenni fa grandi sforzi perché non venga persa la conoscenza della lingua dei padri, indispensabile peraltro a pregare ed a leggere i testi sacri. La stessa cosa vale per la comunità arabo-islamica, che ha nella lettura del Corano un costante incentivo all’apprendimento dell’arabo. Per entrambe le comunità, così come per altre presenti sul nostro territorio, la lingua oltre che mezzo di preghiera è anche veicolo di cultura. Di più: se è vero come diceva Marshall McLuhan che “Il mezzo è il messaggio”, è altrettanto vero che la lingua (o il dialetto) è identità, oltre che fare comunità. Pensiamo ai nostri connazionali all’estero che hanno cercato di insegnare alle nuove generazioni l’italiano o, più spesso, anche solo il dialetto. Per loro era l’unico modo per mantenere l’identità italiana. E avevano ragione. Una volta perso l’uso della lingua o del dialetto, per i loro figli e nipoti accedere al proprio patrimonio culturale è diventato molto più difficile, e intere generazioni di italiani stanno gradualmente perdendo la propria identità. Bisogna per questo essere d’accordo con l’idea bossiana di portare il dialetto nelle scuole o con i test di dialetto per gli insegnanti? Certo che no. Ma attenzione a non buttare il bambino con l’acqua sporca. Se a Milano la questione del dialetto ormai non si pone quasi più (tra i giovani non lo parla più nessuno), così non è in provincia o nel resto della Lombardia, dove il tema è più presente di quanto si creda. Fa anzi ormai parte a pieno titolo di quegli elementi che differenziano la questione settentrionale da quella meridionale. Il motivo? semplice: perché il dialetto milanese rischia di scomparire, al contrario per esempio di quello napoletano o palermitano parlati quotidianamente anche dai giovani. Nelle città del sud l’immigrazione è stata molto minore e assai più lenta, tanto da portare i nuovi arrivati (italiani e non) a parlare il dialetto del luogo. Da noi invece l’uso del milanese è caduto in disuso. E si farebbe un grande errore a pensare che con la scomparsa di un dialetto si fa un dispetto alla Lega. Sarebbe invece una sconfitta per tutti, così come lo è ogni volta che una lingua o una cultura muore. Senza contare che è proprio la paura della perdita delle tradizioni che contribuisce a creare quello che il sociologo Bonomi chiama “lo spaesamento”, ovvero quella mancanza di identità che la politica leghista sa ascoltare molto bene.

Davide Romano

 Pubblicato su La Repubblica - Milano del 19 agosto 2009

 

 
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Commenti al Post:
maxime50
maxime50 il 11/04/10 alle 02:30 via WEB
Caro signor Romano, ma mi faccia il piacere. Le citero' brevemente: perche' non ha scritto il suo articolo in (per dire) lumbard?? semplice. Perche' altrimenti il 75% di chi la legge non lo capisce. Gia' navighiamo nell'ignoranza cosi', in Italia, gia' l'inglese e' INDISPENSABILE, e chissa' che tra poco non sia incalzato dal cinese, e ci si va ancora ad aggrappare a quelle volgari storpiature contadine chiamate dialetti? credo che in futuro dovremo avere un po' piu' di rispetto per il cervello dei nostri bambini, e indirizzarlo verso cose utili. (immagino un bambino dei primi del '900, giocare,mamma mia,con una incomprensibile "playstation"....ma apriamo gli occhi.)
(Rispondi)
 
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