I di Montegiordano

CORREVA L’ANNO 1862


<1>La conversione ducato borbonico-lira italiana.da : LA GRANDE TRUFFA DEL CAMBIO.di ENZO REGINA. La conversione ducato-lira avvenne in virtù della legge 786 del 24 agosto 1862. Essa è a mio avviso la causa “storica”, sotto il profilo valutario, che ha determinato quella condizione di depressione del Mezzogiorno d’Italia che prese il nome di << Questione Meridionale>>.I sistemi monetari bimetallici sono caratterizzati da due grandezze : il peso e il titolo monetario. Gli economisti monetaristi l’uno lo interpretano come valore di consumo e l’altro come valore di scambio. Ora, se si vuole procedere alla conversione tra monete diverse, occorre tener conto non solamente del peso delle monete impegnate, ma anche dei titoli vigenti nel sistema monetario assorbito : qualora non tenessimo conto di questo realizzeremmo si una unificazione monetaria ma non avremmo realizzato l’unificazione valutaria. In altri termini operando in siffatto modo, rimane unificata la produttività interna ma non quell’esterna, cioè il costo anticipato e non il ricavo in quanto si stabilisce una ragione di scambio errata nei rapporti bancari e commerciali tra le aree preesistenti l’unificazione. Ciò premesso, i titoli legali allora vigenti per l’oro e l’argento per la lira italiana erano di 900 millesimi. Il sistema era uniformato a quello del franco francese, notoriamente bimetallico zoppo ( per i non addetti ai lavori chiariamo che un sistema monetario è bimetallico zoppo quando non c’è costanza di rapporto fra i valori dell’oro e dell’argento ). Il sistema monetario del Regno delle Due Sicilie era da riguardarsi come un sistema bimetallico con il ducato ancorato al prezzo dell’argento : i titoli legali valevano 833,33 millesimi per l’argento e 996 millesimi per l’oro. Quindi : lira per l’oro 900 per mille; lira per l’argento 900 per mille. Ducato per l’oro 996 per mille; ducato per l’argento 833,33 o 834 per mille.Le conseguenze furono:1)      plusvalenza per l’oro a vantaggio del ducato di 96 millesimi;2)      minusvalenza per l’argento a svantaggio del ducato di 66 millesimi.Ne discese che bilanciando la valuta-costo in oro e la valuta-ricavo in argento ( il ducato era ancorato al prezzo dell’argento ) avemmo una plusvalenza di costo pari al 30 per mille cioè il 3 per cento a carico dell’area meridionaleLe questioni economiche, in particolare quelle monetarie, sono sempre un po’ complesse. Volutamente tacerò ( potrà formare oggetto di un’altra riflessione ) della rottura esistente all’interno dell’area del Ducato nella circolazione bancaria tra il Banco Regio dei Domini al di qua del Faro ( Banco di Napoli ) e il Banco regio dei Domini al di là del faro ( Banco di Sicilia ) dovuta a una circolazione bancaria unica ma con due casse, una di Stato (Banco di Napoli) e una privata (Banco di Sicilia). Come pure tacerò (dovremmo tirare in ballo l’eccesso di parità aurea della lira egiziana…) del dato originalissimo di aliquota di sovraccosto che coincise con la plusvalenza di tutta la circolazione mondiale dell’epoca: il che conferma la tesi di illustri monetaristi che la rottura della circolazione tra i Banchi di Napoli e di Sicilia fu rottura tra un’area Nord Euro-Americana e un’area Sud Afro-Asiatica nella cui eliminazione si è fatta consistere la pianificazione valutaria internazionale.Tornando a noi, ritengo che il cambio ducato-lira per come venne assunto 4,25 (4,24) lire per ducato fu un cambio errato. Era un cambio di banconote che doveva essere rettificato come cambio di valuta con un incremento a favore del ducato del 3 per cento.E cioè : 1,03 x 4,25=4,3775 lire per ducato.Ricordiamo che quattro anni dopo (nel maggio 1866) la lira venne dichiarata inconvertibile ( di una inconvertibilità interna) e la plusvalenza del 3 per cento rimase all’interno dell'area   segue<2>CORREVA L’ANNO 1862segue<2>da : LA GRANDE TRUFFA DEL CAMBIO.                                                        di ENZO REGINA.                               CONSEGUENZE GRAVISSIME! Le conseguenze furono:1)      maggiorazione del tasso di sconto;2)      sovraccosto dei trasporti;3)      sovrimposta di consumo;4)      e<< last but not least>> la plusvalenza valutaria all’esterno dell’area meridionale di conseguenza richiamava altrove la giacenza bancaria in virtù della maggiore valuta con interesse maggiore a vista sui risparmi.Tutto ciò impedì la formazione di capitali nel Sud-Italia bloccando l’espansione industriale e commerciale secondo quel ritmo accelerato che ha caratterizzato lo sviluppo economico delle regioni del Nord. Ricordo che nel Sud Italia, dive c’era stata la prima ferrovia italiana, i Guppy avevavo cominciato a stanziare grossi investimenti industriali quando intere aree del Nord erano ancora ad economia prevalentemente rurale.Le considerazioni finali attengono alle dinamiche di investimenti e reddito che si dovrebbero fare partendo non dal capitale ozioso ( quello che gli economisti chiamano “ Hot Money”) ma dalle unità di reddito risparmiate e dovrebbero svolgersi in equilibrio tra produzione e consumo, reddito e capitale.A mio avviso in economia non si può rimanere in un ambito rigorosamente scientifico bensì anche di elevazione individuale perseguendo il superiore fine della civiltà umana che l’Artiere Galileo ci ha mostrato. Cioè non possiamo interpretare la realtà che ci circonda adeguandovi il ns. pensiero senza stabilire la finalità da raggiungere. Anche nel campo sociologico gli indirizzi oggi prevalenti non sono quelli positivisti di Comte o di Durkheim bensì quelli etico-umanistici di Sturzo e di Timasheff, in quanto si è compreso che ogni speculazione teorica deve tener conto di tutto l’uomo : sinolo stupendo di spirito e di materia. E il sinolo uomo deve lasciare agire in sé il Creatore che silenziosamente ma attivamente opera, e non anteporsi a Lui.Se il fine dell’Italia del 1862 e del 1866 rispetto alla questione della conversione Ducato-Lira e del Debito pubblico integrato fosse stato anche etico, OGGI NON CI TROVEREMMO DI FRONTE AL SOTTOSVILUPPO DEL SUD E A UN’ITALIA A DUE VELOCITA’.