Spazialità della Dea

Quale Salento ?


                                                                                                                                                      Ho Ho terminato , con grande soddisfazione la lettura dell’eccellente opera ultima di Gianni Simeone, in un consueto  tiepido pomeriggio invernale su una delle baie che decorano la meravigliosa costa alternante calette di sabbia e scoglio, a pochi chilometri  dalla mia città, Taranto, quella dei due mari.  Con la distesa sabbiosa alle spalle guardo come sempre  il mare, oggi calmo, elegante e sinuoso nei movimenti delle onde , penso che forse la Dea Venere potrebbe d’un tratto farsi strada dalla superficie dell’acqua come un accattivante delfino e raggiungermi e svelarmi se il mio mare il “bene” che amo a dismisura, è un mare salentino o calabrese (il che potrebbe essere la stessa cosa…).A dir la verità la costa jonica   l’estrema che può guardare l’infinitezza del mediterraneo, perché di fronte ha solo quella, non penso si sia posta  mai questo dilemma.Il problema è solo umano, è quello di chiedere lumi su un’appartenenza o un’altra, che poi certo non cambierebbe il corso della storia o, forse si, perché comunque dalla storia si traggono domande e risposte, per far cosa poi? Magari per stabilire dei limiti, per alzare dei muri, per stigmatizzare  caste e campanili,  per sentirsi diversi in un massimo comune denominatore : quale Salento, o quale Puglia o quale Albanìa o Calabrìa  come affermava un vecchio mastro muratore leccese. Magari ,invece, per capire meglio se stessi, per agire e pensare diversamente. Nel suo accuratissimo studio Gianni Simeone con l’occhio del sociologo attento , non ha tralasciato ambito di colta disquisizione svelandoci quanto è difficile porre delle barriere, ma anche quanto lo è sentirci  uguali.L’identità geografica è un concetto onnivoro , parla di terre natali, di legami parentali, di idiomi, di intimità di coscienze, ci sorregge nella geografia dei viaggi migratori.Il problema, si ripresenta a cicli storici , spesso sottintende l’ordire stati di sopraffazione dell’uomo sull’altro uomo, partendo magari dal vicino di casa….come la storia vicina e lontana ci racconta.Il lavoro di Gianni Simeone è un lavoro di analisi e di sintesi, ma si pone in assoluta continuità con gli ambiti che descrive alla ricerca di un fare chiarezza tra i termini, gli idiomi, le culture,i ritmi, le identità perdute e/o ritrovate. Per fare dell’identità un concetto diverso e più ampio, culturale.E’ un lavoro che può porre dubbi a chi mai se li è posti, ma alla fine apporta aiuto alla risoluzione dei problemi trattati .Lo fa con lo sguardo di chi, con serena malinconia è fuori e lontano dalla terra che tratta, ma che lo tiene collegato d’amorosi sensi, tanto da ritornarci  per  scrutarne , rispettoso ,gli angoli più bui, più dimenticati o più disincantati ma che pur sempre custodiscono tesori e certezze.Gianni Simeone viaggia nel tempo, attraversa strade e tratturi tra il candore dei trulli e l’intenso azzurro dei cieli e dei mari di questo luogo baciato dagli dei per la mitezza del clima, la fantasmagoria dei colori, l’assoluta univocità della luce cara ai pittori e la secolarità della pietra e della terra .Il suo percorso segue i ritmi ora lenti ora  sfrenati come le  pizziche e neopizziche , pur sempre espressioni popolari , oggi colte, di un divenire musicale che contraddistingue in “frame” ondulatori e sussultori gli archetipi delle popolazioni pugliesi o salentine che dir si vogliaL’autore mette in relazioni fatti, uomini, confini , decodifica linguaggi, stati d’animo, luoghi del cuore, ma sempre e comunque trova quel certo “quid” che contraddistingue l’”essere” della sua origine (anzi di una delle tante origini, come per tutti…come dice) di chiare basi salentine-pugliesi che  lo pervade di “giocosa dipendenza” ma pur sempre distaccata  e consapevole  che lo  forma in veste specifica di ricercatore e studioso.  Taranto 6 Gennaio 2010                                Carmela Amati