Creato da Karmelia il 19/02/2007
Il mito e l'antica cultura della Dea Madre
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Il titolo del loro saggio di Marialuisa Vallino e Valeria Montaruli, rispettivamente magistrato e psicanalista e criminologa, fa riferimento alla vicenda di Artemisia Gentileschi, celebre pittrice seicentesca, ma anche vittima di stupro, come “altre” donne. L’evidenza quotidiana della violenza risalta nelle pagine di cronaca e sottolinea di continuo l’aberrante fenomeno di “genere” che riguarda i maltrattamenti fisici, gli abusi psicologici, gli omicidi. Gli scenari della violenza perpetrata nei confronti delle donne sono infiniti e occorre riflettere sul senso profondo del femminile e sulla soggettività lesa.
Cosa si cela dietro le protervie umane? Perché la Dea antica, madre, sposa e sorella dell’uomo è stata violata? E quali gli scenari tipici in cui la violenza si concretizza? Infine, esiste un modo per canalizzare in maniera sana e creativa il dolore? L’intento delle autrici è quello di fornire una nuova chiave di lettura del fenomeno, attraverso una ricostruzione storico-mitologica del Femminile e del Maschile, quali strutture di identità e di relazione, con particolare attenzione al ruolo degli Archetipi. La teoria archetipica può aiutarci ad individuare le tracce endopsichiche che impediscono un rapporto sano con l’altro, andando alle origini dei comportamenti che inducono a relazioni caratterizzate da ostilità e violenza. L’incontro maschile-femminile troppo spesso si tramuta in un amplesso mortifero, e l’alterità annullata, viene inesorabilmente asservita ai bisogni personali.
I vari capitoli esaminano le espressioni simboliche appartenenti alla vasta cultura umana, con interessanti e ricchi rimandi ai temi mitici della letteratura e della tragedia greca, che vengono contestualizzati. Particolare rilievo assumono, in tal senso, le figure del mito che implicano la coniunctio oppositorum, il superamento della scissione, la ricerca di unità.
Un ulteriore approfondimento riguarda la descrizione di casi, tratti dall’attività clinica e peritale, che permettono al lettore di entrare nel vivo di percorsi analitici (attraverso il sogno) e narrativi (testimonianze).
Le dichiarazioni di vittime e aggressori illustrano le dinamiche intra e intersoggettive dei delitti aventi come vittime le donne. La peculiarità dell’aggressore e dei suoi agiti traccia un percorso conoscitivo all’interno della criminodinamica e riflette la necessità di esplorare sempre più approfonditamente anche le caratteristiche delle vittime. E’ un testo divulgativo sotto il profilo psicologico-clinico, giuridico, criminologico, storico-antropologico. Viene svolta una disamina degli strumenti spiccatamente preventivi, oltre che repressivi, in tema di stalking, femminicidio, che hanno finalmente colmato un vuoto normativo relativo ai comportamenti sussumibili nella violenza nei confronti delle donne, fornendo nuovi strumenti di tutela delle parti offese. Il processo, analogamente alla stanza dello psicanalista e all’esperienza dei centri antiviolenza, è un luogo privilegiato di narrazione della violenza. Il racconto, dentro e fuori il processo, è un viatico imprescindibile, per risanare le lacerazioni delle vittime e per impostare un nuovo rapporto con l parte maschile, dentro e fuori di sé.
Nelle parti conclusive, le autrici formulano proposte d’intervento in campo preventivo e trattamentale: la narrazione, l’accesso a nuove risorse, ma soprattutto la consapevolezza profonda, muovono in direzione del rispetto e riconoscimento di sé e degli altri.
“L’obiettivo”, precisano Vallino e Montaruli, “è quello di affermare il valore dei “riti” connessi alla rinascita, di stimolare il rapporto osmotico tra Maschile e Femminile, in vista del superamento della scissione”.
“Il saggio di Marialuisa Vallino e Valeria Montaruli è una tappa importante nel percorso di comprensione della violenza di genere. All’affascinante storia mitologica delle figure maschile e femminile, dei loro intrecci e contrasti, della supremazia dell’uno sull’altra, contenuta nella prima parte del libro, segue una fondamentale trattazione legale, informativa, esplicativa dei soprusi maschili sulla donna (…) Mai prima di questo libro la violenza di genere era stata affrontata in modo tanto completo e approfondito, dagli archetipi junghiani che ci permettono di fare chiarezza in caratteri e comportamenti di vittime e carnefici alle varie sfaccettature della legge e degli strumenti per modificare in senso positivo una realtà aberrante, anacronistica in un Paese evoluto del terzo millennio”.
(dalla prefazione di Cinzia Tani, giornalista e scrittrice)
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Dal tesoro di Desana -gioielleria occultata dai Visigoti risalente al IV , V secolo- la Croce di Costantino viene mostrata al pubblico a Milano nel marzo 2013, nella mostra di Palazzo Reale “Costantino 313”, mostra di archeologia e arte che ha offerto più livelli di interesse.
Tra più di duecento oggetti esposti in nome della tolleranza religiosa spicca il bel pendente a forma di crocetta in oro, granata e smeraldo.
Il gioiello si fregia di incisioni di talentuosa fattura di pampini d’uva nella lunghezza dei bracci che corredano un fiore centrale a sei petali e di una simbolica brocca nel basso del braccio più lungo. La brocca non può che riportarci alla creativa Elena, mamma di Costantino, simbolo femminile di abbondanza e di vita.
CARMELA AMATI
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Melusina è uno dei miti medioevali che le donne tutte dovrebbero conoscere perchè ha i tratti dell'archetipo primordiale femminile.
In occasione dell'8 marzo dedico a noi donne alcuni versi tratti da una ballata di un poeta contemporaneo Antonio Porta dedicata alla donna-sirena Melusina
Questa è l'età dell'oro
delle piogge rotonde e dolci
delle donne gentili,
dei cieli intessuti di gelsomini
dei soli vorticanti
che le zolle rendono feconde.
Questa è un'età che finisce ora come sempre,
qui come altrove,
come il giorno succede alla notte,
come la notte prepara il giorno.
Così si va via
dalla mattina alla sera,
dalla sera alla mattina
nell'aria cristallina
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Non immaginavo certo di imbattermi nell’immagine di un “bafometto” nel piccolo centro di Cisternino.
Ero alla ricerca della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli certa di trovarla nel meraviglioso centro storico del paese.
Imboccata la Via di Santa Maria di Costantinopoli ero sicura di imbattermi nel tempio, ma di questo nessuna traccia.
Non convinta cercavo tra i vicoli adiacenti un qualcosa che mi ricordasse una presenza medioevale o almeno mi esprimesse la presenza del culto di Maria di Costantinopoli.
E guarda e riguarda finalmente eccolo lì : dallo spigolo di congiunzione tra due muri imbiancati dalla calce sbalzava vigoroso un anaglifo con tratti evidenti di un volto tenebroso e misterioso come se ne vedono in giro tra i nostri centri a caratterizzazione medioevale .
I Bafometti rappresentavano un’antica segnaletica del luogo dove i Cavalieri del Tempio innalzavano chiese ed ospizi.
Il Bafometto termine di derivazione greca – baphe e metis “battesimo di saggezza”- è l’essere androgeno, esoterico, secondo l’Inquisizione , adorato dai templari e che fu concausa della loro esecuzione sul rogo
Sapevo della presenza dei monaci Basiliani che per primi intitolarono il luogo Cisterninum ( al li là di Sturmium, il nome romano di Ostuni) ma non ero a conoscenza della presenza di Cavalieri Templari in quella zona.
Carmela Amati
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il 01/04/2008 alle 11:09
Inviato da: LorenaBianconi
il 01/04/2008 alle 11:06
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Inviato da: Karmelia
il 14/04/2007 alle 19:31