Perso nel blu

Diario di bordo di una vita alla deriva e di un capitano rimasto senza equipaggio perso nel tempestoso oceano del vivere

 

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Post n°49 pubblicato il 27 Gennaio 2009 da Capt_Hornblower

Che strano tempo il nostro.
Specie per noi, famigerata generazione venuta al mondo a cavallo fra anni 70 e 80, fra attentati e "Drive In" ... ultimi a posare lo sguardo sull'era analogica e primi a poggiarlo su quella digitale.
In un certo senso potremmo definirci gli ultimi fortunati possessori di una certa memoria storica che già dalla generazione successiva si sarebbe perduta, smarrita nelle luci al neon e nei colori esagerati degli 80's .


Memoria di cosa ?
Forse di qualche valore, di quei sani insegnamenti che a 15 anni prenderesti volentieri a calci e che a 30 ritrovi come tuoi senza nemmeno accorgerti di aver fatto un giro completo, di essere passato dal via, ritirato le 20mila e di dover ritirare i dadi.
Ed è a questo punto che ti guardi attorno e non riconosci più il tuo mondo ... anzi il mondo in generale.

Stasera guardando X-factor ho visto ragazzetti piangere disperati per una esclusione o non ammissione al programma. Poverini, mi sono detto, sono stati privati del loro sogno.
Quale sogno ? Passare qualche mese in tv cantando fregnacce e preoccupandosi solo del taglio di capelli o della coreografia ? Probabile.
Ho ripensato poi ad un bellissimo documentario sulla Grande Guerra ed in particolare sulla vita di trincea, sui protagonisti di tale tragedia e sulla loro forza interiore e profonda dignità.
Ricordo benissimo alcune lettere, lette durante il racconto, spedite dal fronte da ragazzi appena maggiorenni alle famiglie. Ragazzi semianalfabeti di origini contadine, presi e da un giorno all'altro passati dai campi alle trincee, dalla zappa al fucile, dalla terra alla fetida poltiglia di fango e sangue dei campi di battaglia.
Ragazzi che con la morte costantemente davanti agli occhi chiedono alle famiglie notizie sul raccolto e sulla salute degli animali, ragazzi che si lamentano sì delle condizioni disumane in cui versano ma che subito dopo si aggrappano alla speranza e tirando fuori tutta la forza di cui sono capaci auspicano un futuro migliore per tutti.

No, non dico serva una guerra per tirar fuori il meglio di sè, nè mi sto infilando in un infinito quanto inutile discorso retorico così per la semplice voglia di farlo ... stavo solo pensando al famoso tiro dei dadi, quello che a 30 anni senti di dover fare e senti di dover fare bene ... e pensi che ci vorrebbe un bel 12 per andare il più lontano possibile e ciò per me significherebbe soprattutto farmi una famiglia e avere dei figli.
Figli che, sogno fra i sogni, vorrei educare nel miglior modo possibile ma che ... sogno fra i sogni ... non vorrei far nascere in quest'epoca così arida di contenuti, di cuore, di valori e di dignità. Io la chiamerei l'epoca degli swarovsky, culi di bottiglia sapientemente tagliati tanto da renderli simili a lucentissimi brillanti.
Apparire e non essere.
Una cultura ormai talmente radicata da portarci a pagare i suddetti culi di bottiglia quasi come diamanti.
E le nuove generazioni a me sembrano tanti swarovsky messi tutti in fila a far bella mostra di sè, tutti preoccupati a lucidare le mille sfaccettature che sapientemente (ma nemmeno tanto) coprono il vuoto pneumatico che hanno all'interno.


Se avete 30 anni o giù di lì e specialmente se siete maschietti vi riconoscerete nell'ormai mitico tormentone che più o meno recita: "...noi a nostri tempi ci davi un pallone ed eravamo felici..." . Una rottura di coglioni, è vero, ormai lo si sente da troppo rimane il fatto che è così, non è null'altro che la verità.
Una semplicità la nostra che non era santità, non eravamo esenti da vizi o difetti per carità, eravamo solo più abituati ad accontentarci di poco e quanta emozione quando a quel poco si aggiungeva anche solo una virgola in più.
Oggi non faccio altro che sentire di ragazzini che girano con il coltello in tasca, altri che senza cocaina non solo non si divertono ma vanno in depressione, di ragazzine che torturate dall'obbligo di apparire maturano disturbi alimentari di vario genere, spesso letali, vedo ragazzi truccati e pettinati peggio di boy george dei bei tempi ostentare il proprio diritto ad apparire ed essere alla moda e poi sento di gang di ragazzine che pestano a sangue le rivali in amore. Un mondo sottosopra su cui qualcuno sembra aver vomitato.

Ecco il perchè di questa mia riflessione ... non dico di volere un figlio eroe che in mezzo a cadaveri e colpi di mortaio si preoccupa di come va il mio lavoro e prega per un mondo migliore, ma nemmeno uno che mi svuoti il portafogli per creme depilatorie e cocaina ...

Speriamo allora che da quei dadi esca miracolosamente un 24 e che mi permetta di essere il padre che vorrei, uno di quelli capaci di farti dimenticare lo schifo che ti sta attorno facendotelo passare anzi per il migliore dei mondi che avresti potuto trovare, uno di quelli a cui pensi quando hai bisogno di farti coraggio, uno di quei padri a cui sai di poterti affidare sempre e in ogni situazione, uno di quelli che non ti fanno mai mancare un abbraccio, un padre che ti ascolta, che ti capisce e se non ci riesce si sforza oltre le sue possibilità almeno per tentare, uno di quelli che ti fanno piangere e urlare di rabbia per poi capire dopo anni che si sono caricati volentieri sulla schiena il tuo odio solo per farti del bene ... uno di quei padri che non vogliono essere superman , ma solo un bravo papà per i loro figli.

Un papà come il mio che ha ispirato questi miei pensieri ...

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