Libri ed editoria

Blog della Deinotera editrice dedicato ai libri ed al mondo dell'editoria

 

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Fertililinfe su "Il dono di Rebecca"

Post n°60 pubblicato il 17 Marzo 2010 da deinoteralibri

Il dono di Rebecca di Marina Dionisi è un romanzo sul paranormale il cui tentativo è dare una spiegazione alla facoltà di sensitiva della protagonista, Rebecca, che sin da bambina scopre il suo dono e conosce la solitudine che questo comporta.
La narrazione è coinvolgente, con descrizioni sensoriali dell'ambiente che trasportano in un mondo legato al mito e alle percezioni extra sensoriali, riuscendo a far penetrare il lettore nella realtà del personaggio.
Il rapporto con la tangibilità delle sue percezioni è vissuto come normalità, ma diviene ben presto incomprensibile e rifiuto da parte di chi si trova ad essere testimone.
Rebecca, grazie agli affetti familiari, riesce a convivere con il suo dono imparando a gestirlo per non travolgere gli altri in situazioni per loro inspiegabili.
In alcune occasioni fornisce dei chiarimenti prendendo spunto dalla scienza e riuscendo ad infondere un senso di sicurezza e tranquillità.
Ogni capitolo è una storia che segue le fasi dell'esistenza di Rebi, così viene affettuosamente chiamata in casa, il cui filo conduttore è sempre la vita, il rapporto con i genitori e il nonno, quest'ultimo figura carica di complicità e dolcezza nei confronti della nipote.
Il linguaggio è in continua evoluzione, dal presente narrato catapulta in realtà parallele, come accadrebbe all'aprirsi di una botola sotto i piedi precipitandovi dentro, senza però subire il trauma della caduta. Una visione del paranormale diversa dalle solite in cui si materializzano spettri che divengono mostri da affrontare e che terrorizzano creando stati di violenza
Piuttosto una percezione di realtà del passato e del futuro, di sogni e segreti. Questo libro non ha la pretesa di creare un racconto secondo i canoni classici del romanzo, ma la finalità di descrivere le esperienze di una sensitiva e quello che comportano, dal riuscire a percepire il pericolo in cui si trovano le persone potendole salvare da morte certa, alla collaborazione con le forze dell'ordine per risolvere casi complessi, situazioni utilizzate per avvicinare il lettore ad una condizione in cui la vita si traduce in una convivenza normale con quello che solitamente è ritenuto anormale.

 


di Chiara Colaiacomo
 
 
 

L'Occhioche su "Il dono di Rebecca"

Post n°59 pubblicato il 17 Marzo 2010 da deinoteralibri

Il dono di Rebecca

 

La razionalità spesso conduce l'uomo all'arroganza della certezza. Eppure sovente l'inspiegabile prende il sopravvento, costringendo il certo a ceder passo a quel che la ratio non sa spiegare.
Il dono di Rebecca (Deinotera Editrice, Roma 2006) narra la storia di Rebecca, le cui facoltà di sensitiva si manifestano sin da bambina, portandola negli anni a convivere con quello che alcuni considerano un dono, altri una condanna che indirizza inesorabilmente ad una "ghettizzazione" indotta da una collettività spesso ben piantata a terra.
L'intreccio fra tangibile e percezione assume nella protagonista un sapore familiare, grazie anche all'apporto delle figure a lei vicine, e le spiegazioni degli eventi vengono a volte avallate da riscontri scientifici, altre volte si perdono nel sensoriale di una visione paranormale che non mira, come la letteratura del settore fa, a stupire con mostri che si materializzano da altre dimensioni (vedi thriller parapsicologici), bensì rende partecipe il lettore con un linguaggio coinvolgente in grado di condurlo, riga dopo riga, nella profondità dell'animo della stessa Rebecca.
Così, presente reale e presente parallelo si sovrappongono, lasciando come in un cross over psichico, all'interno di ogni dimensione i cenni dell'altra.
Marina Dionisi, studiosa dell'Energia e del Paranormale, al suo esordio letterario ha saputo cedere agli altri le proprie esperienze di vita, racchiudendo in un romanzo avventura, mistero, suspense, dove nulla è come sembra e ad esistere non è solo il visibile.
In un tempo leggendario figure come la Sibilla Cumana rappresentarono il mito riconosciuto e accettato; nel mondo odierno il fascino mitologico si è perso, lasciando solo un sentimento di rifiuto per il "diverso".
Ma l'andare "oltre" le frontiere può persino trasformare un lettore in Argonauta dell'ignoto.

di Simone Colaiacomo
 
 
 

Un premio alla cultura per la Deinotera Editrice

Post n°58 pubblicato il 17 Marzo 2010 da deinoteralibri

CENTINAIA di persone si sono avvicendate fino a tarda notte sotto la Torretta di Ponte Milvio dove è andato in scena il Premio Zinan's Club alla cultura e allo spettacolo, organizzato dall'imprenditore-scrittore Stefano Zinanni, con il patrocinio del XX Municipio presieduto da Massimiliano Fasoli.
Quest'ultimo è stato insignito del Premio insieme al vicepresidente Marco Perina, l'assessore ai Lavori Pubblici e all'ambiente Marco Clarke, il consigliere Giuseppe Calendino e Silvia Bertuccini. Tra gli artisti saliti sul palco si segnala Massimo Fabrizi, premiato per i suoi 1.620 sonetti e per il libro "Aldo Fabrizi, mio padre", vero e proprio spaccato di cultura romana e dello spettacolo italiano.
Sul palco, applauditissimo è salito Sebastiano Somma che continua a segnalarsi per le proprie qualità artistiche e per quelle sociali, ance all'interno della Nazionale Calcio Attori.
Poi Luisa e Zaira Maranelli (casa editrice Deinotera), Lidia Croce, moglie del compianto "libraio per eccellenza" Remo, la poetessa Titti Rigo De Righi, la regista-scrittrice Nella Cirinnà.
Nel corso della cerimonia - presentata dall'attrice Rita Capobianco e segnata da alcuni momenti di intrattenimento artistico - sono stati consegnati anche alcuni "premi fedeltà" attribuiti ai vicepresidenti dello "Zinan's Club" Nicola Irianni, Cinzia Ferri e Marco Miliotti, ai consiglieri Fulvio Rocco, Alessandra Cammarata, Patrizia Ritarossi, Sabrina Capello, Gilberto Valle.
A conclusione torta e champagne per Stefano Zinanni che ha festeggiato i suoi intensi 50 anni.

 

 

La Deinotera è stata premiata "come giovane realtà editoriale romana, per l’impegno e il rinnovato sforzo culturale tesi alla valorizzazione di una cultura libera e democratica ed alla composizione di una rosa di opere letterarie e saggistiche la cui caratteristica intrinseca sia la costante ricerca della qualità."

 

 
 
 

Paola Dentone intervista Marina Dionisi

Post n°57 pubblicato il 17 Marzo 2010 da deinoteralibri

Il dono di Rebecca è un romanzo che coinvolge due realtà parallele: una dimensione concreta, quella cui tutti accediamo, ed un ambito discosto, aperto solo a quanti sono dotati di percezioni particolari, che li fanno entrare nel mondo del paranormale. La protagonista, Rebecca, incarna tali facoltà di sdoppiamento – involontario – tra la attualità del quotidiano, che a tutti appartiene, e l’altra dimensione impalpabile. Avverte vibrazioni, percepisce aloni attorno alle persone, che la trasportano altrove, consentendole di rivivere situazioni del passato, pur solo partendo da un semplice oggetto, oppure di scoprire verità, anche dolorose, dietro gli individui. Non è un bagaglio semplice, essere dotati di tali percezioni, quanto un “dono” di sensibilità accentuata che conduce a volte a sofferenza ed al coinvolgimento in situazioni inquietanti.

 

 

Abbiamo interpellato l’autrice affinché ci aiutasse a penetrare nell’universo di tali inconsuete vibrazioni e potenzialità individuali e le abbiamo chiesto di presentarsi e rivelare le motivazioni alla base della scrittura del libro in modo da consentirvi di accostarlo nel modo più autentico.

 

“Il romanzo è nato dalla voglia di raccontare un personaggio "speciale" senza renderlo "particolare". Non volevo creare un personaggio fuori dagli schemi e dai limiti, ma uno che potesse vivere nella quotidianità di ogni giorno: una donna comune con qualcosa in più. Tuttavia volevo giustificare una donna di questo tipo ed ho pensato di utilizzare la leggenda, quel mondo pieno di fascino, mistero e tradizione che ancora oggi ci regala personaggi molto poetici come quello della Sibilla. Ed ecco che avevo un personaggio di oggi con un passato antico, leggendario. Potevo arricchirlo di sensazioni, esperienze... di "vita" rimanendo a metà tra la realtà e la surrealtà. Ecco come è nato il romanzo e come è nata Rebecca. Nata per passione, per amore verso la vita, per voglia di raccontare e creare qualcosa che fosse pieno di speranza e potesse dare alle persone la possibilità di guardare alla vita come ad un insieme di meravigliose opportunità”.

 

D: Come è approdata alla scrittura e quale valenza ha per lei?
R: Mi è sempre piaciuto scrivere. Per me, scrivere è la vita! Scrivo da sempre, fin da quando ero ragazza. Ho iniziato con delle novelle, quindi sono passata ai romanzi. Ma perché amo tanto la scrittura? Forse perché sono una persona molto riservata: gelosa della mia privacy, mi sento terribilmente a disagio nel momento in cui devo dare una conferenza o, comunque, devo parlare in pubblico. Al contrario, mi sento a mio agio quando mi metto a "parlare" con un foglio: è quello il momento in cui sono me stessa, forte di quanto dico e racconto. Ho notato più volte che lo stesso argomento - se trattato a voce - perde spessore agli occhi della persona che sta ascoltando, mentre se viene scritto - forse a causa dell'argomento tanto particolare che tratto o forse per il fatto che una persona, nel momento stesso in cui si mette a leggere, "si dispone" a recepire - viene accettato con più oculatezza o, comunque, respinto con minor cinismo e chiusura mentale.

 

D: Il romanzo si insinua nella dimensione del paranormale. Come è giunta a tali convinzioni?
R: Non posso asserire di essere "arrivata" a credere nel Paranormale, perché vi ho sempre creduto fermamente! Perché? Non lo so... passione! So solo che ho passato la vita a studiare le vibrazioni e l'energia, a fare ricerche, a scovare anche il più piccolo indizio, che come una piccola tessera andavo ad aggiungere al grande puzzle del Paranormale che stavo costruendo solo per me.

 

D: Come viene percepita/accettata la sua grande fiducia sul paranormale?
R: Molto male! La gente ha bisogno di certezze, di stabilità. Tutto ciò che non si vede o che non ha ancora una spiegazione scientifica fa paura e di conseguenza viene negato. Ma come negare il mondo delle vibrazioni, dell'energia? Un acuto fa scoppiare un bicchiere di cristallo, il quarzo fa andare gli orologi, una sirena troppo forte ci fa tremare i timpani... eppure, sono vibrazioni che non si vedono, non si toccano!... E allora, perché negarle? Purtroppo, per la nostra mentalità occidentale è difficile concepire un mondo di vibrazioni che ci circonda e nel quale viviamo immersi; difficile da accettarsi in quanto non è concretamente tangibile, conoscibile. E allora? Allora è più facile negare ciò che non si vede, piuttosto che dover accettare una nuova verità che potrebbe mettere in gioco tutti quei principi sui quali si è basata la propria esistenza. Forse, anche per questo non amo mettermi in mostra: vado avanti per la mia strada, continuo con i miei studi portando avanti le mie ricerche e... quando qualcuno mi chiede se ho letto "Il dono di Rebecca", mi dice che gli è piaciuto e che è sul Paranormale... beh, sorrido e dico che... sì, prima o poi lo leggerò! Forse, i tempi stanno cambiando; forse con gli anni la gente si avvicinerà a questo argomento con più fiducia e meno timore. Per ora, penso proprio che dovrà scorrere ancora tanta acqua sotto i ponti!

 

D: Come colloca l'attività di scrittura nella sua quotidianità?
R: Sono una donna come tante altre; più volte sono stata definita "una donna di larghe vedute e senza pregiudizi" e devo dire che in questa frase mi ritrovo perfettamente. Il mio lavoro, l'ho già detto, è lo studio dell'energia e per mia fortuna ho in casa il mio studio. Inoltre, ho un marito, dei figli, una casa da mandare avanti e gli stessi problemi e le stesse gioie che hanno tutte le altre mogli e madri. Forse, l'unica cosa che mi differenzia da loro è questo mio modo diverso di concepire la vita e ciò che è oltre la vita: una certezza che ho sempre cercato di infondere nei miei figli, in mio marito e in chi mi sta accanto. Una certezza che può donare serenità e fiducia, al giorno d'oggi cose molto importanti. Quando scrivo? La sera; quando la giornata è finita e tutti dormono, mi metto finalmente a scrivere.

 

D: Ha già altri progetti di narrativa?
R: Prossimamente pubblicherò il seguito de "Il dono di Rebecca". Inoltre, ho iniziato a scrivere un altro romanzo che si intitolerà "La vera storia di Avalon". E' un romanzo che mi sta appassionando sempre più: giorno dopo giorno, più scrivo più mi appassiono, mi commuovo e vengo coinvolta dalle mie stesse parole; chissà che non riesca a far rivivere anche a chi mi leggerà le stesse emozioni che provo...

 

D: Considerata la matrice del nostro sito, ci racconta un viaggio per lei significativo?
R: Un viaggio, un paese... il mio preferito senza per questo nulla togliere agli altri paesi?... Ma naturalmente la Scozia! Adoro la Scozia, così bella e malinconicamente maestosa in tutte le stagioni! I castelli e la natura tanto aspra e spaventosa da essere meravigliosa! Adoro le leggende (come quella delle Dame Bianche) che fanno parte integrante di quel popolo tanto fiero, austero, ma anche tanto buono e generoso... sì, perché gli Scozzesi - nonostante quello che si dice - sono generosi ma chiusi, aspri e sanguigni come il colore dell'erica selvaggia che ricopre le colline tondeggianti della loro terra. Adoro il rombo dell'oceano che si infrange contro le scogliere livide, il grido disperato dei gabbiani che volano sfidando le raffiche del vento, l'erba che ondeggia al suono delle cornamuse... eh sì! Perché all'improvviso può passare davanti a voi un gruppetto di Scozzesi in Kilt, che suona una delle loro dolcissime musiche... e allora vi viene spontaneo chiedervi se siete nati nel posto giusto o se sarebbe stato molto più bello nascere là, in quel posto così pregno di vibrazioni e più vicino al cielo! E sapete cosa mi piace di più? L'odore della legna che arde nei camini, la puzza dei fiati e della birra che invadono i vicoli andandosi a fondere con l'odore della salsedine e del pesce lasciato a marcire in qualche angolo nascosto. Questa, è la Scozia! Un paese unico al mondo per i suoi abitanti, per le tradizioni, i Clan, la natura, per gli odori e per i suoni... e per un attimo penserete di essere in un angolo di paradiso a parte!
 
 
 

Neon libri su "Il dono di Rebecca"

Post n°56 pubblicato il 17 Marzo 2010 da deinoteralibri

"Il dono di Rebecca" di Marina Dionisi scala le vette delle vendite e viene segnalato dalla Rubrica "Neon libri" di Raidue.

 

Questo romanzo, attuale e al tempo stesso inaspettato, narra la storia di Rebecca, donna di oggi e al tempo stesso figura leggendaria.
Rebecca vive infatti a contatto con due realtà: quella presente e percepibile a tutti e quella meno visibile, ma viva, delle vibrazioni. Così a contatto con luoghi e oggetti, la protagonista può svelarne le storie mai raccontate.

 

Un Paranormale a misura d'uomo che rivela di quante sfumature sia ricca la realtà e non spaventa.
 
 
 

Charizaword su "La nave del destino"

Post n°55 pubblicato il 17 Marzo 2010 da deinoteralibri

Ma che bella, bella, dolcissima storia! Una favola romantica raccontata con garbo ed eleganza. Quasi una poesia in prosa. Davvero una storia delicatissima, come la sua protagonista.
Che meraviglia! Marco Mazzanti è riuscito proprio a dare l’impressione di un racconto orale, di una favola, dando però al contempo spessore ai personaggi e ritmo all’avventura. È proprio una storia di una sensibilità incredibile. E sono molto contenta di averla letta, di essere stata trasportata in un sogno.
C’è poco altro da dire… bello! Quando le cose sono così semplicemente belle le parole diventano superflue. Bisogna leggerlo e lasciarsi trasportare dalla magia che pervade le pagine.
Magico e poetico, davvero.
 
 
 

Fantasyworld e Marco Mazzanti

Post n°54 pubblicato il 17 Marzo 2010 da deinoteralibri


L'intervista all'autore Salve Marco!



Mi permetto di darti del tu, visto che sei un utente del nostro forum. Dunque, prova a presentarti: chi è Marco Mazzanti?

Marco Mazzanti è un ragazzo nato a Roma, due anni prima del crollo del muro di Berlino, quindi sul finire del “secolo breve”.


Dove vivi e come trascorri la tua giornata tipo?

Vivo a Roma. Trascorro le mie giornate tipo studiando, leggendo e navigando su internet.


Hai degli hobby particolari (oltre alla scrittura, ovviamente)?

Sì. Mi piace molto disegnare, o dipingere con l’acquarello (non credo, però, di essere un asso!); oppure, specie nelle belle giornate, amo passeggiare.


Parlaci un po’ dei tuoi libri. Come li descriveresti?

Sono due romanzi ambientati in un mondo che per certi aspetti è una versione speculare del nostro: ci sono riferimenti a luoghi esistenti, ma anche e soprattutto elementi fantasiosi che traggono in inganno (in senso positivo e giocoso ).


Quanto si differenziano L’uomo che dipingeva con i coltelli e La nave del destino. Asia?

Moltissimo! Sono due romanzi completamente diversi, sia per genere che per stile. Il primo è un romanzo sulla pittura, scritto con frasi dirette ma con numerosi aggettivi (senza di essi le frasi sarebbero risultate, a mio parere, piuttosto “secche”); il secondo è una saga familiare di genere fantasy (anche se io preferirei parlare di fantastico o meraviglioso), dove lo stile è più fiabesco e floreale. Sono, in ogni caso, due romanzi per adulti.


Quando hai cominciato a scrivere e inventare storie?

Fin da bambino, come penso valga per la maggior parte di chi scrive e inventa storie. Spesso, il germe di tutto ciò si ha nei giochi che si fanno da piccoli; io, per esempio, giocavo con i Lego e costruivo labirinti, piramidi e case magiche, oppure inventavo storielle con i pupazzetti.


Quanto c’è di te nei personaggi che crei?

Tutto e niente… Si potrebbe intuire, leggendo “L’uomo che dipingeva con i coltelli”, che io dipinga, ma non c’è altro di me, in questo romanzo, se non… ecco, un’altra cosa c’è, adesso che mi ci fai pensare! La descrizione fisica di Scile, uno dei due protagonisti, coincide con quella del mio aspetto (o quasi… sicuramente, Scile è più bello di me!). Per il resto siamo due persone totalmente diverse!Per quanto riguarda La nave del destino, posso dire che di me, dentro questo romanzo, c’è la passione per tutto ciò che riguarda i misteri e il mondo delle creature incantate, tipico delle fiabe e del folclore.


Hai avuto degli ispiratori per le tue opere?

Chi ha letto “L’uomo che dipingeva con i coltelli”, mi dice spesso che ricorda Profumo, di Suskind, eppure io scrissi questo romanzo ispirandomi ad un mio personalissimo racconto noir (Riflesso Viola) di ambientazione romana (presente tra l’altro nel volume, in appendice al romanzo) che inviai nel 2007 alla giuria di un concorso (non raggiunsi alcuna graduatoria)! La nave del destino, invece è una saga, e come libri modello ho pensato ai romanzi “Cento anni di solitudine” e “La casa degli spiriti”.


In una parola, cos’è per te la scrittura?

Sentimento.


Come scrivi i tuoi libri? Di getto, stilando una scaletta degli avvenimenti o altro?

Prima di tutto inizio a pensare, pensare, pensare… elaboro e sogno i miei personaggi e le loro vicende… poi inizio a documentarmi, fare numerose ricerche, conseguentemente stilo una scaletta generale e, infine, comincio a scrivere.


Quanto tempo impieghi, di solito, per scrivere un romanzo?

“L’uomo che dipingeva con i coltelli” l’ho composto in un mese; “La nave del destino – Asia” in sei… quindi dipende molto anche dal periodo!


Qual è la tua atmosfera ideale per la scrittura?

Solitudine totale e qualche buona musica o melodia che accompagni la scrittura, accordandosi doverosamente col tipo di situazione o descrizione in corso di elaborazione!


Chi è il tuo autore preferito?

Sono molti gli autori che stimo (Dino Buzzati, Stieg Larsson, Neil Gaiman, Isabel Allende), ma è anche vero che grazie ad Anobii.com sto conoscendo moltissimi altri scrittori, esordienti e validissimi. Del resto, leggo un po’ di tutto: non ho un genere che prediligo… di conseguenza non seguo fedelmente alcun autore! In questo, sono uno spirito libero!


E il genere di libri che non ti interessano?

Qualunque genere potrebbe non piacermi… dipende da come è scritto, dalla simpatia che mi suscitano i personaggi, dal fascino della trama…


A tuo parere, cosa occorre per diventare un bravo scrittore?

Leggere tantissimo. Troppo.


Hai nuovi progetti in cantiere? Può svelarci in esclusiva delle news?

Sono un libro chiuso!


Hai un appello da fare a tutti coloro che hanno un manoscritto nel cassetto?

Consiglio, a chi ha un libro nel cassetto, di rivedere più volte il manoscritto, di lasciarlo decantare per un po’ di tempo, senza quindi lasciarsi sopraffare dalla fretta; inoltre dico anche di credere fortemente in quel che si ha scritto ma al tempo stesso di essere acritici: nessun autore può permettersi minimamente di dire d’aver scritto un bel romanzo… i libri agli scrittori, i giudizi (belli e brutti) ai lettori


Grazie per averci concesso quest’intervista!

A presto!Grazie a te! Un saluto grande a tutti gli utenti del forum!

 
 
 

La giornalista Carla Casazza e "La nave del destino"

Post n°53 pubblicato il 17 Marzo 2010 da deinoteralibri

Dovendo attribuire questo romanzo ad un genere letterario, lo definirei un fantasy, molto singolare, una fiaba per adulti dove non trovano spazio elfi e troll, dove non si combatte contro mostri o vampiri.

 

 

Perchè La nave del destino di Marco Mazzanti racconta, in modo estremamente poetico una saga i cui protagonisti sono gli strani componenti di un circo che intrecciano le loro vicende con una famiglia altrettanto strana che vive in funzione della bellissima figlia Asia. Siamo in un epoca non ben identificata, attorno all'anno Mille, in un luogo surreale che ricorda atmosfere mediterranee. Tre fratelli gemelli, dall'aspetto molto simile ma dai caratteri e dalle sensibilità assai diverse, rimangono conquistati dalla bella Asia, tanto che le loro vite ne saranno completamente sconvolte nel bene e nel male. E con esse anche quelle di coloro che hanno accanto. Ma La nave del destino è prima di tutto una storia d'amore. Anzi diverse storie d'amore che si rincorrono e si intrecciano in un girotondo surreale e magico.

 

 

Spesso, quando leggo un romanzo, per un qualche misterioso meccanismo mentale, mi capita di associarlo ad un opera d'arte o a un artista. Nel caso de La nave del destino ho subito pensato a Klimt e ad un'opera in particolare: Il bacio.
 
 
 

I Caffè culturali e Marco Mazzanti

Post n°52 pubblicato il 17 Marzo 2010 da deinoteralibri

"Chi è Marco Mazzanti?".
Marco Mazzanti:
"Marco Mazzanti è un ragazzo di Roma che ama leggere e scrivere e che nutre moltissimi altri interessi. E' un tipo estremamente attento ed al contempo incredibilmente distratto, spesso con la testa fra le nuvole, immerso nei propri pensieri ed altre volte impegnato in bizzarri viaggi immaginari che lo conducono poi a mettere su carta, scritta o disegnata, le sue fantasie".



I Caffè Culturali:
"Qual è il suo rapporto con le parole?".
Marco Mazzanti:
"Mi piacciono le parole, le sfumature della lingua italiana. Leggo e scrivo sempre con un vocabolario ed una grammatica vicini".


I Caffè Culturali:
"Perché?".
Marco Mazzanti:
"Perchè capita spesso che ci si dimentichi il significato di qualche parola, che venga qualche dubbio".


I Caffè Culturali:
"Quando e perché ha iniziato a scrivere? Come avviene il suo atto creativo".
Marco Mazzanti:
"Inventare storie, fantasticare, dare un volto alle mie fantasie... cose che adoro da sempre e che potrei dire di fare da quando ero bambino. Come avviene il mio atto creativo? Non lo so. Il tutto nasce da piccole cose/rivelazioni di ogni giorno: incontri, dialoghi, sogni, melodie, parole, volti visti di sfuggita, ricordi che rielaborati dopo anni si trasformano in qualcosa di più... A volte basta anche un'emozione, o uno stato d'animo particolare che ti rende propenso a cogliere aspetti della vita quotidiana che solitamente non si percepiscono... ed ecco salta fuori l'ispirazione per qualcosa: poesia, racconto, romanzo, ma anche un disegno, perchè no? Ultimamente sto tenendo un piccolo album dove disegno alberi".


I Caffè Culturali:
"Quando scrive lo fa solo per lei o anche per essere letto da altri?".
Marco Mazzanti:
"Se scrivessi soltanto per me, non avrei accettato di pubblicare. Scrivere (ma anche disegnare, dipingere, comporre poesie, perchè no?) è un modo come un altro per esprimere qualcosa, comunicare, confrontarsi (ma anche per sentirsi apprezzati, perchè la vanità - chi più, chi meno - è in tutti, anche nella persona più modesta). In un certo senso, scrivere (quando lo si fa per gli altri) è una sfida".


I Caffè Culturali:
"In cosa consiste la sfida?".
Marco Mazzanti:
"E' principalmente una questione di feedback e di feeling fra autore e lettore; è ovvio che ognuno ha gusti e pareri differenti e la sfida sta, da parte dello scrittore, nel saper apprezzare i commenti positivi ed accettare quelli negativi (senza risentimento). E poi, del resto, lo scrittore non è anche - e soprattutto - un lettore?".


I Caffè Culturali:
"Come immagina i suoi lettori?".
Marco Mazzanti:
"Ho conosciuto (personalmente e/o in chat) finora solo alcuni dei miei lettori e ciò mi ha riempito di gioia. Si tratta spesso di persone che hanno scoperto i miei libri su internet, oppure di amici di persone che sono mie amiche su myspace. Altre volte - e qui sta la maggior parte di coloro che ho conosciuto - sono autori esordienti come me, conosciuti su Anobii. Tutto questo per dire: perchè immaginare soltanto i propri lettori, quando li si potrebbe conoscere direttamente?" .


I Caffè Culturali:
"Come immagina il suo futuro di scrittore?".
Marco Mazzanti:
"Non lo immagino, non ancora, troppo presto! Penso al presente, senz'altro con la speranza di continuare a scrivere nuovi libri e di crescere attraverso le interviste che faccio sul mio blog".


I Caffè Culturali:
"Perché ha scritto L'uomo che dipingeva con i coltelli?".
Marco Mazzanti:
"Non c'è un motivo particolare che mi abbia spinto a scrivere questo romanzo... "L'uomo che dipingeva con i coltelli" nasce fortuitamente da un brevissimo racconto noir di ambientazione romana che scrissi nel 2007, Riflesso Viola; esso è stato inserito in appendice al romanzo ed è strettamente connesso col quarto capitolo del suddetto... non aggiungo altro, se non che leggerlo potrebbe rivelarsi una vera e propria, piccola sorpresa!".

 
 
 

Recensione libro su "L'uomo che dipingeva con i coltelli"

Post n°51 pubblicato il 17 Marzo 2010 da deinoteralibri

Di cosa parla "L'uomo che dipingeva con i coltelli" di Marco Mazzanti?
La storia di Marco Mazzanti è ambientata in una Europa antica. Dmtrj è un ragazzo albino, cieco dalla nascita, che grazie all'unguento miracoloso acquistato da un mago arrivato nel suo villaggio, riacquista la vista nel giorno del suo sedicesimo compleanno.

 


Dmtrj nel corso degli anni vissuti al buoi, ha imparato a sviluppare tutti gli altri sensi, riuscendo a sopperire senza problemi alla mancanza della vista. Ma dal giorno in cui i suoi occhi tornano a vedere, Dmtrj scopre il nuovissimo mondo dei colori. Il protagonista della storia, riesce a descrivere i colori, associandoli ai sapori. Ed è così che i capelli biondi della sorella, avranno un sapore dolce, quasi etereo, per l'appunto “biondo”. Essendo albino, Dmtrj è considerato figlio del demonio da tutti i suoi concittadini, e vive avendo contatti quasi solo ed esclusivamente con sua madre e la sua adorata sorella Anna.
Costretto a vivere una vita di privazione, Dmtrj diventa sprezzante nei confronti del resto del mondo, che impara a conoscere attraverso i colori, e il sublime linguaggio dell'arte, insegnatogli dalla sorella Anna.
Dmtrj disegna in modo incantevole, utilizzando coltelli affilati per spalmare i colori che, a volte, egli stesso realizza utilizzando fiori e foglie.
Il giovane albino abbandona il suo villaggio natio dopo che, in pochissimi mesi, una tremenda malattia gli porta via sia la madre che la sorella. Dmtrj, perduto ogni legame con il suo villaggio, inizia a viaggiare, e guadagna i suoi soldi realizzando dei ritratti. Ma il protagonista di questa storia non è un comune ritrattista. Sprezzante di ogni rispetto nei confronti del resto del mondo che lui definisce “la carne”, Dmtrj ritrae soltanto i volti delle persone che ritiene portatrici di effetti cromatici interessanti.
Lo stesso odio che anima il cuore di Dmtrj, è alla base delle azioni di Scile, altro reietto della società che vive venendo il suo corpo a ricchi signorotti. E' lui l'altro protagonista di questa storia di arte, emozioni, colori e passioni.
L'incontro tra Scile e Dmtrj, tra i due personaggi intrisi di una cattiveria atavica e senza freni, sarà la scintilla scatenante.

Marco Mazzanti descrive con naturale delicatezza le brutte anime dei protagonisti di questa storia. Le descrizioni dei colori sono incredibilmente veritiere, capaci di rendere agli altri sensi, ciò che solo la vista non può cogliere.

Un romanzo davvero bello, ben scritto e molto vicino, per stile e delicatezza, alla scrittura d'oriente.
“L'uomo che dipingeva con i coltelli” è una storia insolita, raccontata con ottima verve e buon ritmo: grande merito a Marco Mazzanti che riesce a descrivere l'arte mescolando tutti i sensi a sua disposizione. Chi è Marco Mazzanti
Marco Mazzanti è un artista a tutto tondo. Ama la pittura, la musica e, ovviamente, la scrittura. Appassionato delle fiabe di William B. Yeats e delle storie ispirate al “Piccolo popolo”, è uno dei collaboratori della rivista “Historica – Il Foglio Letterario”.
 
 
 
 
 

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Un blog di: deinoteralibri
Data di creazione: 17/03/2010
 

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