Der Steppenwolf

Melania Gaia Mazzucco - La lunga attesa dell'angelo


   "Fummo ciò che siete, sarete ciò che siamo." Forse un libro storico, forse una biografia, sicuramente un inno alla nostalgia, pieno di dolore, di rabbia, di amore, anche se l'amore che pervade il romanzo pare incestuoso anche se vissuto solo mentalmente. Perché una simile scelta, perché raccontare la vita di una grande artista partendo dal suo letto di morte e dai suoi ultimi quindici giorni di vita? Già questa impostazione ci dà un senso di ciò che il libro ci narrerà, Venezia, primi anni del '500 nasce Jacomo (Jacobo) Robusti detto il Tintoretto, in quanto figlio di un tintore di stoffe, la cui vita sarà dedicata alla pittura; ambizioso e anticonformista, pronto a combattere con ogni mezzo per affermarsi e a sacrificare tutto e tutti al suo talento e al raggiungere una notorietà che gli regali oltre all'immortalità, una vita agiata. "Nello specchio ho incontrato un malfattore, e ho temuto che volesse assassinarmi." Forse l'aspetto storico, non sempre viene adeguatamente approfondito, anche se naturalmente vengono spesso date informazioni sulla vita a Venezia in quell'epoca, sulle lotte con i Turchi, sul sistema politico e le scuole, e viene ben descritta la peste che afflisse, la città. Ma il libro che fa continui salti temporali nella vita di questo grande pittore, dedica buona parte del testo all'amore che lui porta per la figlia natagli da una prostituta. Amore ricambiato dalla figlia, amore che va ben oltre il classico amore padre/figlia, amore che ha del sacrilego, dell'incestuoso, benché non venga mai consumato come tale, se non nelle menti dei protagonisti. "So che gli altri mi temono: anch'io a volte temo me stesso." Quindi nella biografia di Tintoretto e della sua famiglia, piena di figli, che non sempre sono come Tintoretto vorrebbe, pianeti che girano intorno a lui, il sole, con figli ribelli e figlie che a mal volentieri si adeguano alla volontà paterna. E, prima fra tutte, quella che la fa da padrone,  la Tintoretta (Marietta Robusti), un libro doloroso, una famiglia sfortunata. "Un vecchio adagio veneziano dice che una donna deve avere tre qualità: che piaccia, che taccia, e che stia a casa." La scrittura che si arrovella su se stessa, spesso drammatica come i quadri del pittore, non ha per contro gli sprazzi di luce che anticipano il barocco, ed è proprio il barocco che lo scritto ci ricorda, pieno di ricordi annidati l'uno nell'altro che a volte fanno perdere il filo, il punto di partenza, ma si sa, si parte da un letto di morte e dagli ultimi giorni di questo grande artista! "mi sono accorto di conoscere perfettamente la reclusione. Ognuno di noi la conosce. Tutti i nostri corpi sono prigionieri di un abito, di un ruolo e di quattro mura. La mia prigione è stata Venezia, la mia vita e il mio nome."