Der Steppenwolf

Pino Imperatore - Allah, san Gennaro e i tre kamikaze


 "Matteo si fece serio: «Lo so che non sarai d'accordo con me, ma ritengo che Allah, Dio, Jahvè, Visnu e altre infinite divinità apparse sulla Terra siano invenzioni dell'uomo, falsificazioni del reale. Probabilmente esiste una sola entità soprannaturale, quella che ha dato origine a tutto. La teoria più accreditata sulla nascita dell'universo è quella del Big Bang. Ma cosa o chi ha causato la colossale esplosione? Quale atto di creazione ha portato alla formazione e all'espansione della materia? La razza umana forse non lo saprà mai, e molti continueranno ad aggrapparsi alle convinzioni religiose. Io comunque sono rispettoso di tutte le fedi, e dunque anche della tua. Vedo, però, che i credenti, da che mondo è mondo, non si rispettano granché fra di loro»." Mi piace leggere di tutto, cambiare e ogni tanto ho bisogno di leggere per rilassarmi e godere, sperando di farmi due risate.Non è facile. La letteratura più rara e quella che riesce a far sorridere, possibilmente senza ricorrere a volgarità o a inutili stereotipi. Davvero rara. Ho provato molti degli autori definiti comici, la maggior parte mi ha fatto pena, con quell'accanirsi nel voler essere comici.Quindi figurate che bella sorpresa è stata scoprire quest'autore che dalle prime righe è riuscito a far comparire il sorriso sulle mie labbra, sorriso che praticamente non mi ha più abbandonato, fino alla fine del libro.Grande.Inoltre Imperatore riesce a far sorridere, raccontando una storia che dovrebbe far accapponare la pelle, il terrorismo, le diversità, le incomprensioni, e non solo riesce a far ridere, ma fa anche riflettere. "«Giusto. Siamo nella città più comica del mondo, patria di geni della commedia, regno dell'inventiva e del riso, e io sono un figlio verace di Partenope. Quindi abbasso la malinconia e la malasorte e viva la gioia!»" Napoli, specie nella prima parte potrebbe sembrare una guida che ci accompagna a visitare le meraviglie della città del Vesuvio, dal Maschio Angioino al monastero di Santa Chiara, "Ultimate le accensioni, il fraticello aveva pilotato Feisal e Mustafà nello spettacolare chiostro delle Clarisse. Quando ne avevano varcato l'ingresso, il kamikaze pentito e il micione erano andati in estasi: trentamila riggiole policrome di fattura settecentesca decorate a mano, raffiguranti paesaggi marini e bucolici, scorci di vita quotidiana, balli in maschera, scampagnate, allegorie, personaggi mitologici; a fiancheggiare i viali del giardino centrale, sessantaquattro colonne rivestite di maioliche a motivo floreale e vegetale; sotto gli ambulacri, delimitati da settantadue pilastri sormontati da archi a sesto acuto, decine di affreschi ispirati al Vecchio Testamento e alla vita di san Francesco " alla Cappella di San Severo alle bizzarrie che si possono riscontrare presso i vicoli, passando per piazza Bellini, per l'Università Orientale di Napoli,  la più antica scuola di sinologia e di orientalistica di tutto il continente europeo,  per parlarci di riti e miti popolari fino al celebre miracolo di san Gennaro, senza tralasciare le famose isole.Dovrebbe essere pubblicato a spese del comune, perché se lo leggi ti viene una voglia matta di visitare questa perla del mediterraneo e i suoi dintorni.Ma il libro è anche di più con citazioni famose e colte che vanno da Petrarca"L'attore collocò la lampada al centro della cavea e riprese a recitare: «Francesco Petrarca, che proprio a Napoli ottenne dal sovrano Roberto d'Angiò l'investitura che gli consentì di essere incoronato Sommo Poeta, così scrisse: "O ciechi, il tanto affaticar che giova? Tutti torniamo a la grande madre antica, e il nome nostro a pena si ritrova". Un invito a non affannarsi, a rispettare l'esistenza e a non perder tempo dietro a frivolezze e a vani propositi. Perché tanto la morte ci porterà via tutti. Ci renderà vuoti e inanimati come queste due "macchine anatomiche" in cui il sangue è rappreso, paralizzato nelle vene per sempre»." a Dante"A passi lenti percorsero via Toledo fino a piazza Dante, e Matteo riuscì a far ridere Amira per tre volte. Sotto la statua del Sommo Poeta declamò: «Ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo de la mia gloria e del mio paradiso».«È una poesia?»«Sono versi della Divina Commedia, canto quindicesimo del Paradiso.»" E le belle sorprese non finiscono qui, per che questo libro riesce anche a tratti ad essere surreale, parlandoci del Gabbiano reale (Larus michahellis) " Non era un pennuto qualunque. Era 'o Pizzicatore. Un animale mitologico: stazza da tacchino, piume argentee e sfavillanti, un becco grande quanto una cazzuola e un'apertura alare di un metro e mezzo. Dispettoso, vorace, ladruncolo. Non perdeva occasione per mostrare la sua aggressività. Viveva nella Grotta del Mago, l'antro marino abitato, secondo una leggenda, da un vecchio gigante buono con la chioma e la barba bianche e fluenti, che durante le burrasche offriva riparo ai naviganti in difficoltà. Qui, in un anfratto, 'o Pizzicatore andava a nascondere gli oggetti trafugati ai bagnanti: teli da mare, costumi, cappellini, telefonini, occhiali da sole, maschere subacquee, pinne." Che altro dire, un libro bello, ben scritto, veloce,  divertente e intelligente. Peccato che finisca in un batter d'occhio!