Der Steppenwolf

Angela Nanetti - ll figlio prediletto


 «Tuo nonno non mi disse mai che mi voleva bene, per fottere non serviva». Sorprendente.Spesso ci si avvicina ai libri consigliati carichi di aspettative, e maggiori sono le aspettative maggiore rischia di essere la delusione.Avevo questo libro in scalette, immagino che qualcuno me lo avesse suggerito, ma non ne avevo letto,  non ne avevo sentito parlare, ne ricordavo chi o perché me lo avesse consigliato, quindi l'approccio è stato senza aspettative e, il risultato è stato sorprendente. "mio padre era un vero capo, sapeva concedere poco per ottenere molto, e avrebbe dato anche molto per avere tutto" Una storia dura, forse due storie ed entrambe dure, come è dura la vita, soprattutto se lo scenario è un paese dell'"estremo" sud e l'epoca sono gli anni settanta.Ed è in un paese dove il tempo si è fermato al medio evo anche se il calendario indica il 1969 che comincia la nostra storia, con il massacro di un ragazzo la cui unica colpa è l'essere diverso.Antonio paga con la vita l'amore che porta a Nunzio, forse più fortunato perché ha una famiglia più potente e paga lo stesso reato con l'esilio, forse più fortunato, perché ci sono esperienze che ci lasciano segni indelebili. "le donne non contavano niente laggiù" Così Nunzio va in Inghilterra.Ma forse certe vite sono destinate alla sofferenza, forse è solo una questione di karma.L'altra storia sicuramente non meno dura è quella di Annina nipote di Nunzio che come lo zio finisce in Inghilterra, non scacciata direttamente ma in fuga, anche lei diversa, anche lei non adatta alla vita e al pensiero di quel paese che l'ha vista nascere. Così il romanzo procede mostrandoci con salti temporali l'evoluzione delle due vite alternando nei capitoli il raccontarci dell'uno o dell'altro.Il romanzo è duro, amaro, con pochi sprazzi di gioia subito spenti da una realtà che non lascia spazio alla felicità, anche se a tratti ci parla di amicizia, di disinteresse, di altruismo, di amore per il prossimo e di carità; ma è anche commovente perché i nostri protagonisti si fanno amare, e noi lottiamo con loro, e benché sia davvero dura, speriamo, speriamo in un futuro che possa essere diverso, forse solo perché raccontiamo un presente inaccettabile, ma vero conosciuto, magari tramite i notiziari, anche se la realtà spesso va oltre la notizia. «Cornutu, è l'offesa peggiore per un marito. Ma ricchjiuni è peggio. Se sei ricchjiuni non sei un uomo, non sei più niente.» Drammatica la visione della donna data resa dal racconto, ma forse più vera di quanto vorremmo essere disposti ad accettare "Tuo nonno non mi disse mai che mi voleva bene, per fottere non serviva".Il linguaggio usato e ruvido, graffiante, amaro degno al racconto e ad esso adeguato, poco o niente viene concesso alla scorrevolezza, con i dialoghi in calabrese, e qualche piccola concessione a forme ibride, e al contempo avvincente e coinvolgente, si viene subito catturati e diventa difficile staccarsi dal libro. «Così imparai a odiarlo, ogni giorno mi esercitavo nell'odio contro di lui, e l'odio divenne il carburante quotidiano che mi permetteva di vivere.» Consigliatissimo.Una curiosità, ma negli anni settanta c'erano ancora le banconote da cento lire, probabilmente una svista!  "puru l'erba servaggia custa si a cogghji"