Der Steppenwolf

José Saramago - Il viaggio dell'elefante


"Non sono io che gioco con le parole, sono loro che giocano con me,"Come al solito non si può dire altro se non che ci si trova d'avanti ad un capolavoro. La storia è davvero semplice, il re del Portogallo regala un elefante, Solimeno, al  all'arciduca Massimiliano II e da sua moglie Maria, figlia di Carlo V, e per quanto sembri improbabile, la storia  si basa su fatti realmente accaduti! Forse il più spiritoso dei libri di Saramago o almeno rispetto a quelli che per ora ho letto, l'ironia la fa da padrone e spesso i dialoghi tra Subhro, il conduttore (cornac) dell'elefante, e i personaggi che di volta in volta si interfacciano uniscono la sagacia all'umorismo, e sono usati per regalarci pillole di saggezza "Ho fatto ciò che potevo, mio signore, per questo sono il cornac, Se tutti quanti facessero ciò che possono, il mondo sarebbe certo migliore,".Sicuramente più irriverente verso il cattolicesimo di quanto lo sia "Caino", ma sicuramente  più sottilmente, alterna il pensiero "religioso"  ad aspetti di fede popolare.Scritto con un linguaggio aulico interessantissimo, con l'autore che è narratore e personaggio saltando tra le epoche, i fatti e le considerazioni e donandoci riflessioni che diventano aforismi "Peccato. Ancora una volta, siamo i difetti che abbiamo, non le qualità.", e ci dice apertamente come la pensa senza allegorie ne metafore. "Hanno ragione gli scettici quando affermano che la storia dell'umanità è un'interminabile successione di occasioni perdute."Avendo l'autore scelto un ruolo che si pone tra il narratore e il commentatore, si perde anche in elucubrazioni che esulano dalla storia toccando temi diversi, come quello della scrittura e della parola che noi sappiamo quanto è cara a Saramago."Non sono io che gioco con le parole, sono loro che giocano con me, ""Sí, una parola che, come tutte le altre, si potrà spiegare solo con altre parole, ma, siccome le parole che hanno tentato di spiegarla, vuoi che siano riuscite a farlo oppure no, a loro volta, devono essere spiegate, il nostro discorso andrà avanti senza una rotta, alternerà, come per maledizione, l'errato con il giusto, senza rendersi conto di ciò che va bene e di ciò che va male""E davvero, la più grande irriverenza verso la realtà, qualunque essa, la realtà, sia, che si potrà commettere quando ci dedichiamo all'inutile lavoro di descrivere un paesaggio è di farlo con parole che non sono nostre, che non sono mai state nostre, si badi bene, parole che sono già passate per milioni di pagine e di bocche prima che arrivasse il nostro turno di utilizzarle, parole stanche, esauste dopo essere andate di mano in mano lasciando in ciascuna una parte della propria sostanza vitale."Io lo trovo bellissimo! Ricco come pochi di pensieri e riflessioni che spaziano e ti lasciano lì a pensare a cose che sembrano banali ma che raggiungono profondità inaudite o che semplicemente ti fanno sorridere, il che è sempre la cosa più difficile!"Si suole dire che le pareti hanno orecchi, s'immagini di che grandezza saranno quelli delle stelle.""Ha fatto plof ed è sparito. Certe onomatopee sono provvidenziali. S'immagini se avessimo dovuto descrivere il processo di sparizione del soggetto con tutti i particolari. Ci sarebbero volute, almeno, dieci pagine. Plof."