Der Steppenwolf

Dominique Lapierre - La città della gioia


"Come si fa a credere di poter condividere la condizione degli abitanti di una bidonville, in senso fisico come in senso morale, quando si gode di una salute di ferro, quando non si ha una famiglia da sfamare, curare; quando non si deve cercare un lavoro e non si ha l'ossessione di doverselo conservare; quando si sa che in ogni momento si ha la possibilità di andarsene?"  Il libro di cui mi accingo a parlare è molto diverso da quelli finora trattati.Si tratta di un libro che benché abbia la struttura del romanzo, non è esattamente un romanzo, bensì il l'insieme di fatti più  o meno avvenuti messi in forma di racconto. "Per entrare nella mentalità di un popolo, bisogna servirsi delle sue immagini, dei suoi miti, delle sue credenze." Nel 1981 Dominque Lapierre conosce Madre Teresa di Calcutta ( a cui nel romanzo è dedicato un capitolo) e da allora niente sarà più come prima. Fonda insieme alla moglie "Action pour les enfants des lépreux de Calcutta". Lapierre tornò a Calcutta, dove rimase oltre due anni, per visitare i suoi "figli" e qui ha raccolto testimonianze condividendo la vita degli abitanti e del luogo e conoscendo alcuni dei protagonisti delle vicende narrate e racconta quest'esperienza in questo libro Nella prefazione del romanzo, Dominque Lapierre dichiara di aver cambiato il nome dei personaggi e la professione, ma che in sostanza i fatti narrati corrispondono alla realtà. "Tutto ciò che non viene donato va perduto" La struttura del romanzo, ambientato nei primi anni '70 segue le vicende si tre personaggi principali, Hasari Pal, un contadino del Bengala, che per la troppa povertà è costretto a lasciare il suo paesino e i parenti, e con moglie e figli si trasferisce a Calcutta, un sacerdote francese, Paul Lambert, convinto che la sua missione sia quella di condividere le sofferenze dei poveri, e che quindi va a vivere in uno "slum", ed è forse il personaggio intorno a cui più ruota il romanzo e un giovane medico americano, Max Loeb, che rispondendo a una richiesta di Paul decide di dedicare una un anno della sua vita a soccorre e curare i poveri dello slum. " i nostri gesti di assistenza rendono gli uomini ancora più assistiti, a meno che non siano accompagnati da atti destinati a estirpare la radice della loro povertà." La scrittura avvincente e coinvolgente fa si che si proceda facilmente nella lettura anche se a tratti può risultare lento e forse un po' noioso, e a volte l'ho trovato troppo idilliaco rispetto a quanto andava raccontando.Per contro spesso ci si sente imbarazzati, irritati, commossi per quanto si legge, vien voglia di mollare tutto e andare li per dare una mano, per non parlare di tanti altri sensi di colpa che subito ci assalgono. "Più grande era la miseria, più calorosa l'ospitalità."