Der Steppenwolf

Cynthia F. Castorina Passalacqua - Come in inferno un angelo


 "in fondo soli lo siamo tutti" Questa è la chiave di lettura di questo romanzo introspettivo, in cui la nostra protagonista è eternamente dibattuta tra la tranquillità della solitudine e la paura di essere sola e cerca rifugio e conforto in un mondo onirico, fatto di sogni e ricordi. La solitudine. Un romanzo che ci parla di uno dei problemi più diffusi e meno discusso dei nostri giorni, il vuoto che ci circonda,  la mancanza di rapporti che riescano davvero a lenire quel dolore inesplicabile che ci affligge, e che il tempo non fa che acuire. Le paure che da essa scaturiscono e che incontrollabili ci inducono a gesti/azioni che forse non avremmo mai pensato di fare, che non condividiamo, che non vorremmo, ma che ci troviamo a vivere nostro malgrado. "Paura era il sentimento che sentiva maggiormente agitarsi dentro di lei." Per quanti da piccoli hanno vissuto in una famiglia in cui il senso dello stare insieme, la coesione, l'affetto vero e reciproco, superava ogni altra cosa, in cui la "mamma" era sempre presente e sempre a nostra disposizione,  una figura intorno alla quale poteva ruotare il nostro mondo, un "centro di gravità permanente", ritrovarsi adulti, senza affetti "veri", senza certezze affettive, è sicuramente destabilizzante. "Non poteva confessare a se stessa di non provare nessuna attrazione verso quell'uomo con cui era stata, fino a pochi minuti prima, a letto, lasciandosi tenere stretta tra le sue braccia e permettendogli di baciarla in ogni più intimo angolo del suo corpo." La mancanza, l'assenza, generatrici di quella solitudine che si manifesta con il   vuoto e che si crea con la perdita dei riferimenti, come può essere di certo una madre, ma, forse anche, un vecchio amore, magari mai realizzato o semplicemente smarrito e che nel nostro immaginario cresce a dismisura e diventa termine di paragone a cui nulla può essere paragonato; il vuoto, che ci accompagnerà per il resto dei nostri giorni, e che sarà impossibile riempire. Questa sensazione a volte ci porta a confondere ciò che sentiamo attribuendo al cuore qualcosa che viene dal fegato, la paura del vuoto con l'amore per qualcuno, anche là dove non ha né le qualità né le caratteristiche idonee a lenire la nostra solitudine. "A volte aveva l'impressione che tutto il suo amore lo aveva destinato e continuava a farlo a coloro, che non c'erano più." Così la nostra Nisia è sballottata tra un viaggio onirico che la riporta ad passato rassicurante e un presente  in cui non si riconosce, che le impone scelte non sue, che la costringe a credere all'amore anche quando questo le sbatte la porta in faccia, anche quando ogni segno le dice che di amore non si tratta. «Mi hai tradito?» «Aspetta, non me lo ricordo». "Nisia confondeva, senza rendersene mai conto, l'attrazione fisica con il sentimento e, fino a quel punto della sua vita, lei aveva conosciuto unicamente il secondo." Ma abbiamo comunque bisogno di fermare la nostra mente, di poterla soggiogare con un'immagine che la trattenga, e certo non possiamo sempre vivere di ricordi, abbiamo bisogno di qualche cosa di "reale" cui aggrapparci.La vita della nostra protagonista, invece, tende a essere più legata ai ricordi che al presente, proprio perché nel presente non trova quello che forse cerca, già perché anche questo bisogna dire, non sempre sappiamo cosa vogliamo, anche la dove sentiamo che ci manca qualcosa, non è facile stabilire di cosa si tratti. "Amava sognarlo e immaginarlo l'amore, non viverlo." Del resto anche i personaggi che la circondano e tra cui si dibatte,  sembrano affetti dallo stesso male. La solitudine che colora di grigio loro le vite. Vite di uomini che cercano una "fuga", che non hanno la capacità di manifestare i loro veri sentimenti, e che preferiscono  l'illusione,  magari atteggiandosi ancora a "sciupafemmine"  e cercando di credere davvero al personaggio che si è scelto,   questo solo per mascherare il vuoto interiore e la difficoltà di ammettere quanto si stia male. "Ammise con se stesso di essersi innamorato di lei, ma era altrettanto certo che non glielo avrebbe mai confessato." E così il passato e i ricordi diventano un rifugio, sicuro, confortevole, amico, anche se doloroso, ma di un dolore nel quale quasi ci si può crogiolare.Un passato da cui è sempre difficile staccarsi, anche quando all'orizzonte sembra apparire un nuovo colore, l'azzurro del mare che darà nuova vita; e proprio  mentre si va, ancora i tentacoli del passato cercano di brandirci, anche se stiamo dicendoci e, o convincendoci ad abbandonarlo. "C'era l'odore della vendemmia appena conclusa e delle olive frante, c'era il fresco odore dei primi funghi e l'addio alle spiagge." La prosa che a tratti sembra un po' forzata o ridondante, è spesso ruvida, dissonante, scarna ma anche viscerale, di pancia, tanto da essere dolorosa,  ma una volta superato l'avvio risulta  avvincente. O forse il suo fascino è proprio in questa sua caratteristica, l'abbandonano della ricerca stilistica,  la scarsa  concessione  alla ricerca di forme accattivanti per favorire un'immediatezza e una naturalezza più tipiche del linguaggio parlato, che comunque risulta a tratti ricca, variegata,  seppur leggermente decadente, velandosi quasi sempre di un manto nostalgico, melanconico, adeguato a questo vuoto,  a questa profonda solitudine a questo rimpianto del passato che pervade il romanzo! "Il passato era stato digerito, ora c'era soltanto tutto quell'az­zurro a illuminarle la vita"