Der Steppenwolf

Evgenij Vodolazkin – Lauro


 "Quando Diogene venne insultato da un calvo, gli disse così: non rispondo ai tuoi insulti insultandoti, ma lodo i capelli della tua testa che, vista la sua stupidità, ne sono fuggiti." Mah, dovrei imparare a mollare i libri che non mi piacciono  da subito! E invece continuo imperterrito fino alla fine, a volte perché spero migliori, ma la maggior parte delle volte, sapendo che non si redimerà. Forse la curiosità di sapere comunque come finisce la storia che sta raccontando, perché in ogni caso c'è una storia, bella o brutta che sia, interessante o noiosa, la storia c'è e la storia è semplicemente una storia, dipende da come la si racconta che ci prenda o meno. "Nacque a Rukina, un villaggio presso il monastero di San Cirillo. Ciò accadde l'8 maggio dell'anno 6948 dalla Creazione del mondo, anno 1440 dalla nascita del Salvatore nostro Gesù Cristo, giorno di commemorazione di Arsenio il Grande. Sette giorni dopo fu battezzato con il nome di Arsenio. In quei sette giorni sua madre si astenne dal mangiare carne per preparare il neonato alla prima comunione." Qui la storia è quella di Arsenio, bambino che nasce in Russia a metà del XV secolo,  perde i genitori da piccolo e viene cresciuto dal nonno, guaritore  e conoscitore di erbe, saperi che trasmette al nipote.   Aresenio è fervente credente e benché sia grande guaritore, che "conosce " le erbe e le sue virtù,  crede che non siano loro a curare, quanto la fede in Dio, e le preghiere. Quindi continua ad usare le medicine che la natura fornisce, ma solo come aggiunta a ciò che fede può. E lui è un tramite della guarigione, la sola imposizione delle sue mani reca sollievo e favorisce  il risanarsi.  Chiaramente c'è anche tanto folklore, e tanta storia, ma l'essenza è questa! La vita di quest'uomo, che alcuni definirebbe "santo", e che dedica tutta la sua esistenza agli altri, ad alleviare i loro mali se non addirittura a curarli, e si spinge anche oltre sulla via del misticismo.   "Raccontando della sua patria, Ambrogio si struggeva per non essere capace di spiegare il morbido azzurro dei monti, l'umidità salmastra dell'aria e le molte altre qualità che rendevano l'Italia il più bel posto al mondo." Circa a metà romanzo, compare un secondo personaggio, Ambrogio, Italiano, che si è recato in Russia per indagare sulla fine del modo, evento abbastanza prossimo, e per un attimo speriamo che questo dia una svolta alla trama, anche perché insieme partiranno per un viaggio che dovrà portarli Gerusalemme, e per andarci passano dall'Italia, da Venezia, città che sbalordisce il nostro  protagonista.Ambrogio ha visioni del futuro, predice avvenimenti vicini e lontano, addirittura eventi che accadranno nel XX secolo, questo ci fa sperare che qualcosa cambierà nella storia, quantomeno l'incontro tra religione e metafisica aprirà nuovi orizzonti al racconto, ma ciò non è! "Tra le nozioni temporali gli veniva sempre più spesso in mente "una volta". Questa espressione gli piaceva perché superava la maledizione del tempo e confermava l'unicità e l'irripetibilità di tutto ciò che è accaduto. Una volta capì che questa nozione era del tutto sufficiente." Alla fin fine, mi ha stancato abbastanza presto, anche se la lettura è estremamente scorrevole, uno stile assolutamente paratattico, la storia mi sa di poco, sembra che succedano tante cose ma in realtà succede poco, se non le continue guarigioni di Arsenio condite sempre da preghiere e pensieri rivolti alla grandezza divina. Per il resto  mi pare troppo superficiale,  non indaga mai fino in fondo su pensieri  o sentimenti o comunque su ciò che c'è dietro l'esistenza sua o di chi gli sta intorno. "All'alba i messi del boiaro Frol si misero sulla via del ritorno, che durò la metà perché il profumo del pane eucaristico li sfamava mentre la sua vista toglieva loro la stanchezza. Quando arrivarono a Mosca, il boiaro gli chiese subito le ostie." Tra l'altro io sono agnostico, e questo mi sembra quasi una agiografia, la narrazione della vita di un anacoreta in odore di santità, con un senso del religioso forse per me esagerato. Non sembra un romanzo contemporaneo, e difficile credere in una tale fede! "il re Filippo assegnò a un tale l'ufficio di giudicare insieme ai giudici, ma venne a sapere che quello si tingeva i capelli e la barba, perciò gli tolse l'incarico dicendo: se tu non sei fedele ai tuoi capelli come potresti essere fedele agli uomini e al tribunale?" Ad alleggerire la trama, di tanto in tanto ci si imbatte in credenze medioevali davvero bizzarre, che ci ricordano dei secoli oscuri, e di quanto potesse essere ristretto il pensiero di quegli anni.Mi sembra chiaro che non è un libro che consiglierei, ma bisogna anche tener conto del mio approccio alla religione, credo che un fervente credente  lo apprezzerebbe molto di più! "Aveva sempre presenti le parole di Arsenio il Grande: mi sono pentito spesso delle parole pronunciate dalle mie labbra, mai del silenzio."