Der Steppenwolf

Brendan O’Carroll - Agnes Browne mamma


  "Era severa con se stessa perché, nonostante negli ultimi quattordici anni avesse partorito sette volte, a trentaquattro anni dimostrava almeno trentaquattro anni." Qualcuno sapendo che sono sempre in cerca di libri "divertenti", o quanto meno faceti, a seguiti di un mio post sui libri che fanno fare quattro risate,  mi ha consigliato questo romanzo, anzi mi ha consigliato la saga, 4 volumi, dicendo che avendo visto i miei gusti, era sicura mi sarebbe piaciuto.Mah! Strano, probabilmente non riesco a farmi capire eppure i libri citati avrebbero dovuto parlare per me, così non è stato. "«Nome e numero di previdenza sociale?» «Non ce l'ho,» replicò Agnes. «Non ha un nome?» Adesso l'impiegata aveva alzato gli occhi. «Ma certo che ce l'ha,» si intromise Marion. «Si chiama Agnes, come sant'Agnese, Agnes Browne.» «Non ho un numero di previdenza sociale.» «Tutti ce l'hanno, signora!» «Be', io no!» «Suo marito lavora?» «No, non più.» «Allora è iscritto alle liste di disoccupazione?» «No.» «Perché no?» «È morto.»" Mi sono imbattuto in un testo che se avessi affrontato senza alcuna aspettativa avrei definito, tutto sommato leggibile, o quanto meno interessante, perché era una saga familiare  ma molto diversa da quelle che mi era capitato di leggere fin ora.Le saghe familiari che avevo avuto modo di leggere, ad esempio quella dei Cazalet, (Elizabeth Jane Howard ) o anche quelli della Thirkell, ci raccontano di famiglie più o meno agiate di ville, di usi e abitudini della classe medio alta, ma anche i Durrell, che tutto sommato non se la passano bene fanno parte sempre dello stesso tipo di società, inglesi, ben educati con una forte attenzione al linguaggio  e alle forme! "«Dunque, com'è morto suo marito?» «Un ranger,» rispose Agnes. «Gli ha sparato?» chiese l'altra, incredula. «È stato ammazzato?» «Da chi?» Agnes glielo domandò come se avesse scoperto qualcosa di cui lei stessa era all'oscuro. «Dal ranger, suo marito è stato ucciso da un ranger?» Agnes era perplessa. Rimuginò un istante, poi un'illuminazione le rischiarò il viso. «Ma no, tesoro! Da un Ford Ranger, è stato investito da un Ranger, il fuoristrada!»" Qui ci spostiamo in Irlanda, nel 1967, a Dublino, nel "Jarro" (St Jarlath's Street), quartiere popolare dove praticamente "si conoscevano praticamente tutti. Di giorno era un via vai ininterrotto di ambulanti, carrozzine e carretti, giacché gli uomini e le donne del posto costituivano il novanta per cento dei commercianti di Moore Street e George's Hill. Inoltre il Jarro forniva forza lavoro sia al mercato del pesce sia a quello delle verdure, mentre il resto degli uomini abili erano portuali, barrocciai o disoccupati."E chiaro che l'ambiente determina anche il linguaggio e le forme adottate, quindi questo romanzo e sicuramente più popolare dei precedenti, e le storie che ci racconta  hanno sicuramente un tono diverso.La cosa può anche essere interessante, forse più vera, come i sentimenti che ci mostra, ma, per far ridere si affida alla trivialità. "Le tastava e le stringeva: sono banane, mica cazzi, non è che diventano più grosse se le palpi!»" Battutacce sconce e leggermente volgari, che io definirei da quattro soldi, e che sicuramente non suscitano in me il riso.Peccato, se non fosse per questo particolare, sembrerebbe il copione di un  film di Spencer Tracy e Katharine Hepburn. Magari senza Spencer Tracy.La prosa, se si sorvola su alcuni passaggi inutili, è davvero adeguata e rende bene la visione d'insieme, così come i personaggi che con poche pennellate sono perfettamente rappresentati, reali, immediati, vivi, dai più grandi ai ragazzi, che qui chiaramente hanno grande spazio, infatti potrebbe essere un libro per ragazzi se solo fosse un po' più casto, e non giudicatemi un bacchettone, perché in realtà sono tutt'altro. "L'istruttore prese qualche appunto e mise via la penna.«Dai, chiudi il becco! Chi se ne frega di quello che pensa? Sembra un cazzo gigante!» Ridacchiarono.«Sssh... arriva,» disse Marion.«Chiedigli come si chiama. O'Fallon, scommetto! Ci scommetto!!»L'istruttore aprì la portiera, si sedette, e la richiuse. «Bene, Mrs Monks, possiamo partire.»«La prego, mi chiami Marion.»«D'accordo...»«E lei come si chiama?» domandò Marion. Le due amiche aspettavano, speranzose.«Oh, mi scusi.» Le porse la mano. «Tom.» Sorrise.«E poi?» insistette lei.«Tom O'Katz.»" Tutto sommato, come dicevo anche piacevole, se solo si fosse risparmiato qualche trivialità e avesse rinunciato a voler essere comico, perché per il resto le storie ci sono e sono abbastanza vero, alcune forti, altre commoventi, e non manca un finale a sorpresa.Non so se leggerò il resto della serie, forse quando mi sarà passata la delusione provocatami da questo finto comico!